Clara Ferraro
[/pt_text]Non è mia intenzione annotare e descrive¬re qui, nei dettagli, le prove di un bilancio psicomotorio, né sostenere quanto sia ne¬cessario partire dall’esame della semiologia normale e/o patologica, ma sollevare una riflessione sull’importanza della relazio¬ne che si emulsiona tra paziente e terapista. Se l’unico scopo dello psicomotricista fos¬se quello di attuare una analisi funzionale delle difficoltà, di esaminare i soggetti per « documentare » i loro disordini, si assisterebbe ad evidenti reazioni di inibizione, pre-stanza o opposizione, che altererebbero la reale conoscenza delle capacità e delle potenzialità. La relazione, come modalità di collegamen¬to comunicativo e di rapporto tra gli uomi-ni, deve costruirsi su opportunità atte a soddisfare il bisogno sociale di scambio e, per favorire scambi non penalizzanti, lo psicomotricista deve assumere una totale con-sapevolezza dei messaggi e della loro in¬fluenza. La comunicazione presenta una compo¬nente verbale, condotta da abilità superio¬ri, appresa socioculturalmente, facilmente falsificabile e una assai più rilevante com-ponente non verbale: voce, mimica faccia¬le, gestualità e postura. Questi ultimi aspetti costituiscono una veste espressiva e permettono al soggetto un riconoscimento dell’’altrui vissuto individuale che scatena, a sua volta, una risposta atta a favorire nel part¬ner relazionale un adeguato adattamento comportamentale. Per lo psicomotricista infatti il rapporto, in terapia, è un fondamentale strumento di la-voro: è una reciprocità di relazione tra terapista e soggetto in difficoltà. Lo scopo del terapista è intervenire sulla globalità del soggetto favorendo tutte le potenzialità presenti e creare, fin dal primo in¬contro, un rapporto simpatetico; una relazione orientata verso il superamento del ti¬more, la paura, la rassegnazione, per rag¬giungere un clima di fiducia, nuove aspet¬tative, motivazioni, atteggiamenti da utiliz¬zare positivamente. L’interazione sarà diret¬ta a migliorare, quindi, la conoscenza e l’accettazione di sé, i comportamenti psicomotori finalizzandoli all’autonomia e alla socializzazione, per mettere il soggetto in situazioni di apprendimento, in un giusto equilibrio tra gratificazione e frustrazione, per portarlo gradualmente a prendersi in ca¬rico, ad accettare i propri limiti e credere nelle proprie possibilità. Per adempiere a questa necessità lo psicomotricista dovrà avere acquisito grande abi-lità interpretativa dei messaggi che influen¬zano positivamente o negativamente la re-lazione.
Studio del comportamento interattivo umano Le tappe del processo di codificazione del comportamento sono state ampiamente stu¬diate tanto da costituire nuove scienze ca¬paci di dare risposte estremamente interes¬santi. Un ampio contributo scientifico ci è stato offerto dagli studi sulla comunicazione cinesica, paralinguistica, tonematica, digitale e prossemica. Contributi importanti per il ri¬conoscimento, l’individuazione e la com¬prensione del significato dei segni, che costruiscono, sostengono o interrompono i circuiti conversazionali. I tanti sistemi di interazione studiati, siano essi verbali, tonematici, cinesici, ecc., so¬no ciascuno molto ricchi di messaggi e ren¬dono ancor più complesso il costruito dinamico-relazionale, specie quando interfe¬riscono in avallo o in smentita l’uno all’al-tro; contemporaneamente attivi, sono infatti capaci di un effetto di rafforzamento o di penalizzazione, di informazioni contraddittorie e incompatibili fra loro. Un vocabolario che ogni psicomotricista de¬ve conoscere, un poliglottismo che si co-struisce per mezzo di una esperienza sulla complessità e sull’influenza ce ciascuno dei messaggi possono esercitare su una persona. Allo psicomotricista non può sfuggire la differenza tra uno sguardo deciso (fortemente penalizzante) e uno sguardo aperto; né è più accettabile l’inesperienza sugli effetti di vicinanza e di lontananza, sulla portata del contenuto tensionale, specie quando il riferimento verbale cade sui simboli patologici di un soggetto. Lo psicomotricista deve sapere decodificare le scariche gratificanti o penalizzanti e i loro significanti, per poi procedere alla lettura di come si è proposto in relazione alla persona e quante ogni espressione di sé, nella dinamica di relazione, abbia influenzato positivamente o negativamente l’ambiente. Per questo è necessarie sviluppare un ottica relazionale che permetta di comprendere e valorizzare le dinamiche proprie del rapporto, riuscire ad essere coscienti dei propri sentimenti e atteggiamenti, raggiungere riflessioni maturate all’interno dei disagi vissuti e messi in gioco in un itinerario di formazione. Esperienze che possono essere raccolte con un training che dia la possibilità di filtrare le personali sensazioni, emozioni o feeling, le dinamiche psicologiche che si originano, di imparare a nuotare fra le onde emotivo-affettive e gestire le tempeste emozionali generate dalla relazione. La componente relazionale nella professione dello psicomotricista è fondamentale ed è da questa che si origina un rapporto che dalla simpatia può volgere all’empatia, valutata con il barometro dei segnali originati dallo stare assieme e che non possono essere garantiti da delle letture di libri o di manuali, ma apprese da un training di formazione in dinamica interpersonale.
Stimolazioni gratificanti o penalizzanti
Il repertorio degli effetti della relazione è im¬ponente e richiede ampia riflessione sull’in¬cidenza dei messaggi che si inviano in situa¬zioni di scambio. Si riporta qui a titolo esemplificativo una breve sintesi: • Scariche tensionali penalizzanti posso¬no essere rappresentate da: a) Variazioni a carico del sistema nervoso autonomo (rossori, pallori, essudorazione, piloerezione, capogiri, cefalee) b) Variazioni a carico dei sistema cardio-circolatorio (tachicardia, palpitazioni) c) Variazioni a carico del dinamismo respi¬ratorio (sospiri, « farne di aria ») d) Grattamenti e) Variazioni posturali e di spostamento del soggetto -in piedi: andatura legnosa; camminare come « scivolare » o come camminare su ruote; movimenti del ba¬cino pelvico; in piedi si trae all’indietro (rifiuto, chiusura) – seduti: agitarsi sulla sedia; cambiare posizione; appoggiarsi prima su di un piede poi su di un altro; busto inclinato all’indietro e mani incrociate dietro la testa (in disaccordo con quanto viene detto); spinta del ca¬po all’indietro (segno di rifiuto); punta dei piedi in dentro e talloni in fuori (chiusu¬ra verso l’interlocutore e verso l’ambien¬te); testa appoggiata ad una mano (scarsità di interesse); pollice contro il mento, indice sulle labbra (attende una sentenza); gambe accavallate molto al¬largate (gesto di sfida); gambe acca¬vallate (rifiuto, sfida, barriera e se il sog¬getto alterna l’accavallamento delle gambe, il rifiuto è totale; poggiare le ma¬ni sulle ginocchia afferrandole (cerca di controllarsi); braccia incrociate (rifiuto barriera); dita incrociate (più che chiu-sura, indica un gesto di difesa). Variazioni di prossemica e orientazione: reazioni rivolte a stabilire la distanza di sicurezza e diversa orientazione Manifestazioni tonematiche: sospiri, mor¬morii, borbottii; fischi; raschiamenti; digrignare i denti; tosse; starnuti; conati di vomito; rutti; schiarirsi la gola (per ri¬durre la irritazione, per spingere a tacere una persona, per uscire da una situa¬zione spiacevole) h) Segni fisiognomici: occhi semichiusi (per¬plessità); palpebre abbassate (pudore, modestia); pianto (esperienza di smar¬rimento, condizione indifesa, rabbia, sor¬riso, riso come scarica tensionale, in¬nalzamento dell’umore, estraneamento o fuga) i ) Segni verbali: ripetizioni, omissioni, dizioni, sostituzioni, contrazioni, battute di spirito (ansietà, conflitto psichico).
• Scariche tensionali gratificanti; descritte da: a) Variazioni posturali di spostamento e di orientazione – in piedi: il soggetto si av-vicina – seduti: si protrae in avanti o pro¬trae in avanti la testa; allarga le gambe e le braccia; gambe incrociate; mani che serrano il ginocchio (prendere le deci¬sioni con calma); una mano sotto la gamba incrociata (perfettamente a pro¬prio agio) b) Altri segni: linguino; bacio; mordicchiamento interno delle labbra; pressione della lingua all’interno della guancia; mordicchiamento delle dita e strappamento delle pellicine; suzione del dito; di una matita; ecc. (messaggi iconici che partono da una registrazione gratifican¬te, fino ad attivare meccanismi di incorporazione e identificazione).
• Scariche tensionali gratificanti o penalizzanti: a) mettere a posto gli oggetti mentre si sta parlando; mettere le briciole nel piatto (mettere le « cose a posto », in or¬dine) b) Riassettarsi; pulirsi; spolverarsi; togliere le briciole dal tavolo mentre siamo a ta¬vola (scartare, buttare via, rifiutare il discorso) c) Spezzare il pane a pezzettini mentre sia¬mo a tavola (latente desiderio di aggressività) d) Agitare la mano unendo pollice e indi¬ce (omosessualità latente) e) Donna che si solleva la gonna o sbotto¬na la camicetta (desideri castranti, paura di non soddisfare il partner, o vicever¬sa, insoddisfazione) f) Trastullarsi con la collana o altro (man¬canza di alimentazione sessuale) g) Accarezzarsi i capelli (desiderio di essere accarezzati) h) Dito nell’orecchio (desiderio di penetra¬zione o di essere penetrata) i) Uomo che si tira su le maniche (proble¬mi affettivi, soprattutto sessuali, timore di fare brutta figura con il partner) e si potrebbe continuare. Sono questi alcuni esempi dei tanti segni che possono essere utilizzati e osservati nel¬la interazione e che, per la loro importan¬za, non devono essere dispersi.
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