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GUIDO PESCI

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Per affrontare i problemi dei soggetti in difficoltà si impone ormai il conoscere alcuni dati anamnestici riguardanti il periodo di vita intrauterino con cui definire meglio un intervento educativo o psicoterapeutico.

L’anamnesi sarà condotta senza investire la diade genitoriale con una inchiesta o un interrogatorio, ma esperire notizie con una necessaria cautela per non destare impacci o perplessità, per non investire negativamente l’intimità familiare.

In questo percorso, quanti sono rivolti al recupero dei soggetti in difficoltà, devo­no far cadere le preoccupazioni di invadenza o di sconfino in altri campi scien­tifici. Convinti dell’intima connessione e correlazione fra vita psichica e fenome­ni organici, consapevoli di muoversi ver­so l’uomo, unità microcosmica capace di riunire in sé tutte quelle proprietà che rea­lizzano una meravigliosa sintesi, non pos­sono continuare a limitarsi a studiare il bambino a seguito della sua uscita dal ca­nale vaginale.

Gli “stadi” o le “fasi” di sviluppo non so­no più sufficienti congegni con cui leggere la preparazione graduale della vita dell’uo­mo, poiché sottraggono ad esso nove me­si trai più significativi. Si tratta perciò di fare proprie certe conoscenze sullo svi­luppo maturativo, emozionale ed affettivo del bambino e schiudere su prospettive segrete e forme mitopoetiche, per offrire una sensibile risposta adatta a fronteggia­re stati di difficoltà manifeste.

È utile ormai sapere che il bambino in ute­ro non è un immoto vegetale né un insul­so girino, ma un essere non meno indipendente di un bambino che giace nella culla (H.M.I. Liley, La maternità moderna, Mondadori, Milano).

Il piccolo alla nascita ha già appreso e vis­suto intensamente molti aspetti positivi e negativi e ne ha data continua prova, per­ciò non possiamo inibirci nel denunciare l’esistenza di uno psichismo, sia pure vir­tuale e nebuloso, ma fervido, parallelo alto sviluppo big-fisiologico (S. Gaiffi, G. Pe­sci- Psicopedagogia nipiologica, Il Cena­colo, Firenze 1984).

Inizia la vita

Nel suo mondo fatto di acqua, un mezzo che soddisfa perfettamente la seconda legge della termodinamica per la costan­za della temperatura e della pressione, il soggetto non conduce una vita passiva lasciandosi galleggiare, ma è costante­mente stimolato dal liquido amniotico e dagli stimoli esterni e risponde a questi at­traverso propri messaggi. Assai presto reagisce ad una stimolazione tattile duran­te la palpazione o ad una sorgente fred­da come la mano o lo stetoscopio; già quando l’embrione è lungo appena due centimetri e mezzo dalla testa al coccige; non ha ancora né occhi né orecchi, e ha un’età di otto settimane, una leggera ca­rezza sul labbro superiore o sulle ali del naso, provoca l’inarcarsi del collo e del tronco per sfuggire alla fonte della stimolazione.

I movimenti di protesta del bambino si hanno anche quali reazioni ad uno stimolo doloroso sin dalle prime settimane. Alle iniezioni che talvolta si rendono necessa­rie attraverso la parete addominale della madre, reagisce torcendosi, si dibatte, apre la bocca come se volesse gridare e il battito del suo cuore si là martellante (A. Montagu, Il tatto, Garzanti, Milano 1975). Il piccolo vive nell’alternanza di riposo e di veglia in un ambiente che è tutt’altro che buio e silenzioso: ha una certa capa­cità visiva e le palpebre si aprono e si chiudono; percepisce i suoni provenienti dalla madre come il battito cardiaco o la voce di lei e quelli che giungono dal mondo esterno, come il rombo dei motori, il fra­gore delle esplosioni ed i suoni musicali, soprattutto se la madre non è ingrassa­ta eccessivamente nel corso della gra­vidanza.

I rumori che si originano nell’apparato digerente materno stimolano di continuo l’organo dell’udito del bambino e, quando la gestante, ad esempio beve cham­pagne o birra, egli prova una sensazione acustica di alta intensità, rumori di cui av­verte la continuità e la variazione.

Ai movimenti quali reazioni alle stimolazioni esterne si sommano movimenti spon­tanei che manifestano la capacità di or­ganizzazione nel muovere gli arti colpen­do il ventre con pugni e calci, un’attività provvidenziale per il suo armonico svilup­po tonico-muscolare. Le mani si chiudo­no e si dischiudono, il tono muscolare si affina sempre di più.

Anche la bocca in questo arco evolutivo ha una funzione importante, si nota l’acquisizione della capacità di sporgere in fuori le labbra, aprirle e chiude de facen­do seguito ad esperienze del succhiare e deglutire, di aspirare ed espirare.

Nel bambino, prima della nascita, sono presenti i riflessi pupillare, corneale, con-giuntivale, delle labbra, della lingua, del­la cute, il riflesso del tendine di Achille, del tricipite, del bicipite, dell’addominale, del plantare, ecc., e molti altri affiorano subi­to dopo la nascita, quasi a dimostrare che la loro complessa formazione era opera del periodo di formazione intrauterina. Un periodo, quello placentare che, gra­zie alla permeabilizzazione, molte sostan­ze chimiche apportano nutrimento, così come ai tempo stesso possono penetra­re molti germi delle malattie contratte dalla madre (rosolia, sifilide, ecc.), oppure pos­sono essere veicolate sostanze intossicanti (alcool, nicotina), sostanze allucinogene (mescalina, LSD, psylocitina), che posso­no determinare nati-mortalità, prematuri-tà, immaturità.

Azione psico-affettiva-emozionale

Sull’azione psico-affettiva-emozionale madre-bambino, dobbiamo dire, alla lu­ce di nuovi approfondimenti, che quan­do la madre è emotivamente eccitata ed ipertesa, quando una profonda depres­sione l’angoscia, quando l’ansia ed il ti­more producono in lei notevoli turbative, i tessuti embrionali del bambino, compre­so quello nervoso centrale e neurovegetativo, ne risentono.

Dalle analisi dei vissuti psichici della don­na abbiamo potuto appurare come gli stati tensivi producono una eccitazione delle ghiandole surrenali a livello capsulare con incremento della secrezione diffusa di adrenalina e questa genera una vasocostrizione con diminuito apporto ematico nei tessuti dell’unità simbiotica. Nei mo­menti di sovraeccitazione aumenta anche la tiroxina nel sangue e ciò provoca una accelerazione dei battiti cardiaci ed una eccitazione delle cellule cerebrali sia nel­la madre che nel bambino.

Per comprendere di quale natura sia sta­ta l’interazione madre-bambino durante la gravidanza, risulta molto utile l’analisi della psiche della donna incinta e lo studio dei suoi sogni. I sogni ci mostrano frequentemente come ella si identifica nel nasci­turo, essendo la rappresentazione onirica spesso modificata secondo le diverse fa­si ontogenetiche di questo.

Di regola, soprattutto alt’inizio della gra­vidanza, il bambino è l’oggetto di ten­denze positive della madre che lo accet­ta e si dona a lui, o di tendenze latenti, ostili, espulsive, parallele alle turbe somatiche frequenti all’inizio della gravidanza (es. vomiti), turbe che sembrano tradur­re una protesta psichica della madre con­tro il bambino, considerato come un nemico che la sfrutta e che possono por­tare alla espulsione reale (aborto).

Anche le influenze ambientali possono portare perfino all’aborto spontaneo, fra queste le suggestioni negative. Inviti con­tinui a interrompere la gravidanza posso­no effettivamente impedire di portarla a termine.

Gli effetti più negativi sulla psiche del bam­bino, più noti alla scienza sono quelli do­vuti ad una caduta della genitrice in sta­to interessante: si ricorda di un uomo che provava un acuto senso di angoscia o­gni qualvolta guidava l’auto, come se si trovasse di fronte ad un pericolo morta­le. Si scoprì a mezzo ipnosi che, mentre era ancora in seno alla madre questa, viaggiando in autobus, subì un incidente e tale episodio riaffiorava in lui dopo tanti anni.

Nell’analisi dei vissuti psichici possiamo trovare che alcuni bambini enuretici so­no tali perché realizzano ogni notte il ri­torno nel luogo caldo e bagnato, così come è possibile rilevare quanto l’ascol­to della musica può favorire nel picco­lo spiccate attitudini musicali (cfr. Rivista Internazionale di Psicologia e Ipnosi, Mi­lano).

Le tonalità affettive che si producono nel piccolo sono moltissime e tutte influiscono sulle funzioni bio-fisio-psichiche del na­scituro fino a lasciare segni profondi nel­la psiche, ricordi prenatali che si riflettono spesso anche nell’attività onirica.

Una necessità

La vita intrauterina è un periodo di stretta interdipendenza tra madre e bambi­no, della quale entrambi conserveran­no il segno. Per questo nasce sempre più l’esigenze di fissare l’attenzione al pe­riodo di vita in cui il bambino non par­la, una necessità che deve porre fine al considerare il bambino prima e do­po la nascita come due esseri comple­tamente diversi. Non riteniamo più possibile e assai pericoloso, continuare a de­finire «feto » il soggetto durante il pe­riodo dell’uterogestazione fino al momen­to della sua espulsione dal canale vaginale e « bambino » a partire dall’inizio dell’estero-gestazione. Del pari ritenia­mo almeno singolare che l’età dell’indivi­duo venga calcolata dal momento della nascita.

Durante la vita in utero il bambino non si comporta come una pianta che si svi­luppa silenziosamente in un mondo cal­do ed oscuro fino al momento della na­scita, ma come un individuo attivo con i suoi mutamenti, i suoi modi di esprimer­si e di comunicare con l’ambiente ester­no, di comunicare alla madre e la ma­dre a lui, linguaggi che non possono sfug­gire poiché capire e conoscere questa grammatica e quella forma dialettica che segue il nipio, significa avere indirizzi utili sui modi di stare con il bambino e vince­re ogni disgrammatismo espressivo e co­municativo.

Da Rivista L’insegnante specializzato 2/94

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