ANGELA BARCHIELLI
[/pt_text]La memoria è una capacità di fondamentale importanza per la sopravvivenza dell’uomo e della specie, dal momento che è essenzialmente la funzione che permette l’adattamento dell’essere vivente all’ambiente. Le definizioni che ne sono state date sono numerosissime, e di diversi orientamenti, a seconda che provenissero da una o un’altra corrente di studio. Citiamo lo Zingarelli: « Funzione generale della mente, consistente nel far rinascere l’esperienza passata, attraverso le 4 fasi di: memorizzazione, ritenzione, riconoscimento, richiamo ».
Questa funzione non è propria solo dell’uomo; infatti anche gli animali ne danno prova, seppure in essi non sia supportata da quelle abilità cognitive ed elaborative che ne permettono uno sviluppo più articolato nell’essere umano. È, però, proprio dall’osservazione degli animali che sono iniziati i primi esperimenti relativi all’apprendimento e ritenzione di informazioni. Gli esperimenti di Pavlov, fisiologo russo che ha operato fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, sono infatti noti a tutti, per le osservazioni e deduzioni che ne sono risultate relativamente al condizionamento animale. Questo scienziato infatti riuscì a condizionare, nel cane, la risposta di salivazione ad uno stimolo che non era il cibo, ma che al cibo era stato associato (il suono di un campanello), li condizionamento non avrebbe mai potuto avere luogo, se non ci fossero state, nell’animale, capacità di ritenere l’informazione. La memoria che entrava in funzione nei cani sottoposti agli esperimenti di Pavlov era quella di tipo più semplice: la memoria associativa, la quale fa sì che un elemento ne richiami alla mente un altro. Lo Skinner (da molti considerato il capostipite del comportamentismo) sottolinea l’importanza di un elemento fondamentale nei processi d’apprendimento e mnestici: il rinforzo, che consiste in uno (o più) compensi o punizioni somministrati durante l’apprendimento, e che hanno l’effetto di rafforzare od indebolire il ricordo.
Altro sperimentatore di talento fu Ebbinghaus, il quale si dedicò nel 1902 allo studio della memorizzazione di materiale senza senso, e fece alcune fondamentali osservazioni sulle modalità di memorizzazione, che ancor oggi rimangono valide. Ebbinghaus mise a punto in laboratorio un sistema che permetteva di verificare l’apprendimento di sillabe senza senso. I risultati delle sue ricerche hanno fatto epoca; gli fu infatti possibile stabilire che: si ricorda meglio il materiale presentato più volte; inserire degli intervalli fra le varie presentazioni migliora la qualità del ricordo; ecc., ecc.
Esperimenti hanno seguito gli esperimenti, e quello di cui oggi disponiamo per lo studio della memoria è un materiale molto vasto, che prende in considerazione la memoria da molteplici punti di vista, e che ha consentito la messa a punto di metodi e tecniche atti al miglioramento delle prestazioni mnestiche.
Strutture e strategie della memoria
Modernamente si ritiene che la memoria possa essere suddivisa in 3 magazzini, ognuno dei quali è capace di ritenere una diversa quantità di informazioni per un periodo variabile di tempo. Abbiamo infatti, secondo il modello classico dei cognitivisti Atkinson e Shiffrin, le seguenti strutture: — registro sensoriale (RS): struttura che riconosce l’informazione e la mantiene per pochi secondi. Si distinguono: il registro sensoriale visivo (o memoria iconica), che conserva le immagini; il registro sensoriale uditivo (o memoria ecoica) che conserva per breve tempo i suoni; il registro sensoriale tattile, che permette il riconoscimento ed il ricordo di forme percepite tattilmente
La conservazione dello stimolo è di tipo percettivo, poiché se ne mantengono le caratteristiche sensoriali. Intervengono in questa fase l’attenzione selettiva (che induce la focalizzazione di alcune informazioni, e lascia passare inosservate le altre) e la memoria a lungo termine, la quale, in quanto magazzino di informazioni, permette il riconoscimento dello stimolo. Se tutto questo accade, l’unità mnestica passa nella
— memoria a breve termine (MBT): magazzino che contiene un numero limitato di informazioni per un periodo di tempo che non va oltre poche ore. Qui l’informazione viene segmentata ed analizzata; gli elementi cosi isolati vengono conservati per un certo periodo nella MBT, dove viene ricostruito il significato delle singole unità.
A questo punto intervengono alcuni processi fondamentali che permettono il passaggio dell’informazione dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine: Si tratta del processo detto di rehearsal, ovvero reiterazione, per via del quale il soggetto torna a rivedere e riconsiderare l’informazione. Se questa funzione viene attuata, il ricordo può passare nella
— memoria a lungo termine: struttura dalle capacità praticamente illimitate, sia per quanto riguarda la quantità di informazioni che può contenere, sia per quanto concerne il periodo di tempo durante il quale l’informazione può essere ritenuta.
Il materiale contenuto nella MLT ha caratteristiche di ordine prevalentemente semantico. Esso è sottoposto a modificazioni, classificazioni ed assemblaggi propri del soggetto (organizzazione soggettiva dello schema di conoscenze).
Le operazioni che hanno luogo a questo punto sono:
- la visualizzazione: l’informazione viene trasformata in immagine. Possono intervenire tutti i sensi a rendere più reale l’immagine.
- denominazione: processo molto importante, che ha preso il via già nella MBT, per permettere il passaggio ed il consolidamento dell’informazione nella MLT.
- codificazione: in base alla mappa cognitiva del soggetto, si inseriscono i nuovi dati immagazzinati.
- contestualizzazione: per mezzo di collegamenti, la nuova informazione viene inglobata con le altre a disposizione del soggetto.
- raggruppamento: classificazione gerarchica delle informazioni. È principalmente su questi aspetti e funzioni che si può intervenire per ottenere migliori performances della memoria.
Altra considerazione da fare considerando la memoria, è quella della sua tipicizzazione, nel senso che, potendo differenziare la memoria in uditiva, visiva, tattile e cinestetica, esistono senz’altro soggetti che hanno maggior facilità in una modalità piuttosto che in un’altra; questo va tenuto presente negli interventi di recupero. Gli stessi studiosi hanno approntato tecniche di verifica delle abilità mnestiche tenendo conto di queste differenziazioni.
- Tipo visivo: si rammentano oggetti, cose, forme, colori veduti. Alcuni ricordano più facilmente i colori, altri la forma, i rilievi le linee. Appositi test di verifica sono stati studiati da Claparède, Rossolimo, Borel-Maisonny e consistono nell’osservazione e riproduzione o riconoscimento di figure osservate.
- Tipo uditivo: alcuni rammentano più facilmente un certo timbro e tono di voce, altri diversi tipi di toni. In genere tutti siamo colpiti da una voce armoniosa, che può anche predominare la nostra coscienza.
Le prove di memoria uditiva possono consistere nell’ascolto e ripetizione (o riconoscimento) di suoni, sillabe, parole o frasi. Interessanti test di verifica a questo proposito sono stati proposti da: Rossolimo, Toulouse e Pièron.
- Tipo motorio: alcuni individui, per ricordare, si servono più facilmente di immagini che derivano dal movimento (per es. schiena che legge). Le prove possono consistere nell’imitazione di gesti più o meno semplici, e nel riconoscimento di figure, numeri o lettere tratteggiati su alcune parti del corpo (per esempio schiena o palmo della mano).
Le basi neurofisiologiche della memoria
L’apprendimento e la memoria sono probabilmente qualità inseparabili del sistema nervoso, dal momento che qualsiasi nuovo apprendimento deve avere un termine di paragone (contenuto nel bagaglio mnestico) col quale confrontarsi, per poter essere elaborato ed immagazzinato anch’esso.
La possibilità di depositare le unità di informazione in diversi tipi di magazzino costituisce la base fisica della memoria.
L’apprendimento può instaurarsi mediante la formazione di vie preferenziali. Un certo circuito nervoso, usato costantemente, verrà «riconosciuto» dall’input trasformato in impulso nervoso, e percorso con maggiore facilità e velocità.
La memoria rappresenta un problema diverso; il desiderio di tutti gli scienziati sarebbe di poter stabilire dove e come si conservano le informazioni apprese, ma le conoscenze di cui disponiamo al momento non consentono affatto di esaurire l’argomento.
Sia la memoria immediata che quella a breve termine sembrano dipendere da qualche fenomeno elettrico — per esempio impulsi circolanti in catene di neuroni situati nelle aree di associazione della corteccia cerebrale — mentre la memoria a lungo termine (consolidamento delle tracce mnestiche) sarebbe legata alla sintesi di qualche proteina (si spiega così la maggior durata del ricordo nella MLT). Infatti la modificazione della dotazione di RNA citoplasmatico dei neuroni è considerata la base biologica del deposito dell’engramma (unità di informazione mnestica).
Ma dove sarebbero conservati i ricordi appartenenti alla MLT? Anche a questo quesito si possono dare solo risposte indicative. La MLT sarebbe diffusa in tutta la corteccia, con concentrazione nelle aree relative di specializzazione funzionale, cioè nella parietale per la memoria somestesica, l’occipitale per la visiva, la temporale per la conoscenza uditiva, mentre l’area di Wernicke e l’area di Broca risultano diversamente coinvolte nelle conoscenze linguistiche. La stimolazione di alcuni punti specifici dei lobi temporali evoca il ricordo di esperienze remote, poiché vengono attivate, con la sollecitazione di queste aree, vie di recupero provenienti dalle aree di conservazione del tronco encefalico e dei lobi frontali e parietali.
Nel lobo frontale sembra localizzarsi la memoria di lavoro (per l’esecuzione di movimenti fini e precisi); l’amigdala sembra implicata, nell’apprendimento della paura, mentre il sistema limbico tutto è profondamente coinvolto, per la sua implicazione nelle emozioni, nella funzionalità e nel rendimento mnestici.
[/pt_text][pt_text text_align=”text-left”]Modalità di recupero delle capacità mnestiche
Da quanto sopra esposto, risulta chiaro che la memoria è una funzione complessa e sofisticata, e che gli aspetti in essa coinvolti sono molteplici (si va da quello neurofisiologico a quello emotivo). È necessario quindi, per migliorare il rendimento mnestico, considerare numerosi aspetti. Ne citiamo qui sotto alcuni fra i più importanti.
Rilassamento
È quasi impossibile pretendere buone prestazioni se il nostro stato d’animo non è calmo e sereno. L’ansia non si concilia bene con l’impegno intellettivo, ed è consigliabile, in presenza di simili stati di disagio, provvedere innanzitutto ad effettuare opportuni esercizi di rilassamento. Questi prevedono tutti, anzitutto, attenzione alla respirazione (vedi sotto); differenti Autori hanno proposto diverse tecniche: un esercizio di ri-lassamento efficace può essere quello di contrazione e decontrazione muscolare delle varie parti del corpo suggerito da Jacobson.
Respirazione
Occorre ossigeno che nutra le cellule ner-vose del cervello, le quali sono i « veicoli » della memoria. Esercizi di respirazione profonda possono quindi garantire un migliore apporto di ossigeno e la corretta eliminazione di tossine; non solo: tali esercizi sono senz’altro di grande utilità per il raggiungimento dello stato di calma e rilassamento necessario per una buona funzionalità mnestica.
Alimentazione
Mangiare con calma, ad orari regolari; l’alimentazione sia il più possibile equilibrata, in base alle esigenze del fisico di ognuno; si dovrebbero evitare abusi di alcool e di caffè, in quanto entrambi costituiscono droghe che alla lunga non permettono alcun beneficio.
Anche la digestione è importante: dopo i pasti, niente di peggio che soffermarsi in attività sedentarie; meglio una camminata o qualche altro tipo di leggera attività fisica, specialmente se svolta all’aperto.
Cosa altro fare, oltre a curare il nostro benessere fisico, per migliorare le prestazioni mnestiche? Vi sono alcuni aspetti più pret-tamente psicologici ai quali fare attenzione.
Ordine e organizzazione
È necessario ordine « esterno » ed « interno ». Per ordine esterno si intendono le qualità dell’ambiente in cui operiamo, che deve essere appunto ordinato, calmo e simpatetico. L’ordine interno si riferisce invece alle nostre capacità di organizzare le informazioni di cui già disponiamo e quelle di cui stiamo entrando in possesso. Nell’operazione di organizzazione del materiale siamo aiutati dall’analisi del materiale e dalle associazioni; dicono Gibson e Morris che « nella memoria naturale le associazioni sono logiche.., se vengono a mancare le associazioni naturali e logiche, possono subentrare quelle non naturali, illogiche, come supporti artificiali della memoria ». Sono appunto queste ultime che vengono utilizzate ed esercitate nelle mnemotecniche. I metodi fondamentali dell’analisi e dell’associazione possono essere applicati per esempio all’apprendimento di liste. Per ricordare un elenco dobbiamo analizzare gli elementi ed elaborare associazioni utili. Nell’analisi, possiamo adottare diversi punti di vista:
- a) Il pensiero analogico: mette l’accento sulle somiglianze tra gli oggetti. Perciò un elemento può portare alla mente un altro, perché fra i due c’è una qualche somiglianza.
- b) Il pensiero differenziale: mette in evidenza le differenze fra oggetti confrontati, fino all’opposizione (per esempio « ricordo il signor Neri perché ha i capelli bianchi).
- c) Il pensiero categorico: è quello che raggruppa gli oggetti o le idee in categorie. La «classificazione » è la maniera naturale di organizzare i pensieri e l’«accoppiamento» è la sua forma più semplice. (Esempio: calze e scarpe, vetro e bottiglia, ecc.).
Combinando associazioni di tipo diverso con la visualizzazione, otteniamo uno strumento particolarmente efficace per migliorare la memoria (da « L’arte di ricordare », di D.O. Lappi.
Attenzione
Ciò che vogliamo ricordare deve avere per noi un valore affettivo. Tanto maggiore sarà la sua valenza affettiva, in quanto ad interesse, sorpresa, aspettativa, tanto migliore sarà la qualità del ricordo.
Un buon esercizio per favorire l’attenzione è quello di « riprendere contatto con la realtà », ricercando la piena coscienza delle sensazioni generate dai diversi sensi. Gli scopi cui mira questo esercizio sono:
- decontrazione: ovvero alti calmi e distesi. Le varie sensazioni si integrano meglio, se l’individuo riesce ad eseguire movimenti consapevoli. Raggiungere il pieno controllo dei piccoli gesti che,di continuo facciamo, aiuta a gestire meglio anche i compiti più complessi.
Si tratta in pratica di eliminare le tensioni e raggiungere uno stato di calma generale. Ottimi a questo scopo gli esercizi di deconcentrazione, tra cui anche quelli semplicissimi di tracciare più volte l’otto coricato (il segno dell’infinito) oppure una doppia chiocciola.
È inoltre necessario dominare la propria immaginazione: ovvero eliminare ogni distrazione, ma avere una soddisfacente « immaginazione mentale del reale ». Per far questo alcuni Autori suggeriscono:
- rappresentarsi un certo numero di oggetti o numeri, o altro, quindi immaginarseli cambiandone l’ordine e la disposizione.
- esercitare la propria attenzione: organizzando, semplificando e ripetendo diversi tipi di materiale.
La ripetizione deve essere intelligente e riflessiva, dobbiamo farla cercando di collegarvi tutte le associazioni fatte al momento della memo-rizzazione. In caso contrario, l’esercizio di ripetizione non ha alcuna utilità.
Educazione all’immagine e alla memoria visiva
Immaginare visivamente quello che stiamo studiando, aiutandosi con tutti i sensi a renderlo pio vivo e reale. Infatti ogni impressione che perviene al cervello passa attraverso i sensi: vediamo, udiamo, gustiamo, odoriamo o sentiamo attraverso un meccanismo riflesso; e ricordiamo queste impressioni. È in genere un processo di registrazione inconscio. Ma divenendone consapevoli, possiamo migliorare senz’altro la nostra capacità di ricordare. Se si vuole studiare un brano di storia, ad esempio la battaglia di Waterloo, la nostra immaginazione dovrà portarci a vedere la battaglia, i colori delle giubbe dei soldati, ad udire il frastuono della scena, a sentire gli odori delle polveri da sparo…
Contestualizzare
Non si apprendono nozioni isolate, ma informazioni che si possono inserire nella rete di conoscenze che già abbiamo; in questo modo il ricordo si fisserà e rimarrà a lungo.
Per questo si ricordano più facilmente delle frasi che delle parole isolate (specie se la frase utilizza le rime anziché la prosa).
Reiterare (ripetere)
Ripassare mentalmente ciò che è stato appreso, durante vari intervalli di tempo, aiuta la fissazione. A questo punto converrà forse fare alcune considerazioni sull’apprendimento massivo e quello detto « diluito » o « dilazionato »: l’uno consiste in fasi di studio concentrato, in tempi brevi, senza intervalli fra una ripetizione e l’altra; in generale risulta più adatto per l’apprendimento di piccole quantità di materiale; l’altro è invece un tipo di immagazzinamento che avviene in tempi più lunghi, inserendo intervalli fra una ripetizione e l’altra, ed è quello che risulta il metodo migliore per apprendere materiale vasto e pesante.
Quando ricorrere alla psicoterapia
A volte le scarse prestazioni mnestiche sono dovute ad uno stato di disagio interiore del soggetto, che può vivere situazioni di profonda depressione, o di ansia, o altro. In questi casi generalmente tra gli altri sintomi si riscontra anche una capacità di concentrazione scarsissima, che difficilmente il soggetto riesce a recuperare con la sola
buona volontà. Situazioni di questo tipo vengono di solito più facilmente risolte con il ricorso ad appropriate tecniche psicoterapeutiche, tra cui troviamo anche il rilassamento, la drammatizzazione, la biodanza, ecc., che vengono scelte ed intraprese dal terapeuta dopo che questi ha osservato attentamente il caso.
Un caso ancora diverso è quello dei ricordi rimossi dalla coscienza, ma ancora presenti a livello latente nell’inconscio della persona. Si tratta di solito di eventi spiacevoli, che il soggetto rifiuta per evitare il dolore che ad essi è associato, ma che si possono manifestare comunque negli atti mancanti, nei lapsus, nei sogni, nelle allucinazioni, nei comportamenti nevrotici e nei linguaggi psicosomatici.
Questo squilibrio affettivo può impedire al soggetto di apprendere, turbando i meccanismi dell’attenzione. Per aiutare queste persone bisogna spesso ricorrere alla psicanalisi o all’ipnoterapia, tecniche che consentono il recupero degli elementi rimossi, in modo che possano essere rivissuti e reinterpretati, affinché non vadano più ad inficiare l’equilibrio del soggetto.
Da Rivista L’insegnante specializzato, 2-3/95
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