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UN PERCORSO EDUCATIVO E DIDATTICO NELLA SCUOLA MEDIA

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MARCELLA MATTEUCCI

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Introduzione

Il lavoro si propone di evidenziare il percorso di un soggetto con deficit uditivo inserito nella scuola me­dia inferiore. Un inserimento di fronte ai quale si so­no imposte alcune riflessioni affinché la propedeutica dell’insegnamento fondata sulla ripetizione delle parole o frasi, in progressiva difficoltà ortofonica, lasciassero il poste al raggiungimento di abilità nel­l’integrazione.

Si è trattato di disancorarci dai concetto riabilitativo che vuole il soggetto isolate e collocato in un microcosmo angusto e ristretto per organizzare un la­voro a più voci quali la scuola e la classe possono offrire.

Indirizzari dagli aspetti socio e psicocinetici del soggetto, appreso il suo modo di essere e di rela-zionarsi agli altri, raccolti i dati significativi intorno alla sua storicità e i risultati clinici delle prove audiometriche, non potevano che avviarci verso un sistematico, continuo e studiato intervento interdisciplinare.

Convinti che il soggetto segue il processo di chi impara ad ascoltare; al perfezionamento degli appaiati che coincidono alla fonazione dovevano se­guire, contemporaneamente, sollecitazioni per affi­nare le sue capacità di percezione, di discrimina­zione e di identificazione. Ciò ha significato che, senza distogliere l’attenzione dall’udito quale via principale per l’apprendimento del linguaggio, non potevamo dimenticare altri tipi di stimolazione qua­li le vibrotattili, io visive, le psicocinetiche, le posturali, le cinesiche, le tonematiche, ecc. li linguaggio dei resto non può che scaturite, oltre che dagli in­teressi che il soggetto manifesta, da esperienze am­pie e concrete. Si trattava perciò di dover muovere verso una struttura e una dinamica dello sviluppo sociale, favorire la promozione dello sviluppo del­l’IO e della socializzazione mediante esperienze relazionali cariche di affettività.

È proprio questo il massimo sforzo che ogni ope­ratore ha cercato di compiere in suffragio dell’essere disponibili, rassicuranti, attenti alte necessità affettivo-emozionali del soggetto.

Si è trattato di acquistare abilità nel proporsi, creare una situazione simpatetica, cercando di tenere risposte senza pressioni eccessive, senza autoritarismo, senza esigenza, con naturalezza; tanti linguaggi alla ricerca di una significazione. Un di­namismo interindividuale che si è sviluppato con gesti in correlazione con il senso delle parole, con il ritmo cinestetico, con il vocabolario melodico musicale e dialogico-corporeo; una conversazione basata su espressioni improntate sulle idee e sulla motivazione, testimoniate con espressività socio affettiva; una conversazione prodromo di abbatti. mento degli stati tensionali, capace di favorire l’ampliamento degli usi interattivi dei linguaggi.

Abilità, potenzialità e stile di vita all’ingresso del­la scuola media

All’ingresso della scuola media in capacità di atten­zione e di concentrazione del soggetto risultarono incostanti e l’autonomia nello svolgimento delle di­verse attività era limitata. L’alunna si esprimeva con un linguaggio strutturato in frasi semplici, con dislalie nell’articolazione di parole difficili, alterazione dei suoni omofoni e dei suoni laringei, tanto da doverla aiutare nella ricerca dei punti di articolazione at­traverso le vibrazioni.

La comprensione dell’ascolto risultava abbastanza buona, specie parlando da distanza ravvicinata, len­tamente e in assenza di un linguaggio difficile e astratto.

Nell’espressione scritta l’alunna produceva semplici testi di tipo narrativo legati principalmente al suo vis­suto, con un linguaggio abbastanza stereotipato e con errori grammaticali e sintattici.

La capacità decodificatorio-scrittoria era legata la semplicità del costo ed erano prese,queste scorrettezze dovute all’errata pronuncia di alcuni suoni. La competenza a livello strumentale era sufficiente. Sa­peva riassumere semplici brani letti, ma solo se ve­niva stimolata con domande oggettivanti.

Nell’organizzazione logico-matematica mostrava di­screte capacità intuitive che le consentivano di risolvere situazioni problematiche. La padronanza del calcolo, sia orale che scritta, risultava però poco cura e, spesso, incontrava difficoltà nell’interpretazione di alcune parole relative alle domande formulate.

Per la storia, la geografia e le scienze, l’alunna mo­strava scarso interesse e le difficoltà nella compren­sione del linguaggio storico e scientifico erano assai significative.

L’alunna, all’inizio del suo inserimento incontrò dif­ficoltà per la presenza dei molti compagni che non conosceva e per l’elevato numero dei docenti. Sconcertata, si proponeva abbastanza silenziosa con una evidente scarsa capacità di adattamento o, comunque, con una espansione frenata: modelli comportamentali che manteneva anche durante l’intervallo, momento in cui rimaneva seduta al proprio banco senza partecipare ai giochi. Quando veni­va interpellata dai compagni o dagli altri docenti, manifestava un indebolimento del tono di voce, una fonoastenia che forse era dovuta alla timidezza e certo all’insicurezza nell’esprimersi verbalmente e quindi alla paura di non essere capita e di essere derisa.

 

Piano educativo individualizzato: obiettivi

In risposta allo stato di necessità del soggetto, il P.E.I., per il primo anno della scuola media, prevedeva:

— curare l’emissione della voce pettorale, educarla e irrobustirla

migliorare l’organizzazione dinamico-respiratoria

— far acquisire una sempre maggiore capacità ad esprimersi previo il recupero fonetico, la strutturazione del periodo e l’ampliamento lessicale

potenziare l’orientamento, l’organizzazione tem­porale e spazio-temporale, la capacità di astrazione

far assumere abilità nella distinzione, riproduzione e associazione omografica e omosonica

sviluppare abilità nella conoscenza dei rapporti tra suono e gesto, suono e parola

stimolare l’abilità al rapporto con i parametri melodico-dinamici e ritmici

— potenziare le capacità mnestiche

aiutare il soggetto a sviluppare l’abitudine all’os­servazione, a cogliere ciò che è essenziale ai fini della risoluzione di un problema e ciò che invece è superfluo

sviluppare le capacità di comprensione dei vari ambienti naturali e le loro caratteristiche fondamentali

aiutarla in esperienze motorie e psico-motorie, con particolare riferimento alla associazione, dissociazione dei movimenti, sviluppo della cono­scenza dello schema corporeo

favorire il superamento della faticabilità

— promuovere l’uso degli strumenti grafo-segnico-pittorici e delle « interazioni » cromatiche

stimolare l’abilità cinesica e paralinguistica

— aiutarla ad uscire da se stessa e lavorare con gli altri, a conquistare una maggiore sicurezza, individualità e autonomia. Oltre a tutto questo il « piano » prevedeva l’oppor­tunità di garantire dei contatti con i familiari, da realizzarsi nell’ambiente scolastico e, se necessario, fuori da questo o telefonicamente; scambi che do­vevano permettere ai familiari di non sentirsi isolati.

Una istruzione educativa

La disponibilità dell’alunna al rapporto duale è sta­ta l’opportunità di un buon inizio, il suo desiderio di raccontare veniva soddisfatto dalla mia disponi­bilità all’ascolto, una abilità raggiunta durante il tirocinio indiretto del Corso di specializzazione polivalente. Questa abilità ha potuto consolidare il rapporto con l’alunna ed ha garantito in essa una maggiore sicurezza, tanto da offrire l’opportunità di superare il senso di autoinsufficienza che la do­minava.

Tale dinamismo duale ha offerto anche lo spazio uti­le ad un intervento individualizzato sul piano cognitivo. Ha permesso di rinforzare il concetto sotto/so­pra, davanti/dietro, vicino/lontano, ecc., la decifrazione dei tempi della giornata, della settimana, dei mesi, ecc., l’intuizione di successioni temporali at­traverso la trasformazione di persone, animali, pian­te. Tante esperienze supportate dall’ausilio di diapo­sitive, fotografie, videocassette, « striscia del tem­po » e cartelloni visivi. Per rispondere a « come » si fa la storia, mi sono servita delle fonti scritte e fonti mute. Le carte geografiche, le carte stradali e di am­bienti abituali sono state utilizzate per favorire una più vasta capacità di decodifica scrittoria. Esperien­ze operative con cartone e compensato hanno inol­tre permesso di rispondere a molte esigenze dell’educazione tecnica. La realizzazione di « pun­ti » e « linee » di « andamenti » di tipo diverso, la rap­presentazione di superfici con tempere e collage, il trasmutare figurazioni e composizioni semplici in termini espressivo-corporei, hanno trovato risposte ispirandomi alle tecniche Olivaux, Thea Bugnet, Martenot, ecc.

Un avvio verso abilità sempre più affinate che ha permesso alla alunna di inserirsi gradualmente nel gruppo dei coetanei fino ad allargare il dialogo con i docenti, man mano che la collaborazione fra loro si consolidava.

 

Collaborazione interdisciplinare

La collaborazione fra i docenti e gli accorgimenti comportamentali che ne sono seguiti, hanno potuto testimoniare quanto sia possibile far trovare sti­moli ed interessi in ogni disciplina anche in chi, inizialmente, si può dimostrare distratto e senza ca­pacità interazionali.

L’alunna, che è sempre stata mantenuta nel grup­po classe, ha trovato sicuramente un indiscusso vantaggio dalla collaborazione, fra me e gli altri in­segnanti. Grazie alla loro disponibilità, infatti, io ero messa nelle condizioni di opportunità e di tempo necessarie per analizzare e puntualizzare ogni ar­gomento trattato, rissumendolo, semplificandolo e cercando di fare delle verifiche su quanto fosse stato recepito; una prassi seguita al tempo stesso dagl’in­segnanti curriculari con gli altri alunni. Non solo, in mia assenza tutti i docenti riuscivano ad utilizzare un linguaggio semplice e poco astratto e verificavano costantemente se la spiegazione fosse stata chiara e recepita.

AI fine di assicurare la recezione e quindi offrire al­l’alunna di seguire bene i movimenti delle labbra degli insegnanti, inizialmente essa fu collocata in un banco davanti alla cattedra (Fig. 1) ma, succes-sivamente, une studio più approfondito mi fece ipo­tizzare che se il soggetto fosse stato posto in secon­da posizione a destra della cattedra con i banchi mantenuti disposti a semicerchio, l’angolo di visione sarebbe risultato assai migliore e avrebbe data opportunità di seguire sia l’insegnante che i compagni (Fig. 2).

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Il soggetto ha ottenuto così l’occasione di essere ascoltato e incoraggiato da tutti ogni qualvolta doveva raccontare una vicenda personale o riassume­re il contenuto di un brano letto, o specificare l’uso dei segni di operazione e le loro proprietà, o dove­va utilizzare una pronuncia adeguata alla lingua straniera, ecc.

Le attenzioni da parte dei docenti nei confronti del­l’alunna sono state diverse, in accomodamento al­le difficoltà che si presentavano nelle varie unità didattiche proposte alla classe. Non è mancato da parte di tutti un ampio uso di schede (schede sinte­tiche, schede per migliorare ed arricchire il vocabolario, schede con integrazione di frasi, schede con classificazioni logiche), l’uso di rubriche per ap­puntare le parole di cui l’alunna non conosceva il significato, e tanti altri ausili oltre a questi.

La collaborazione fra i docenti è stata sicuramente di grande utilità, la dimostrazione di ciò è quanto l’alunna, alla fine del primo anno scolastico aveva acquisito in abilità negli apprendimenti e nel diver­so modo di stare con gli altri.

Cronaca delle strategie nel corso del secondo anno

Per il secondo anno di scuola media, il Consiglio di Classe stabili che l’alunna avrebbe dovuto segui­re la programmazione della classe, perciò i suoi compiti non sono mai stati diversificati, anche se in alcune materie ha avuto bisogno di essere seguita in maniera individualizzata, cola sintesi e spiegazioni dei termini tecnici specifici, con sollecitatori per in­teriorizzare i suoni omofoni, potenziare e ampliare il linguaggio verbale e scritto, e nel caso di voca­boli nuovi, offrirle la possibilità di sentire e vedere graficamente gli accenti gravi e acuti per una cor­retta pronuncia.

Sintetizzare le varie unità didattiche è stato possibile usando i margini del libro

— affinché l’alunna non perdesse di vista il testo

— oppure per mezzo di una trascrizione su fogli attaccati ai margini dei te­sti stessi.

Per la storia e la geografia le insegnanti (curriculari e di sostegno) hanno schematizzato la trattazione prima sul libro o sul quadernone e successivamente hanno chiesto agii alunni di eseguire cartelloni riassuntivi di ciascuna unità seguiti da altri cartello­ni dove venivano evidenziati i prodotti storico-artistici del patrimonio locale, desunti da esperienze diret­te e da consultazioni di documenti antichi. Tutti i la­vori comunque, hanno visto l’alunna impegnata all’interno dei gruppo classe.

Anche nei cercare di migliorare e ampliare i conte­nuti dei testi scritti il lavoro è stato realizzato coin­volgendo tutta la classe; del resto non si trattava di aiutare solo l’alunna con deficit ma pure tutti quei soggetti che incontravano non poche difficoltà espressivo-scrittorie. A rai fine è stato richiesto ad ogni allievo di scrivere giorno dopo giorno, uno o più episodi della vita di classe; tanti « diari » alla cui lettura veniva dedicata un’ora alla settimana e via via venivano scelti quelli reputati migliori per esse­re inviati, a fine anno scolastico, a Pieve Santo Stefano — « Città del diario » — per il concorso. Una esperienza che manifestamente era capace di fa­vorire in tutti la riflessione, l’abilità nella descrizione di sé e degli altri, di giungere perciò ad una mag­giore maturità linguistica, alla chiarezza sintattica e alla correttezza ortografica.

Le esperienze di decodificazione, oltre al « diario », hanno trovato supporto in letture ad alta voce sia di brani tratti dal libro di testo che da articoli di rivi­ste e quotidiani.

L’ausilio della lettura ad alta voce è stato abbastan­za utile e significativo, anche se l’alunna quando era chiamata a leggere esprimeva la necessità di un coraggio nello stringimento da parte mia della sua mano, ogni qualvolta doveva soffermarsi in ottemperanza alla punteggiatura; un messaggio corpo­reo che le permetteva un dinamismo respiratorio adeguato ad evitare l’« insalata di parole ». Letture pio difficili quali i brani della Divina Commedia e dell’Orlando Furioso venivano anticipati da una lettura a due con l’intento di aiutare l’alunna nel seguire la punteggiatura, nel definire le accentazioni e ampliare le spiegazioni dei significati.

Tra le tante strategie adottate nelle varie materie si sono inoltre manifestate valide le proiezioni di vari filmati e documentari su argomenti tecnici, scienti­fici e storici e le esercitazioni esplicitate da stimo­lanti illustrazioni. Non meno importante è stata l’occasione di fare partecipate l’alunna ai giochi di­strettuali della gioventù dove si è resa protagonista sia nel confronto della corsa veloce dei 200 metri, che nel salto in lungo.

Colloqui educativi

Questa rapida panoramica su determinate strate­gie attuate utilizzando percorsi interdisciplinari nel­le attività scolastiche, legati al concreto, all’attuale, all’intervento sul piano organizzativo-operativo, ha permesso di individuare alcuni dei momenti di or­ganizzazione cognitiva ma, forse, non è riuscita a mettere in altrettanto risalto gli aspetti emotivo-relazionali e le attenzioni adottate per farvi fronte. L’alunna era ampiamente esposta alle frustrazioni e non era lontano il rischio di fare espandere il disagio psicologico ed assumere un ruolo passivo o una notevole instabilità e, per questo abbiamo cer­cato di individuare strategie per lavorare sulla co­municazione, l’espressione, il rapporto, muovere verso una realizzazione della personalità.

Nel rapporto a due la ragazza dimostrava voglia di comunicare, di conoscere e apprendere cose nuove e aveva necessità di raccontare molto di sé, della famiglia e di tutto ciò che la coinvolgeva sul piano emozionale-affettivo. All’inizio ho fatto io stessa le­va su questo desiderio di raccontare e l’ho ascoltata anche quando mi interrompeva durante una spiegazione individuale.

Man mano che il rapporto a due si consolidava e la comprensione reciproca migliorava l’alunna acquistava una maggiore sicurezza, ma nel perdura­re in questa situazione duale si correva il rischio di una sua dipendenza da me e ciò imponeva che il colloquio educativo divenisse sempre più espressione dell’intera classe e di tutti i docenti.

Gli interrogativi e le preoccupazioni sostavano pro­prio su come offrire al soggetto una stabilità emotivo-affettiva, una carica di « fiducia in sé », oppor­tunità di incontro, di’scambio, di relazione con i coe­tanei e i docenti, che permettessero di costruire con il soggetto un’ampia intesa dalla quale emergessero sicure spinte motivazionali.

Nel portarsi verso queste finalità tutti i docenti han­no cercato di apprendere dall’alunno le sue reali necessità, ciò che è servito anche per fare una di­versa lettura anche del proprio comportamento specie nel rapporto con l’alunna in difficoltà. Queste riflessioni, mutate poi in adeguamenti e accomodamenti, hanno posto in risalto quanto la disponibilità dell’alunna fosse in stretto rapporto con le impres­sioni che riceveva e che erano specchio di come la vediamo noi, della fiducia che eravamo capaci di dimostrarle, da come eravamo capaci di farle in­tuire che stava diventando come piace a noi, che si comportava come noi la desideravamo. Ma non basta; nel rispetto del principio dinamico attivo del­la influenza esterna non si poteva trascurare che l’i­dea è indotta tramite insinuazioni indirette, che ogni ripetizione dà maggiore vigore ai ricordi o impres­sioni, che ogni spinta da parte dell’attenzione ser­ve per approfondire il ricordo, l’impressione origi­nale, che il carattere imitativo, potenzialmente pre­sente in ognuno di noi e la sollecitazione dei de­sideri, se adeguatamente inseguiti, possono far ac­quisire fiducia e autostima.

In risposta a questo, al desiderio di imitazione, al tentativo costante di acquisire le doti degli insegnan­ti, le loro azioni, i gesti, i pensieri, l’accento, le abi­tudini e tutte quelle forze che attraggono l’atten­zione, l’interesse, il desiderio, la convinzione, ab­biamo cercato di soddisfarla. Si trattava di essere presenti, attivi, dinamici, ogni nostro atto e gesto do­veva essere spontaneo e affettivo, perciò sono di­venute importanti le alzate di spalle, un batter di ciglia, un tono di voce calma, senza incertezze, un tono ricco di sentimenti, di emozioni, di colorite esclamazioni, di domande suggestive.

La sollecitazione dell’attenzione, il desiderio di pos­sedere, il clima emozionale costruito sui moduli psicocibernetici dei coraggio, della volontà di affer­mazione di sé, della speranza, delle idee, delle abi­tudini, sono stati sicuramente i pio costruttivi per tra­sformare il pensiero dell’alunna in azione, per muovere verso la « vetta della montagna », per ispessirsi come la corteccia della quercia.

Tante immagini mentali, fatte proprie dal soggetto in armonia con il proprio essere che il colloquio edu­cativo ha visto realizzate in azioni, in scambi costruttivi, con espressività verbale e mimica sempre più appropriate.

Da Rivista L’insegnante Specializzato 3/90

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