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MARIA CLARA FERRARO

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L’apprendimento della scrittura necessita di un buon livello funzionale, motorio, intellettivo e affettivo e presuppone le conoscen­ze e l’uso appropriato del linguaggio.

Un complesso di abilità che il soggetto non sempre possiede e che lo rende vulnerabile all’insuccesso scolastico.

Lo stato di insuccesso può provocare disat­tenzione, demotivazione, disordini comportamentali con manifestazioni possibili di aggressività o di apatia.

Un problema, come si vede, non indifferen­te che preoccupa insegnanti e genitori, i quali devono essere indirizzati a trovare pro­grammi idonei per fronteggiare le difficol­tà, per formulare e definire le risposte utili. L’attività della scrittura è un apprendimento, ma prima di essere un mezzo di evoluzione intellettiva, questo apprendimento sta in relazione stretta con le condotte neuro-percettivo-motorie.

Sappiamo che il linguaggio è anteriore al grafismo e anche se in questo lavoro non ci soffermiamo sul linguaggio, non dimen­tichiamo che l’apprendimento della lettura e della scrittura si basano su un linguaggio espressivo a livello del quale è importante la successione sonora e la qualità dei suo­ni emessi.

In altri termini prima dell’apprendimento del­la lettura e della scrittura, bisogna aiutare il bambino ad utilizzare un linguaggio in mo­do più ricco possibile. La scrittura e la let­tura sono infatti, prima di tutto, dei mezzi di comunicazione e di espressione persona­le. Si tratta di modalità di espressione che si basano su un codice grafico, a partire dal quale bisogna ritrovare i suoni portatori di senso. Esse esigono dunque l’intervento di due sistemi simbolici in accordo tra loro, uno sonoro, l’altro grafico.

La costituzione del codice grafico e la sua decifrazione richiedono, tuttavia, d’altro canto, l’intervento di funzioni psicomotorie. È attualmente acquisito, al di fuori dello svi­luppo del linguaggio e di una buona pro­nuncia, che i pre-requisiti appartengono all’ambito psicomotorio. La scrittura è innan­zitutto un apprendimento motorio e l’acquisizione di questa prassia specifica, partico­larmente complessa, esige che venga edu­cata la funzione di aggiustamento.

Per questo ci rivolgiamo in particolare al­l’abilità manuale che potrà essere sviluppata con esperienze di modellaggio, di ritaglio, di collage, sia con esercizi di dissociazio­ne a livello della mano e delle dita, identifi-cati come esercizi di percezione del corpo proprio che fanno intervenire la funzione di interiorizzazione.

La presa di coscienza che interviene nel­l’adozione di un atteggiamento equilibrato, permette la liberazione dei movimenti co­me, ad esempio, quelli del braccio, importanti per la scrittura, come pure nel rilassamento dei muscoli che non intervengono nella prassia, la cui tensione costituisce un disturbo, una fatica. Contemporaneamen­te a ciò certi muscoli direttori del movimen­to, in particolare a livello della cintura sca­polare, devono avere forza sufficiente per sostenere il movimento.

L’insieme di queste esigenze di decontrazione o di messa in tensione costituisce il controllo tonico. Esso interviene anche nel sottile gioco delle pressioni esercitate dalle dita sullo strumento scrittorio.

Altre attenzioni, per una prevenzione del di­sordine grafico si rivolgono alla ritmicità del tracciato, al controllo della velocità, alla per­cezione e rappresentazione mentale dello spazio, ecc., che cercheremo di analizzare. La ritmicità del tracciato e il suo orientamento da sinistra a destra richiedono di essere migliorati attraverso esercizi grafici che vertono sulle forme prescritturali.

Il controllo della velocità e il mantenimento della sua costanza potranno essere ottenuti attraverso esercizi grafici che utilizzano coppie in serie crescenti e decrescenti.

La percezione e rappresentazione menta­le dello spazio sono essenziali nell’apprendimento della scrittura.

La buona visualizzazione e la fissazione del­le forme, e soprattutto la possibilità di rispettarne la successione, implicano la padro­nanza di un orientamento fisso, da cui di­pende l’ordine temporale tanto della decifrazione quanto della produzione.

Il grafismo richiede, pertanto, numerose abi­lità: motricità globale e fine adeguata all’atto motorio, buona lateralità, capacità simboli­che, decodificazione del messaggio verba­le, corretta percezione e rappresentazione spaziale.

L’evoluzione della funzione grafica, comun­que, è il coronamento della coordinazione oculo-manuale e comincia dalla nascita con l’attività visiva e si traduce poi nella prensione e manipolazione di diversi oggetti dal­la prensione palmare alla opposizione del pollice). E un lungo periodo che va fino a 16-18 mesi caratterizzato dall’esplorazione dell’ambiente circostante, nel quale si situa la prima attività grafica.

Stadi del grafismo

L’origine dello scarabocchio può essere ricercata nelle molteplici esperienze di esplorazione dell’ambiente da parte del bam­bino, nel suo desiderio di scoprire le caratteristiche degli oggetti e nel suo deside­rio di affermarsi, di lasciare delle « tracce »: in questa direzione vanno letti infatti i ten­tativi del bambino di 6-8 mesi di tracciare segni con le dita sul cibo, sulla terra, sul­l’acqua. Il primo scarabocchio, inteso come segno grafico, lasciato da una matita guidata dal­la mano, compare solitamente verso i 18 mesi. E inizialmente una attività ludico-motoria: il bambino non tende ad associa­re lo strumento alla traccia e al movimento che lo produce. Questa prima attività grafica è una evoluzione della manipolazione e si situa nello stadio del « grafismo impulsi­vo ». La caratteristica di questo grafismo è che sollecita inizialmente la mano dominan­te ed è quindi indice della dominanza. È un tracciato impulsivo costituito da scariche to­niche ritmiche (con un tempo debole e uno forte) e orientate da sinistra a destra per un destrimane, da destra a sinistra per un man­cino. Successivamente, quando il bambi­no avrà acquisito una buona prensione ed una adeguata efficienza motoria, sarà l’oc­chio a seguire la mano e poi a guidarla in una integrazione visuo-motoria sempre più affinata.

Lo scarabocchio diviene pertanto più or­ganizzato; la capacità di inibire e control­lare il movimento permette il passaggio dal tracciato impulsivo a quello controllato: sia­mo nello stadio del « grafismo controllato ». Questo passaggio può essere mediato pri­ma da attività che implicano l’utilizzo delle grandi superfici, poi superfici più piccole per aiutare la comprensione delle linee di un contorno di una figura. Il controllo visivo del contorno di una figura mette in gioco l’automatismo dell’inseguimento visivo. Du­rante il terzo annuo di vita il tratto grafico as­sume il valore di segno, il bambino scopre la propria personalità e può rappresentare il disegno dell’« omino ». E a partire da que­sto periodo che il grafismo mette in gioco la funzione simbolica. Questo stadio deno­minato « grafismo rappresentativo » (4 an­ni) è l’espressione della funzione simbolica grafica, con elementi anche fantasmatici della realtà.

Da questo momento il disegno manifesta sempre più l’esperienza vissuta e si arric­chisce con la maturazione cognitiva e intellettiva, personalizzandosi in rapporto all’evo­luzione dell’affettività. La fase successiva è quella del « grafismo non rappresentativo » (5 anni) dove vengono rappresentati oggetti plastici senza riferimento alla realtà. Que­sto processo si realizza parallelamente alla conoscenza di forme geometriche e alla percezione dello spazio. È in questo periodo che si propongono esercizi di pre-scrittura che permettono di coordinare i mo­vimenti occhio-mano.

Problemi di lateralità e orientamento del­lo schema corporeo

La lateralità e l’orientamento dello schema corporeo sono molto importanti per il bam­bino di 5-7 anni che dovrà risolvere nume­rose difficoltà in rapporto agii apprendimenti scolastici.

Ora sappiamo che a 4 anni la lateralità pre­ferenziale del bambino non è consolidata, anche se non sono pochi i bambini che raf­forzano una predominanza del lato destro o sinistro.

La lateralità (che si stabilizza tra i 6 e gli 8 anni) è funzione di una dominanza che con­ferisce ad uno degli emisferi l’iniziativa del­l’organizzazione dell’atto motorio che condurrà all’apprendimento e al consolidamen­to delle prassie.

È importante che il bambino organizzi da solo le sue attività motorie globali e questa è l’azione educativa fondamentale per acce­dere ad una lateralità omogenea e coerente. Abbiamo detto che i bambini di 4 anni non hanno ancora consolidato una lateralità pre­ferenziale, ma sotto la pressione dell’am­biente educativo alcuni soggetti di questa età utilizzano la mano destra per determi­nate attività, quali quelle grafiche, ma riman­gono mancini per quanto concerne l’occhio direttivo o il piede.

L’atteggiamento dell’insegnante dovrà es­sere perciò rivolto ali’osservazione e alla co­noscenza della vera dominanza, attraverso prove non tanto di scrittura, che spesso non rendono conto della vera dominanza, ma attraverso attività motorie in situazioni di spontaneità.

Le prove di velocità e di forza a livello de­gli arti superiori saranno quelli che permetteranno agli insegnanti di ritrovare la dominanza genetica.

La ricerca della dominanza degli arti infe­riori sarà poi una conferma dei risultati ot­tenuti nelle prove precedenti.

Tuttavia ci possono essere delle discordanze tra la dominanza visiva e la dominanza motoria. E qui il ruolo dell’osservazione è importantissimo: osservare la mano scelta spontaneamente nelle prove di forza, l’e­ventuale contraddizione tra il lancio di for­za e il lancio di precisione ecc.

Quando non c’è concordanza occhio-mano, bisogna prevedere una fase di apprendimento della scrittura più lunga, completan­do il lavoro scolastico con una rieducazione specifica e un lavoro psicomotorio me­todico.

I problemi motori che intervengono nella scrittura

Il bambino che entra in prima elementare si dovrebbe caratterizzare per una motricità ritmica spontanea, liberata e controllata, sostenuta da una attenzione rivolta ad acquisizioni sempre più specifiche. Per molti bambini, invece, queste abilità non sono sta­te conseguite.

La necessità di migliorare l’attività manua­le, la coordinazione e la precisione dei ge­sti fini, indirizza questi bambini verso una lunga lista di esperienze che vogliono ve­dere il soggetto impegnato nel modellaggio, nel ritaglio, nel collage, nel bricolage, negli esercizi manuali e digitali con cuscini di sabbia, negli esercizi di destrezza, di perfezionamento della prensione, ecc.; oltre che esercizi finalizzati alla dimestichezza nel­la tenuta e nell’uso dello strumento trac­ciante o scritturale, come, ad esempio, eser­cizi grafici per ottenere tracciati regolari e precisi che rientrano nel lavoro di coordi­nazione oculo-manuale. Gli esercizi grafici vertenti sulle forme prescritturali permettono al bambino l’acquisizione della ritmicità del tracciato, un orientamento da sinistra verso destra, nonché il controllo e il man­tenimento costante della velocità.

Tutte queste esperienze chiedono di esse­re completate, inoltre, con il lavoro percettivo di dissociazione delle dita che mette in gioco la funzione di interiorizzazione.

Ci sembra impensabile, comunque, voler rieducare la mobilità delle dita prima che il bambino abbia realizzato una presa di co­scienza segmentaria dell’arto superiore, in particolare della mano.

L’interiorizzazione è difficile da ottenere nel bambino dai sei agli otto anni, pertanto sogna iniziare ad educare i segmenti più facili da controllare per il bambino.

L’attenzione interiorizzata sarà rivolta alla scoperta dei movimenti delle braccia, del­le mani e delle dita, e al controllo delle ma­ni e delle dita su posizioni definite delle braccia e degli avambracci.

Successivamente la presa di coscienza del­la mobilità dell’asse corporeo (della colon­na vertebrale, della testa, del bacino, delle scapole consentirà di individuare meglio movimenti e raggiungere una maggiore in­dipendenza del braccio in rapporto all’as­se corporeo. Quest’ultimo aspetto è molto importante per prevenire le deformazioni scolari, spesso causate da contrazioni scolari parassitarie, che costituiscono del­le vere e proprie sincinesie durante la figurazione segnico-scrittoria.

Per rendere possibile la dissociazione dei movimenti è fondamentale allenare il bam­bino alla decontrazione volontaria, ciò signi­fica fare assumere al bambino un controllo prima conscio e poi inconscio sul grado di tensione dei suoi muscoli e perciò essere in grado di lasciare a riposo altri gruppi muscolari.

Il rilassamento che ha per oggetto il controllo tonico a livello dell’arto superiore ha degli effetti sulla scioltezza, facilità e rapidi­tà del movimento di scrittura.

Pur sapendo che il vero rilassamento neces­sita di un livello mentale e in grado di ma­turazione che non viene raggiunto fino a 7-8 anni, siamo comunque tenuti ad ottenere una situazione di distensione per migliorare l’indipendenza braccia-tronco, mani: “avambraccia, utilizzando la decontrazione. La presa di coscienza dei gradi di, tensio­ne muscolare e, in particolare, della decontrazione dovrà essere completata poi :da una rieducazione alla respirazione.

La respirazione associata com’è alla perce­zione del proprio corpo, chiama in causa il gioco del torace e dell’addome, ma anche dell’attenzione interiorizzata che controlla il rilassamento generale e quello segmentario. La stretta relazione tra la respirazione e comportamento generale dei bambino po­ne l’attenzione all’educazione della coscien­za e dei successivo controllo dell’atto re­spiratorio, elementi importanti dell’educazio­ne dello schema corporeo.

La presa di coscienza dovrà intervenire an­che nel lavoro posturale, un aggiustamento che è un modo fondamentale per lavo­rare sul tono in maniera globale. Non biso­gna pensare dei resto, che il bambino riesca a mantenere naturalmente la posizione del corpo perché si tratta di una acquisizione (quello della postura corretta) molto lenta. Quando il bambino si confronta con l’aggiustamento grafico l’impegno è così am­pio che non è in grado di mantenere la posizione, dal momento che gli automatismi posturali non entreranno facilmente in gioco; bisognerà lavorarci pertanto in mo­do particolare.

Da questa analisi è emerso che i problemi motori inerenti all’apprendimento della scrit­tura investono in particolare alcuni aspetti tra i quali, partendo dall’ultimo considera­to, troviamo:

  • l’aggiustamento posturale da seduti, im­portante per acquisire la posizione mi­gliore per poter scrivere;
  • il rilassamento segmentario utile per la stabilità dell’asse e il rilassamento degli arti superiori per il grafismo;
  • il controllo della motricità, in particolare quella fine della mano e delle dita, as­sociando a questo un lavoro più mirato di percezione del corpo proprio che guarda la dissociazione della mano e delle dita.

Problemi percettivi e spazio-temporali nel­l’apprendimento della scrittura.

L’esperienza scrittoria richiede l’imitazione di un movimento da sinistra verso destra con copiatura di simboli alfabetici in succes­sione fra loro. A ciò si aggiunge la necessi­tà di identificare i suoni e di coniugarli con i simboli alfabetici, conseguire perciò il co­strutto fonema/grafema.

L’evoluzione nella rappresentazione scrittoria richiede anche l’acquisizione di una organizzazione spazio-temporale che esige la comprensione, da parte del bambino, del passaggio dalla successione temporale pri­ma/dopo secondo il codice sinistra/destra, necessario alla trascrizione grafica.

L’assunzione di queste abilità passano at­traverso un lavoro psicomotorio metodico che permetteranno al soggetto di confron­tarsi positivamente con gli apprendimenti scolastici.

Suoni e percezioni delle forme

Nel linguaggio scritto non è infrequente in­contrare bambini che hanno difficoltà percettivo-uditive, tali da frenare l’analisi cor­retta dei segnali sonori di ogni lettera.

L’affinamento della capacità di discrimina­zione percettivo-uditiva avviene gradualmente, attraverso vari e frequenti opportu­nità di contatto con la realtà concreta o fi­gurata. Successivamente essa si perfezio­na e può essere trasferita sul piano simbolico convenzionale dei segni della scrit­tura. Esistono infatti, alcuni bambini che hanno problemi uditivi che non equivalgono alle sordità: sono bambini che sentono ma non percepiscono i diversi fonemi. Que­ste incertezze pongono l’alunno di fronte a una difficoltà di ordine percettivo e un’altra di ordine simbolico. occorre pertanto sviluppare situazioni che potremmo definire « identificazione dei rumori » utilizzate nel metodo Montessori. Successivamente sa­rà necessario portare il bambino ad identi­ficare i diversi rumori in modo consecutivo, affinché possa essere sviluppata anche la memorizzazione, requisito importante per gli apprendimenti.

il passo successivo sarà l’identificazione con simbolizzazione grafica: ad un determinato suono verrà richiesta la trascrizione del codice grafico.

Verso i 4-5 anni il bambino si situa nello sta­dio dello spazio euclideo e si avvia verso uno spazio geometrico con rappresentazio­ne mentale. Esso ha come punto di riferi­mento i diversi elementi dello spazio, orga­nizzati a partire dalle forme geometriche. Il riconoscimento di forme geometriche di base, rotonde, quadrate, triangolari, ecc. è fondamentale per arrivare alla trascrizione grafica. Questo sollecita la rappresentazione mentale dello spazio che non è ancora terminata a 6 anni e che,poggia proprio sul­le forme geometriche. E importante che il bambino sperimenti da un punto di vista motorio queste forme e, quindi, tracci pri­ma su un campo di gioco forme geometriche con l’aiuto di corde, di grandi quadrati, di grandi cerchi e poi compia le evoluzioni all’esterno, intorno o dentro le forme. Queste attività si compiono poi su scala adeguata a forme manipolabili e associate al grafismo. Questo obiettivo può essere completato con l’apprendimento di segni diversamente orientati con riproduzione grafica e riprodu­zione di altre forme più complete derivanti dalla curva o dal tratto, che prima sono state eseguite attraverso il movimento.

È un lavoro realizzato dapprima con dei mo­delli, poi a memoria. Sollecitando la memoria e la discriminazio­ne delle forme si arriverà progressivamente alla strutturazione dello spazio grafico, con disegni grafici astratti che intervengo­no negli apprendimenti scolastici.

Queste microforme dovranno essere per­cepite globalmente e memorizzate attraver­so il movimento della mano.

 

Grafismo e orientamento

Al termine del percorso preparatorio della scuola materna sono molti i bambini che non hanno affrontalo e risolto il problema dell’orientamento del corpo proprio e sono avviati verso un orientamento egocentrico. Per questo, al momento dell’ingresso in pri­ma elementare, è possibile offrire al bambino più ampie opportunità nel fare esperien­ze di percezione e di orientamento in rapporto ai mondo circostante.

Bisognerà partire, infatti, dalla percezione e dall’orientamento del corpo proprio per permettere al bambino il trasferimento di queste acquisizioni allo spazio circostante degli oggetti e delle altre persone. Il  soggetto sarà capace pertanto, di situarsi in rapporto agli altri, di situare i compa­gni gli uni in rapporto agii altri, a rapportarsi con le cose, ad assumere la capacità di or­ganizzare e distribuire gli oggetti e ben collocarli, la capacità di padroneggiare la con­segna verbale prima/dopo legata alla dire­zione sinistra/destra, garantendo così anche un orientamento temporale, fondamentale per l’apprendimento della scrittura.

 

Importanza del lavoro temporale

L’adattamento al tempo, al ritmo è molto im­portante. A partire da un certo grado di pa­dronanza, il ritmo si coniuga con l’azione di cui diviene insieme elemento di sostegno e di regolazione.

Essendo un fondamento naturale di diver­si movimenti e spostamenti, esso intervie­ne molto presto.

L’aggiustamento al tempo è più precoce della percezione del tempo, rappresenta­ta, secondo Fraisse (J. Le Boulch, « Lo svi­luppo psicomotorio dalla nascita a sei an­ni », Armando, Roma 1984, pag. 143) con la « percezione del successivo in unità ». Mentre gli esercizi di organizzazione dello spazio chiamano in causa essenzialmente il senso visivo, gli esercizi di percezione tem­porale fanno riferimento all’udito e ai sen­so cinestetico. Con questi esercizi che sol­lecitano le capacità ritmiche, si stimola la memoria immediata, così importante per gli apprendimenti. È auspicabile partire, comunque, sempre da una presa di coscien­za di un tempo personale attraverso un aggiustamento globale alla musica e poi, grazie ad una migliore strutturazione per­cettiva arrivare alla regolarità di un tempo imposto. Bisogna far sentire al bambino l’adeguamento tra i propri ritmi corporei e i rit­mi musicali, per arrivare poi ad una per­cezione finemente discriminativa che si rivolgerà alla fine a melodica, alla sonorità e al timbro di uno o più strumenti, al ritmo, alle posizioni degli accenti, alle strutture ritmiche.

L’attitudine alla percezione delle strutture rit­miche è il supporto della memorizzazione del successivo immediato. C’è quindi una importante relazione tra la memoria imme­diata, che permette di fissare un certo nu­mero di avvenimenti del presente, e l’atti­tudine a percepire le forme temporali rap­presentate dalle strutture ritmiche. Ciò sot­tolinea il valore che questa percezione riveste nel campo degli apprendimenti sco­lastici, soprattutto di quello della ritenzione del linguaggio parlato e scritto.

Il bambino dai 3 ai 6 anni può riprodurre 3 o 4 elementi delle prove della Stambak, mentre dopo gli 8 anni egli può fissare 7 o 8 dementi.

L’età dei 6 anni è favorevole per lavorare allo sviluppo di questo tipo di percezione: facilitare quindi l’espressione di ritmi corpo­rei spontanei e adattarli ai ritmi esterni e sup­poni sonori idonei a educare la percezione uditiva dei ritmi, soprattutto quelli delle strut­ture ritmiche, li lavoro può essere fatto at­traverso la combinazione di modalità quali la marcia, l’arresto, le battute di mani, di pie­di, salti, movimenti con l’ausilio di palle, tam­burelli e altri strumenti accompagnati da registrazioni, brani musicali firmati, filastroc­che adeguate allo scopo di guidare il mo­vimento.

Verso il « corpo rappresentato »

Il bambino di 6-7 anni si trova in un perio­do di mutazione della sua immagine corpo­rea. Passa dallo stadio del corpo percepito e della strutturazione percettiva dio stadio del corpo rappresentato. In questo momen­to il bambino deve disporre di una « imma­gine del corpo orientato » che gli permetta una padronanza operativa del suo corpo e del suo mondo orientato.

La possibilità di stabilire rapporti tra ogget­ti nello spazio passa, quindi, per l’orientamento del proprio corpo, cioè attraverso l’utilizzazione degli assi scoperti nella rela­zione con l’oggetto, per arrivare poi a simbolizzare un corpo che è esso stesso og­getto nello spazio.

La presa di coscienza del « corpo proprio » con possibilità di rappresentazione menta­le rappresenta una integrazione progressi­va del corpo proprio in questo stadio, dove la verbalizzazione è in stretto collegamen­to alle attività più globali.

La verbalizzazione è importante per la co­noscenza vissuta dei vari segmenti cor­porei e per la padronanza delle acquisizioni di orientamento.

Quando il bambino di 6 anni avrà preso co­scienza della differenza tra la destra e la si­nistra e l’avrà verbalizzata, l’orientamento del « corpo proprio » sarà acquisito e avrà pertanto, la conoscenza del davanti, del die­tro, dell’alto, del basso, destra, sinistra del corpo e potrà estrapolare questo orientamento verso lo spazio.

Il bambino avrà allora accesso allo spazio orientato partendo dal « corpo proprio ».

Riassumendo, quindi, le basi di accesso lo spazio orientato nella scuola elementare sono la percezione e la rappresentazione mentale della forma, l’orientamento statico dello spazio, l’orientamento degli assi in fun­zione degli spostamenti.

Per quanto riguarda la percezione e la rap­presentazione mentale delle forme ricordia­mo che, alla fine del periodo prescolare, il bambino ha avuto accesso alla percezio­ne delle forme geometriche basate su rap­porti topologici.

La possibilità di riconoscere il quadrato, differenziandolo dal rettangolo, il cerchio, il triangolo, costituiscono lo sforzo di prendere in considerazione dei dati metrici. Questo tempo corrisponde al passaggio dallo sta­dio dello « spazio percepito » ad un inizio di rappresentazione mentale dello spazio, che permette al bambino di entrare nel mondo dell’astrazione della forma, prendendo così le distanze rispetto allo spazio topologico.

L’orientamento statico dello spazio permette l’utilizzazione degli assi e la connessione tra un sistema coordinato di assi e il proprio corpo.

In questo periodo il bambino riconosce la destra e la sinistra negli altri e nello stesso tempo l’imitazione dei gesti perde il suo ca­rattere speculare. Ricordiamo a questo ri­guardo l’importanza della rappresentazione mentale della destra (trai 7 e gli 8 anni) che consente al bambino di prolungare all’infi­nito gli assi del corpo e di accedere allo « spazio proiettivo ». Questa è una tappa importante per arrivare al decentramento, do­ve il bambino dovrebbe poter collocare tre compagni, gli uni rispetto agli altri e parten­do dall’orientamento di un qualsiasi altro bambino.

Prima degli 8 anni questo orientamento re­lativo non è possibile e il bambino ragiona in rapporto al corpo proprio e colloca l’u­no al centro e gli altri due a destra e a sini­stra in rapporto alla propria situazione. Ed arriviamo così all’orientamento degli assi in funzione degli spostamenti, che implica la rappresentazione mentale del movimento, indispensabile all’aggiustamento con rap­presentazione mentale. Il bambino in que­sta fase deve essere in grado di visualizzare dei movimenti successivi secondo il loro svolgimento ritmico. Tutto questo implica l’introduzione del dato temporale, dove la percezione e la memorizzazione delle strut­ture ritmiche rappresentano un importante supporto funzionale. In questo stadio il sog­getto si orienta a partire dagli assi e capi­sce l’obliquo, è in grado di valutare la ve­locità di un oggetto rispetto ad un altro, ecc… « l’immagine del corpo diviene allo­ra una vera e propria struttura cognitiva materializzata e orientata che può fungere da referente per la strutturazione spazio-temporale » (J. Le Boulch, « L’educazione psicomotoria nella scuola elementare », Unicopli, Milano 1989, pag. 171). Il problema sarà allora di definire le acquisizioni delle nozioni di operazioni svolte dal proprio cor­po e migliorare gli aggiustamenti motori, passando, quindi, da un aggiustamento glo­bale alla rappresentazione mentale di un movimento realizzato attraverso l’immagi­ne del corpo orientato.

Il soggetto sarà in grado pertanto di pro­grammare una determinata cosa e preci­sare le modalità del gesto. Tutto questo corrisponde al risultato della percezione del corpo in movimento, cioè la consapevolez­za di avere uno schema corporeo coscien­te in movimento che avviene verso gli 8-9 anni.

Quando siamo chiamati ad una indagine conoscitiva della disgrafia e del disgrafico non possiamo tenere scisso o scotomizzato l’interesse sul funzionale da quello psico-affettivo.

Benché nessun raggruppamento psicopatologico preciso possa essere correlato con la disgrafia, tuttavia è vero che i soggetti disgrafici presentano, assai frequentemente, disturbi comportamentali derivati da uno stato conflittuale sempre attivo che si delinea nell’incapacità a tollerare la frustrazione, fino a costruirsi su alterazioni affettive che comprendano l’ansia, la fretta ec­cessiva, le inibizioni, ecc., e che possono raggiungere vere e proprie sindromi nevrotiche in cui il significato simbolico della gra­fia e della matita afferrata diventano pre­valenti.

Tante possono essere le cause scatenan­ti un dissesto psichico capace di produrre irritazioni, depressioni, tensioni, irradiare sconnessioni e contrasti tali da portare ad una perdita di energia e di rendimento per­sonale che sicuramente incide e si ripercuo­te negativamente anche, ed in specie, sulla rappresentazione segnica.

Tra le tante indagini che si richiedono non può sfuggire anche l’ambiente in cui il sog­getto vive e, in particolare, l’ambiente fa­miliare.

Sappiamo che un bambino riversa sui  genitori potenti cariche affettive e da essi tro­va alimento per la propria personalità, un alimento che a volte può non essere nutrizionale.

Il « clima familiare » ha una importanza de­cisiva sui modi, i tempi e i gradi della maturazione globale del bambino, lo fa soffrire in profondità e lo mette in una condizione assurda di emarginazione. Non è infrequente, purtroppo, che l’ambien­te proponga delle componenti familiari an­siose e iperprotettrici o distanti o poco affettive, componenti che mancano di sicurezze o sono insoddisfatte, contraddittorie nelle loro attitudini captatrici, ostacolanti o rifiutanti, pronte a rimproveri troppo insisten­ti, a derisioni e proibizioni.

Problemi psico-affettivo-relazionali e loro incidenza nella funzione segnica

Il bambino per imparare ad esprimersi segnicamente ha bisogno, quindi, di un cli­ma emotivo-affettive favorevole, di una relazione interpersonale stimolante, che non lo freni, che non lo inibisca.

Il rapporto nasce dal sentimento che è ba­se di ogni effusione emozionale e che de­ve trovare spinte opportune per mettere in moto quei meccanismi psicologici adatti ad abbattere ogni spinta isolante od osta­colante.

Il rapporto affettivo si costruisce sulla base delle esigenze interiori quali quelle di vedere condivisi e corrisposti i propri sentimenti, di godere del desiderio di scambio affettivo, spinte che possono essere rafforzate da:

  • bisogno di rapporto confidenziale di espansione e di comunicazione con l’ambiente;
  • necessità di sfogare nella conversazio­ne la produzione della propria creatività e fantasia;
  • sentimenti cordiali e calorosi.

I mezzi attraverso i quali si possono strut­turare validi rapporti sono:

  • la simpatia (comprensione e interesse verso gli altri);
  • l’espansività (desiderio di spingersi ver­so gli altri);
  • l’effusione (capacità di realizzare calore e cordiali manifestazioni di affetto);
  • la confidenza (l’affidare i propri segreti e sentimenti agli altri).

A tutte queste attenzioni e sollecitazioni che il più delle volte possono non essere suffi­cienti, occorre intervenire con modalità psicoterapeutiche capaci di ripristinare nel soggetto un equilibrio in forza ergica del­l’io, una migliore percezione di sé, una di­versa volontà ad esprimersi ed incidere sull’ambiente e, quindi, un modo diverso di essere e di rappresentarsi.

Il percorso influenzante positivamente i mec­canismi di un nuovo equilibrio personalogico non potrà fare a meno di tecniche ludoterapiche (giochi con l’acqua, con la sabbia, gioco degli scarabocchi, giochi di drammatizzazione, giochi gestaltici) e tec­niche e metodologie che favoriscono per mezzo del rilassamento una diversa padro­nanza e coscienza di sé (Psico con tatto, Wintrebert, ecc.) e tecniche di imagerie mentale derivateci da Robert Desoille e da altri supporti immaginativo-mentali quali le Psicofiabe di Danielskji.

Ciascuno dei problemi che abbiamo qui evidenziato e peri quali abbiamo già dato in­dicazioni operative erano ben presenti in un soggetto da noi seguito.

Si trattava di un soggetto di 7 anni che si era presentato al Centro nel settembre 1993 per difficoltà negli apprendimenti, con particolare riferimento ai disordini grafici. Fin dai primo mese di vita il soggetto è stato sofferente di continui rigurgiti e peri quali l’alimentazione ha richiesto continue attenzioni fino ai due anni; un soggetto che peraltro fino ai 4 anni di età non era mai riuscito a dormire tranquillamente, tanto che eventi minuti si risvegliava manifestando uno stato di ipereccitazione nervosa, patire ed incubi. A tutto questo si aggiungeva tardo motorio ed una insufficiente abilità espressivo-verbale. Anche durante tutto il periodo della scuola materna il bambino ha dimostrato una difficoltà di rapporto ed una diffusa carenzialità in tutte le esperienze di vita e di gioco, con l’aggiunta di una caduta nella capacità mnestica.

Inserito in prima elementare, non possede­va abilità sufficienti per accedere agli apprendimenti delle materie curriculari; ancora dopo sei mesi per scrivere una parola bi­sillaba conosciuta gli occorreva tutta la pagine.

All’inizio del nostro intervento, sottoposto il sog­getto a diagnosi cliniche e ad un bilancio psicomotorio si rilevava:

  1. A) Diagnosi logopedica

Nessun disordine nell’impostazione foneti­ca. Il soggetto aveva, comunque, difficoltà nella selezione e nella organizzazione dei vocaboli per la costruzione della frase, che impedivano un buon legamento e una buo­na fluidità nella successione dei suoni, ol­tre che un tono di voce basso che testimoniava una scarsa incisività nell’e­loquio.

  1. B) Diagnosi psicologico-clinica
  • Bender test: difficoltà grafo-motorie, visuo-percettive ed emotivo-relazionali.
  • M. 47: incapacità di formulare dei pa­ragoni e di ragionare per analogia, notevole faticabilità, fattore « G » inferiore alla sua età.
  • Baum-test: rappresentazione primaria. Soggetto fortemente legato al proprio mondo affettivo con difficoltà a staccar­si e muovere verso l’autonomia; mancanza di concentrazione, di aderenza all’argomento; grande bisogno di farsi valere e di importanza; ampie stratificazioni di ansia e agitazione.
  • Goudenaugh: sensazione di non poter raggiungere il proprio modello ideale; bisogno di manifestare i propri sentimenti con richieste fisiche di “coccole” di abbracci; scarsi gli entusiasmi.

La presenza di tutte queste difficoltà hanno contribuito alla costruzione di una sin­drome ansiosa con pronunciata suscettibilità agli stimoli esterni.

li soggetto viveva una forma di sfiducia, sta­va in guardia, anche se aveva la necessità di calore e affetto, che recepiva immedia­tamente dalle persone che gli stavano vici­no e dalle quali si sentiva dipendente.

L’indagine neuro e psicomotoria hanno per­messo di rilevare disordini espressivo-organizzativo-cinestetici ritenuti responsabili della disgrafia.

A queste indagini, per definire la specificità del disordine per cui il soggetto si era pre­sentato, ne è seguita l’opportunità di sottoporlo a bilancio psicomotorio.

Le prove per mezzo delle quali abbiamo cercato di evidenziare del soggetto ogni alterazione nei processi di integrazione e di definire gli stadi raggiunti, oltre che le abili­tà o le difficoltà presenti, sono state orien­tate in specie sulla valutazione delle attitudini neuro-motorie e sui livelli maturativi del bambino.

Dopo avere assunto le informazioni concernenti il soggetto attraverso un contatto diretto con le persone in grado di fornirne (genitori e insegnanti), è staio possibile os­servare il suo comportamento.

In situazioni di gioco libero il bambino si è dimostrato passivo, inibito e impacciato con dipendenza nei confronti dell’adulto.

In situazione diadica ha invece dimostrato di essere più attento e partecipe all’attività, suscettibile di aggiustamento, anche se con una disponibilità corporea caratterizzata da lentezza e poca naturalezza. L’emotività e l’ansia hanno accompagnato le diverse pro­ve richieste, partecipate con dubbio e per­plessità e con qualche nota di precipitazione. Il disagio relazionale ha dato luogo ad un ipercontrollo e a modificazioni toniche con riduzione dell’iniziativa e rilassamento molto insufficiente.

La dominanza, uno dei primi aspetti osservati, insieme al tono, in situazione di gioco libero è risultata « incrociata »; inoltre nelle prove di coordinazione oculo-manuale si è riscontrata una ambivalenza nell’utilizzo del­le mani. Nelle prove che richiedevano l’uti­lizzo di una mano dimostrava una maggiore abilità nell’uso della mano destra, pur aven­do qualche perplessità iniziale. Nelle pro­ve di forza dimostrava di utilizzare meglio la mano destra pur avendo una tonicità a sinistra assai forte, tanto da far sorgere il dubbio di una dominanza iniziale sinistra. I movimenti sono stati caratterizzati da lentezza e da un tono di base forte, soprattut­to all’arto superiore destro.

Ai test di abilità manuale non ha mostrato una sufficiente padronanza. Nelle prove di coordinazione fine della ma­no e delle dita ha dimostrato di avere rag­giunto l’abilità della presa a pinza, ma ha testimoniato una difficoltà, sempre maggio­re, nelle tenuta e nei trasferimento di oggetti di diametro sempre più piccolo; queste dif­ficoltà si sono riscontrate anche nelle pro­ve di ritaglio. Anche queste prove hanno visto investito un tono di base eccessivo del­la mano destra. L’investimento eccessivo del tono si è tradotto sempre in una inadeguatezza della tenuta dello strumento trac­ciante. In occasione delle prove grafiche questo impaccio si è evidenziato attraver­so una eccessiva pressione quando al sog­getto è stata richiesta la trascrizione grafica di alcuni segni su copia, compresi i segni alfabetici che, comunque, riconosceva e li associava ai rispettivi suoni. Ai test di grafismo orientato ha unito due punti alla lava­gna rispettando la direzione sinistra/destra, anche se con qualche difficoltà. La scrittura è stata realizzata, comunque, con impac­ci nel rispetto della forma globale, degli elementi, nella concatenazione dei segni e nel loro orientamento. Era presente inoltre l’inversione cinetica del tratto grafico. Que­ste difficoltà sono state anche confermate dal Bender-test utilizzato per la diagnosi psi­cologica (Fig. 1)

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Oltre a queste difficoltà strumentali, soprat­tutto a livello delle coordinazioni fini e a livello di controllo tonico, si è rilevata qualche sincinesia tonica.

Nelle prove di memorizzazione visiva il sog­getto ha dimostrato una difficoltà mnestica di segni oltre il ternario, così come una difficoltà nella classificazione di forme geometriche ritagliate precedentemente su carto­ne (test di riconoscimento di forme geometriche). Mentre il soggetto ha superato il test di geometria topologica, con una no­zione destra-sinistra ancora insufficiente, non è riuscito in quella di orientamento ego­centrico, dove non è stato in grado di effettuare la colorazione di una figura po­sta a destra o sinistra rispetto ad un al­tra. Il bambino non è stato in grado inoltre di effettuare la colorazione di una figura che veniva prima o dopo di un’altra, dimo­strando difficoltà nella trasposizione spazio-temporale.

Tra le altre prove il soggetto non è stato in grado di raccontare avvenimenti conosciuti senza sbagliare e ritrovare la successione di immagini che facevano parte di una fiaba. Si è rilevato inoltre che il soggetto non ave­va ancora raggiunto una buona rappresen­tazione mentale dello spazio; aveva difficoltà infatti a riprodurre un percorso con ostacoli collocati secondo un livello medio di difficoltà. Con questa prova (test di rappresen­tazione mentale dello spazio) si è valutato anche l’aggiustamento globale del soggetto caratterizzato da impaccio, lentezza, incoordinazione.

A tutto questo abbiamo potuto riscontrare anche una discreta instabilità posturale con rigidità ed equilibrio insufficienti; le coordi­nazioni dinamiche si sono presentate insuf­ficienti e disturbate dalla lentezza dei mo­vimenti; il salto era pesante (difficoltà a pas­sare da un cerchio all’altro), disarmonico, accompagnato da perdita di equilibrio e da affanno (da notare una tipologia piuttosto massiccia con adiposità). La prova di salto con consegna è stata eseguita con il piede sinistro il quale risultava essere quello dominante tonico.

Nelle prove di lancio il soggetto ha dimo­strato una perplessità nel definire immediatamente quale mano utilizzare, anche se ha fatto eseguire il lancio dalla mano destra. La prova ci ha permesso di valutare le dif­ficoltà di precisione, il controllo tonico e la dominanza.

Sono state rilevate anche sincinesie sia toni­che che cinetiche, soprattutto agli arti supe­riori. Le prove di coordinazioni statiche e di­namiche e di equilibrio sono state eseguite su uno sfondo di ansia ed emotività rilevanti.

Alle prove di rilassamento e di mobilizzazione passiva abbiamo notato tensioni so­prattutto alt’arto superiore destro.

Per quanto riguardava io percezione del­le strutture ritmiche suggerite dalla Stambak il soggetto cadeva alla prima strut­tura: non sembrava esservi un disturbo percettivo quanto piuttosto difficoltà di at­tenzione.

Non è riuscito al test di simbolizzazione gra­fica che chiedeva al soggetto di riprodurre graficamente e simbolicamente la struttura ritmica.

Per un ulteriore approfondimento diagno­stico e per un maggior indirizzo sulle abili­tà e potenzialità del soggetto, abbiamo ritenuto opportuno procedere ad una serie di prove che vertevano sulla conoscenza dello schema corporeo; tra queste abbia­mo utilizzato il test dell’« omino » (Fig. 2).

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Come si può vedere la figura è stata trac­ciato con un tratto stentato e un effetto pressorio eccessivo, testimone del suo impaccio tonico. La figura è piccola e posta ali’estre­mità bassa del foglio. L’« omino » è carat­terizzato da una povertà di dettagli (assenza di mani, piedi e orecchie) e da una dimen­sione eccessiva della testa rispetto al tron­co e gli arti.

Il test di imitazione dei gesti di Berges e Lezine ha confermato la difficoltà di rappresentazione e orientamento del corpo, oltre che di organizzazione gestuale, di dissocia­zione dei movimenti, soprattutto di quelli fi­ni, con note di inibizione alternate a momenti di precipitosità.

Le prove hanno visto il soggetto non sempre impegnato nella riuscita, anche se attraver­so le attività si è potuto notare, comunque un miglioramento dell’adattamento psico-affettivo e della partecipazione del bambino. L’investimento nelle prove è sempre stato accompagnato da una verbalizzazione cor­retta ma limitata, con elementi pausativi le­gati soprattutto a difficoltà di selezione mnestica dei vocaboli.

Il tono di voce è sempre stato basso e ca­ratterizzato da poca incisività. Si è riscontrata, inoltre, Una frequenza respiratoria alta.

 

Sintesi

Gli esami a cui il soggetto è stato sottopo­sto hanno confermato pienamente il disa­gio segnico già riscontrato nella scuola e per il quale gli insegnanti si erano preoc­cupati di fare a rai proposito un percorso personalizzato che, tuttavia, al termine del primo anno, si era dimostrato insufficiente  per permettere al bambino di recuperare quanto era necessario per mettersi al passo con gli altri.

I risultati raggiunti attraverso le diagnosi effettuate dai singoli specialisti, chiamati a ferire suite cause scatenanti i disordini presentati, ed in particolare il contributo scaturito dal bilancio psicomotorio, si sono mostrati indispensabili per l’avvio di un in­tervento di recupero.

 

Conclusioni

Per le particolari necessità di questo sog­getto alle tante attenzioni offerte in rieducazione ci siamo avvalsi anche di tecniche strutturate utilizzate con modalità eclettica. Tra queste non potevamo le re a meno dell’importanza e dell’utilità della tecnica Calmy, del metodo Olivaux, della tecnica Denner, del metodo « Bon de part », della tecni­ca Martenot e del metodo Jeannot. Tante tecniche e metodologie che gli proponeva­no ampie opportunità di vincere impacci e inibizioni e sviluppare il desiderio di perfezionarsi sempre più in abilità organizzative e rappresentative, oltre che l’opportunità di strutturare validi rapporti di interazione.

Il nostro ruolo è stato quello di canalizzare, orientare, stimolare esperienze in funzione della evoluzione del momento in modo da trovare l’equilibrio più proficuo trai diversi aspetti.

La nozione di « riuscita » si è sviluppata a poco a poco da questo insieme e il momen­to in cui il bambino ha incominciato a pren­dere in carico i propri progressi ha segnato una evoluzione importante nel trattamento. Il bambino è entrato allora in una nuova fa­se più attiva e costruttiva. E l’indipendenza acquisita sui piano dell’azione, si è trasferita sul comportamento affettivo che ha assunto maggiore disponibilità.

A distanza di 9 mesi le possibilità attuali di controllo tonico sono maggiori e il comportamento è molto più attivo. Il tono pre­senta ancora qualche variazione in funzione della relazione, ma il rilasciamento, soprat­tutto quello segmentario, nell’ambito delle sedute è una conquista ormai raggiunta.

I progressi nella coordinazione oculo-manuale e, quindi, nella motricità fine sono testimoniati dal maggiore impegno nei con­fronti della scrittura che lo ha visto capa­ce di padroneggiare lo strumento scrittorio e il testo scritto, con risultati apprezza­bili anche nelle espressioni libere, nel dise­gno, ecc.

E scomparsa inoltre l’inversione cinetica presente nel tratto grafico e la lateralità è ormai consolidata.

Sul piano motorio e coordinazioni statiche e dinamiche sono migliorate, l’equilibrio è più sufficiente, come pure l’organizzazione gestuale che lo vede ora meno impacciato e inibito.

L’imitazione dei gesti non ha ancora perso completamente il  suo carattere speculare, anche se riconosce la destra e la sinistra di un altra persona.

L’orientamento del corpo proprio è acqui­sito e le conoscenze dell’avanti, del dietro, dell’alto, del basso, della destra e della sini­stra del corpo, permettono al bambino di proiettare questo orientamento verso lo spazio,

Il bambino è entrato nei mondo dell’astra­zione della forma, prendendo così le distan­ze rispetto allo spazio topologico e arrivare così ad un inizio di rappresentazione men­tale dello spazio, sulla quale bisognerà an­cora lavorare.

Le possibilità di controllo della motricità nell’aggiustamento con la musica e nel lavo­ro di percezione temporale si sono affinate, soprattutto il lavoro sulle strutture ritmiche ha migliorato le possibilità percettive, anche se dovremo continuare ancora su questo aspetto.

La strutturazione spazio temporale che un anno fa comportava dei problemi si è ar­ricchita e, oggi, il soggetto è in grado di ope­rare le necessarie trasposizioni senza avere incertezze.

C’è stata quindi una evoluzione positiva sul piano globale e strumentale, grazie anche all’avvio di una maturazione affettiva e di un’ansia più controllata, che hanno reso il soggetto più autonomo e sicuro nelle pro­prie azioni.

La rinnovata fiducia in se stesso è testimoniata da un tono di voce più alto, caratte­rizzato da maggiore incisività.

Anche la verbalizzazione è migliorata e il vo­cabolario si presenta più ricco e appropria­to, la lettura è meno stentata e la selezione mnestica di vocaboli pone minori problemi.

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Il disegno dell’omino caratterizza, oggi, una figura che occupa uno spazio grafico mag­giore rispetto alla rappresentazione prece­dente; le proporzioni sono normali ed è pre­sente una più numerosa trasposizione di dettagli che testimoniano le abilità in cono­scenza e consapevolezza del proprio corpo. Il tratto era più fluido, e con effetti pressori meno marcati, testimoni del maggiore controllo tonico raggiunto (Fig. 3).

È questa una testimonialità che abbiamo ri­tenuto dover rendere noto e che denota as­sai chiaramente quanto è possibile fare per un soggetto con disordini grafo-espressivo-scrittori.

  Da Rivista L’insegnante specializzato 1/95 ISFAR viale Europa 185/b Firenze, info@isfar-firenze.it, www.isfar-firenze.it[/pt_text]