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GUIDO PESCI CLARA FERRARO[/pt_text]

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Le agenzie educative

Non sfugge quanto la capacità, di apprendimento dipenda dall’equilibrio psicofisico e socio-affettivo-emozionale favorito dalle agen­zie educative.

Fra queste la famiglia, la più ricca forma di rapporto e comunicazione interpersonale, possibile luogo di intimità e di socialità attiva. Alla famiglia spetta il difficile compito di chiudersi in sé e di sapersi aprire agli altri, dap­prima per realizzare se stessa e poi per realizzarsi con gli altri, secondo un processo di interiorizzazione/esteriorizzazione, un con­tinuo equilibrio fra le due funzioni, quella per­sonale e quella sociale.

Purtroppo il pauperismo ambientale, il background sociale e culturale possono avere un ruolo importante sulla funzione socializzatrice della famiglia, anche se crediamo che deb­ba essere fatta una distinzione fra trascura­tezza materiale e trascuratezza affettiva.

All’altra agenzia educativa, la scuola, che an­cora oggi si propone, troppo spesso, come un centro di potere culturale che unicizza la comunicazione all’eufonia e alla semantica, tanto da esporre l’allievo al pericolo dello psittacismo, spetta di soddisfare il bisogno sociale di scambio dell’adolescente. È nella scuola, infatti, che si dovrebbe soddisfare il principio dinamico attivo dell’interazione, aiutare a far nascere nell’individuo nuove necessità, arric­chire l’ispirazione, sollecitare i desideri, trasformare con disponibilità il pensiero in azione, attivare e trasformare l’attenzione. Una interazione nutrizionale con cui attivare nell’ado­lescente una atmosfera di fiducia, di disten­sione, una convinzione di essere in grado di offrire prestazioni sorprendenti, una impressione di sentimenti, di speranza, di vigore, di autostima, di abilità a superare gli ostacoli, a muovere verso nuove mete e il desiderio di raggiungerle.

Gli operatori delle agenzie educative sono chiamati a relazionare con l’adolescente, a tessere ampie reti interrelazionali comunica­tive che richiedono ampie abilità nel costrui­re circuiti conversazionali, affatto limitati alla parola ma aperti alle ricche freme dell’intero universo comunicativo. Essi devono procurar­si abilità nella lettura delle dinamiche che in­sorgono con l’adolescente, devono sapere interpretare ogni comunicazione che esso in­via per mezzo dei repertorio semiotico e del­la produzione segnica, dei numerosi codici che cronicizzano il barometro delle abilità e disponibilità, difetti, debolezze, aspirazioni. Una abilità di lettura del campo semantico del­le passioni, delle sensazioni ed emozioni o feeling, espresse con i segni, la grammati­ca e la sintassi, della meraviglia, dell’ammi­razione, del desiderio, dell’amore, della gioia, la letizia, l’allegria, la felicità, l’interesse, la sor­presa, ed ancora paura, collera, odio, vergo­gni, disprezzo, disgusto, tristezza, ecc. e­spressioni di sé che certo, nel periodo della adolescenza, non sono poche.

Caratteri dell’adolescente

La fase celi’adolescenza è caratterizzata da un insieme di situazioni variabili, mutevoli: in questo periodo esistono e insistono instabilità di propositi e costante tensione operativa, volubilità e tenacia, tendenza alla idealizzazione e scetticismo, insicurezza e desiderio di nuove e vitalizzanti esperienze personali, bi­sogno di autonomia ed evasione e contem­poraneo desiderio di sicurezza affettiva, introversione e necessità di socializzare e co­municare, maturità biologica e mancanza di effettivo equilibrio emotivo di fronte ad alcuni modelli culturali, vivace capacità, di costruzioni logiche sul piano teorico e difficoltà di prati­ca realizzazione.

Propria dell’adolescenza è la “marginalità so­ciale”, determinata dal mancato stabile inserimento in gruppi di legittima appartenenza e la “non identità, sociale”, ossia il non ap­partenere più al gruppo dei bambini e il non essere accettato come pari nel gruppo degli adulti.

I processi maturativi, le trasformazioni fisiolo­giche e morfologiche costituiscono, in questo stadio di sviluppo, uno degli aspetti più em­blematici a causa dei mutamenti, il più delle volte asimmetrici e imprevedibili, connotati da forti accelerazioni e ritardi estremi nello svilup­po di alcuni singoli apparati, tali da determi­nare una distribuzione disarmonica della crescita (eterocronia).

L’ormone ipofisario che stimola l’attività delle gonadi o ghiandole sessuali — facendo così aumentare la produzione degli ormoni ses­suali e la formazione di spermatozoi nei ma­schi e ovuli maturi nelle femmine — insieme ad altri ormoni dell’organismo, conducono al­la crisi di crescenza, cioè al ritmo intensificato di accrescimento della statura e del peso.

Nei maschi la crisi di crescenza può verificarsi dall’età dei dieci anni e mezzo, ma anche ri­tardare fino al sedicesimo anno, con una cur­va di accrescimento che raggiunge il suo apice verso i 13 anni, per decrescere poi successivamente; mentre nelle ragazze la crisi di crescenza dell’adolescenza può cominciare fin dai 7 anni e mezzo, oppure ritardare fino agli 11 anni e mezzo, con un ritmo di accre-scimento massimo intorno ai 12 anni, per poi ridiscendere bruscamente ai ritmi preceden­ti la crisi di crescenza verso i 13 anni e conti­nuare con accrescimento lento per qualche anno ancora.

Le prime strutture che arrivano alla condizio­ne adulta sono la testa, le mani, i piedi ed è frequente che durante l’adolescenza i ragazzi si lamentano, talvolta, proprio di avere mani e piedi troppo grandi, o il naso, che in gene­re si sviluppa prima del mento, può essere considerato troppo sporgente o troppo largo. La voce cambia di tono, la cinestesia non è armoniosa e così la deambulazione, a causa di una diversa maturazione di alcune masse muscolari rispetto ad altre, cosi, pure, le gam­be possono allungarsi sproporzionalmente ri­spetto al tronco.

È tutto questo, compresa l’attività degli ormoni che, contribuisce allo sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari, ma non sempre trova ragazzi e ragazze psicologicamente pre­parati e, di fronte alla quale possono prova­re, a seconda dei casi, gioia, sorpresa, preoc­cupazione o angoscia. In molti di loro posso­no alimentarsi un senso di incertezza e uno stato ansiogeno per quello che sarà l’aspetto definitivo del proprio corpo e, quindi, l’in­cidenza dello sviluppo somatico sullo sviluppo psichico, con effetti specifici sulla definizione dell’immagine di sé, specialmente come immagine corporea.

Una immagine corporea influenzata specie da norme competitive che sollecitano sensazio­ni che variano dall’attesa gioiosa all’angoscia, per il timore, più o meno dichiarato, di non essere come gli altri. Per la fanciulla sono im­pressioni di valore l’essere bella rispetto alle altre, per il ragazzo tale valore è assunto dal­la sua statura, così come l’età della matura­zione puberale può avere, invece, ripercussioni psicologiche negative, che possono por­tare, ad esempio, a strutturare forme di timidezza con allontanamento dai rapporti sociali. Qui, chiaramente, non si tratta di entrare nei dettagli delle leggi auxologiche e delle moda­lità di funzionamento neuroendocrino, quan­to piuttosto di considerare che la percezione di cambiamenti esternamente apprezzabili, ol­tre ad essere fonte di incertezza, fa sentire ai ragazzi anche di non essere più bambini e che qualcosa sta per cambiare nella loro vi­ta. Si delinea, infatti, un percorso polarizzato verso l’identità personale, come integrazione del sé corporeo, che lega indissolubilmente l’immagine che l’adolescente ha di sé con quella in rapporto agli altri, e, quindi l’impor­tanza dell’espressione del corpo quale rifles­so delle qualità interiori del soggetto. Durante l’adolescenza colpisce, infatti, il rilievo psico­logico che viene dato ai lievi difetti fisici al pun­to da originare veri e propri “complessi”. Questa risonanza interiore, sproporzionatamente ampia, si collega a quel senso di inadeguatezza provocato dalla immaturità delle forme del proprio corpo che va modificandosi e al tentativo di celare e di far passare inosservato il difetto vero o presunto che sia.

L’adolescenza, fisicamente termina con la de­finizione della struttura del corpo maturo ed il perfezionamento delle ghiandole a secrezio­ne interna, soprattutto di quelle riferibili al si­stema riproduttivo; psicologicamente termina con lo stabilirsi di modalità relativamente con­sistenti di gestire i conflitti interni e le richieste della realtà sperimentata dall’individuo fisica­mente maturo.

Asincronismo maturativo

La maturazione, dal punto di vista biologico, non sempre trova sincronizzata efficacemen­te la maturazione psicologica e questo è un aspetto importante, da tenere presente, se pensiamo alla salute emozionale del soggetto intesa in termini di capacità di coinvolgere tutto se stesso nelle sue azioni e nel suo com­portamento.

E in particolare, questo insieme che intendia­mo focalizzare: quel corpo che il soggetto sempre più deve sapere consapevolizzare fi­no a coniugarlo come « veicolo epistemologico », « mediatore globale » del rapporto con il mondo.

Ogni preoccupazione limita l’identificazione dell’individuo con il suo sé, ogni flusso di pen­siero eccessivo rende il soggetto meno sen­sibile ai contatto con gli altri, ogni scissione della mente dal corpo è la radice della soffe­renza emotiva.

La corporeità risente, quindi, di situazioni somatiche e psichiche, di sensazioni realizzabili attraverso l’interazione con l’ambiente, che influiscono sui tono emotivo e sul tono muscolare, strumento di base alla costruzione dell’immagine del corpo.

L’immagine tridimensionale, lo schema cor­poreo o l’immagine corporea, pur diversa­mente definita, è l’esperienza personale dei proprio colpo, inteso come unità, come Gestalt, che si struttura in relazione alle moti­vazioni ed ai bisogni della personalità, alle emozioni e ai sentimenti che l’individuo ha nei confronti del proprio corpo.

Corpo cognitivo e corpo esperienziale, cognosco e sapio (due verbi per esprimere il con­cetto di sapere come comprensione intellet­tuale e come gustare, assaporare), devono complementarsi, devono risuonata sincronizzati sul ritmo interno del corpo e sulle velocità esterne, sui ritmi espressi dalla « via di relazione ».

Nell’adolescente deve tornare a svilupparsi il gusto di un impegno dinamico nel quale esprimere tutta la personalità, esplorare il proprio “corpo vissuto”, lente di sensazioni, de­sideri, emozioni, acquisire modalità espres­sive e comunicative, assicurare t’abilità a sentirsi, parteciparsi, sapersi rappresentare e pro­porre agli altri.

L’adolescente deve vincere il conflitto tra l’  Io e il corpo, assumere il controllo del suo cor­po, assumere la possibilità di conoscere, ascoltare, esprimere, garantire i1 bisogno di comunicare e di trasmettere, divenire attore cosciente di una inequivocabilità dell’ascolto. Quel corpo che si chiude, che si blocca, che diviene ostacolo a godere l’incessante flusso della vita, deve trovare e dare un senso; semplice movimento deve divenire messag­gio, progetto di ricerca, di totalità, di unione.

Il contributo della psicologia umanistica

L’opportunità di offrire all’adolescente i pre­supposti per costruire la proprietà, per affer­massi come soggetto capace di proiettare il suo Io in uno spazio oggettivante, ci pervie­ne dal continuo, logico, processo di perfezionamento, di revisione, di trasformazione, di evoluzione, specie della psicologia umanistica. Tante tecniche orientare sul « qui ed ora » che pongono l’accento sull’espressio­ne emozionale e la comunicazione non verbale, che sono interessate al comportamento, ad una azione pratica, indirizzate verso la re­lazione.

Una elaborazione delle tecniche e delle me­todologia che hanno avuta in questi ultimi anni una grande diffusione, grazie al grosso impul­so per mezzo dell’istituto di Esalen in California, che si è proposto come « Growth Centers» (centro dello sviluppo).

Sono tutte terapie che hanno in comune una certa concezione dell’uomo e che si espri­mono nella nozione del rispetto della perso­na, di responsabilità, di libertà, di crescita, di esperienza, di incontro, di autenticità…

L’obiettivo della psicologia umanistica, infat­ti, è quello di permettere a ciascuno di svilupparsi e di espandere le sue potenzialità, di arricchire le sue esperienze, di rendere la sua relazione pio intensa e più armoniosa.

AI soggetto può essere richiesta una espe­rienza interiore che si schiude nella sua di­mensione reale, pulsante e fluida, per iniziare a percepire te parti del corpo, i loro blocchi, le sensazioni di chiusura, di mancanza di pulsazione, mobilità, elasticità. Può essere richie­sto di utilizzare l’importante via della perce­zione del proprio respiro, per riaprire il senso interno con tattilità, di muovere verso il pro­prio centro di coscienza, grazie ad una per­cezione più intensa e profonda, arricchita dai colori, le sfumature, le immagini psichiche, i simboli, i ricordi…

Quindi tocco, movimento, musica, respirazio­ne, dialogo.., un contributo delle diverse formazioni percettive, alla genesi della co­scienza, alla costruzione dell’immagine di sé, che rendono protagonista il soggetto attra­verso la propria persona, con tutta la personalità, il bisogno, l’idea e il desiderio del momento.

Tante proposte ci pervengono dalla psicolo­gia umanistica che, facendo leva sull’utilizzazione del corpo nei suoi linguaggi natu­rali e immediati, tendono a stimolare l’espres­sione di sé e la creatività, con l’uso o meno dei mediatori simbolici della comunicazione. Esperienze centrate sul corpo che tendono a far rivivere, su modalità corporee e tonico emozionali, le tappe di evoluzione che sono state mal vissute, che hanno ridotto l’esplo­razione e che hanno portato, come inevitabi­le conseguenza, una limitazione dell’apprendimento.

Alla ricerca di un corpo significante, emettitore di informazione, portatore di significati, un corpo che ha trovato la parola.

Esperienze personali

La nostra esperienza si basa su molti dei me­todi della psicologia umanistica, in cui abbia­mo trovato ampie e positive conforme nell’ali­mentare un sistema di approccio specie per favorire l’adolescente nell’acquisire un mag­gior controllo del corpo, integrare e rinforza­re la struttura ed ingigantire perciò il campo percettivo ed affettivo.

I termini della realizzazione hanno visto esal­tati il contatto e gli stimoli tattili: una tattilità che propone all’individuo, nella esplorazione della topografia somatica, una appartenenza cor­porea, un contatto con se stesso, un corpo toccante e toccato.

Le stimolazioni tattili permettono di veicolare l’apprendimento di sensazioni profonde, di sentire, di leggere, di ricercare una identità di salute attraverso quello strumento di comu­nicazione che è il corpo, grazie allo sgombe­ro delle tensioni e dei blocchi, specie se realizzato con l’uso della palla come interme­diario, stimolatore-tattile, come strumento trac­ciante su un corpo che si propone come quaderno e libro di lettura.

Il dialogo con l’adolescente, in una situazio­ne suffragata dal contatto, permette di realizzare in un insieme relazionale l’integrazione fra ritmo, equilibrio, armonia e conoscenza. Si dà modo al soggetto di sentire il suo cor­po, di valorizzare ogni messaggio, far matu­rare in lui la consapevolezza nella percezione tonica e una salda capacità di ricezione de­gli organi senso-tattili, per renderli capaci di una sempre maggiore attenzione sugli stimoli che giungono al corpo dall’esterno o dall’interno. Il recupero è inseguito attraverso fissag­gi garantiti dal ritmo, dai tratti di indipendenza segmentario-corporea e, quindi, dalla lettura di spazialità, dagli adattamenti al tempo, dal­la differenza tra variabili di velocità e direzio­ne, che permettono un ripristino di ampie abilità cognitive.

Una esperienza che dà l’opportunità ai sog­getto di acquisire padronanza dell’atto re­spiratorio e vivere nel rispetto di questo rit­mo vitale, personale, di acquistare pieno pos­sesso sulla scioltezza e abilità, sulla libertà di movimento e, quindi, sulla espressione ci­netica, assai legati al sentimento e alla emo­zione.

Alle necessità dell’adolescente siamo interve­nuti per dare risposte finalizzate a:

  • esplorazione della topografia somatica
  • esplorazione geologica del corpo
  • partecipazione al vissuto muscolare e al­la funzione respiratoria
  • risveglio del poliglottismo corporeo
  • consapevolezza delle modificazioni
  • coscienza di una immagine di sé e di un equilibrio psico-fisico emozionale-affettivo.

Obiettivi che hanno richiesto molti ausili fra cui la musica, la terapia natura, lo stimolo luce-colore e la sollecitazione cromo e verbo-tonematica.

Tante attenzioni, assunte nel rispetto della per­sona, che permettono quel contatto arricchi­to di esperienze dinamico-relazionali capaci di risvegliare nell’adolescente disponibilità nel conoscersi per meglio dominarsi ed esprimer­si, quanto cioè è necessario per partecipare attivamente alla vita.

Da Rivista L’insegnante specializzato, 2/93

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