Difficoltà nella fluenza verbale

La “balbuzie” è una manifestazione che, pur affrontata da esperti, medici e non medici, con serietà scientifica, non sempre trova un riscontro positivo nell’ambito delle varie terapie applicate.
L’OMS (ICD-10,1994) classifica la balbuzie come “disturbo specifico dello sviluppo” e la definisce “un disordine nel ritmo della parola nel quale il paziente sa con precisione ciò che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di involontari arresti, ripetizioni o prolungamenti del suono”. La balbuzie, maggiormente diffusa nel sesso maschile rispetto a quello femminile, interessa circa l’1,5% della popolazione italica, percentuale in linea con quella riferita alla popolazione mondiale. È noto che la disfluenza si manifesta in forme definite dagli studiosi in modi diversi a seconda che si presenti con una convulsa ripetizione delle sillabe, incontrollata ripetizione e blocco, con esplosione precipitosa, con inerzia e parziale assenza nel momento di iniziare il discorso. È un disturbo del linguaggio che secondo la forma degli arresti, ritardi e ripetizioni delle parole può essere definita tonica, clonica o mista, paralalica e palilalica.
La balbuzie tonica, si presenta con un inceppo dell’atto elocutorio specie nella pronuncia dei fonemi esplosivi (es. b/p/t dovuto a spasmo della muscolatura fonatoria), ad esempio: …bbbicchiere, …pppane, …tttttorta. Tale disordine può essere accompagnato da movimenti parassiti dell’orbicolare dell’occhio, con effetti di ammiccamento o spasmi in gran parte della muscolatura facciale e toracica, con arresto o irregolarità della frequenza respiratoria. La balbuzie clonica o mista si presenta invece come una ripetizione di fonemi o sillabe (esempio: ta-ta-tavolo, pa-pa-pane). Raramente queste due forme, tonica e clonica, si presentano ben distinte e allo stato puro; il più delle volte ci si trova davanti alla loro combinazione, cioè alla forma mista, oppure la balbuzie può essere associata a tachilalia (ripetizione clonica di uno o più fonemi). La difficoltà si manifesta comunque in una intermittenza del linguaggio parlato ed assume spesso una forma spasmodica accompagnata da altre manifestazioni tra cui i disordini nel dinamismo respiratorio analizzati da Fröeshels, le difficoltà psicomotorie studiate da Chervin, i disturbi neuro-vegetativi esaminati da Pichon e Legry e da ipercinesie e comportamento ticcoso, un fenomeno che può divenire nel tempo il nucleo centrale di una neurosi fobica e che, in particolari situazioni emotive, distrugge la personalità del soggetto.
Alla balbuzie tonica e clonica si possono aggiungere la balbuzie paralalica e palilalica, la prima si manifesta con rumori gutturali come per schiarirsi la voce, con ripetizioni di “già”, “è vero”, “sì”, “cioè” e con altri suoni, rumori e fenomeni di carattere paralinguistico emessi sia prima della frase o durante l’eloquio quali ad esempio: “ehm”, “” ecc.; la seconda consiste in una ripetizione non concitata di sillabe o di intere parole, per lo più all’inizio della fase elocutoria. Una ulteriore distinzione viene fatta tenendo conto della localizzazione anatomica degli spasmi, si parla di forma labiocoreica quando siamo in presenza di contrazioni muscolari molto fini a livello di labbra e della lingua e conseguente difficoltà nella pronuncia di P, B, T, D e di forma gutturo-tetanica quando sono presenti spasmi nei muscoli faringei e difficoltà nella pronuncia di G, C, K (Pesci et al., 2007).
Le teorie etiopatogenetiche sono in gran numero, raggruppabili in organiciste, psicogenetiche e foniatriche: i fattori incidenti si riconoscono nell’ereditarietà e in microlesioni encefaliche, che possono dar luogo a sintomi di rigidità o alla comparsa di movimenti involontari o comunque disturbi della funzione motoria, a disritmie elettroencefalografiche, alterazioni vestibolari, del sistema neurovegetativo o del meccanismo respiratorio, lateralizzazione incerta e mancinismo contrariato, immaturità dei sistemi di moto, ritardo dell’evoluzione del linguaggio, alterazione del feedback uditivo-parola, stress emotivo traumatico, shock violenti, inoltre possono essere implicabili a problemi relazionali, alla scarsa disponibilità e ad azioni giudicanti da parte dell’entourage familiare. Tanti possibili aspetti onto e socio genetici cui non possono sfuggire molti altri che potranno essere rilevati durante l’anamnesi familiare patologica remota e prossima che obbligano ad indugiare nel richiedere se nei consanguinei esistono altri casi di balbuzie, o ritardi, o altri disturbi di linguaggio e se il soggetto fa parte di una gemellarità monocoriale o bicoriale, una indagine su malattie pregresse di tipo neurologico (atetosi, affezioni striopallidiali, corea di Hungtinton, epilessia), su cause prenatali quali alcolismo e sifilide, post-natali quali encefaliti, traumi cranici, tossicosi, meningiti, una anamnesi patologica prossima con la quale è necessario cercare l’epoca dell’insorgenza della balbuzie, le situazioni nelle quali appare con maggiore frequenza e i sintomi concomitanti. Un obbligo nel conoscere l’altro che se vogliamo raggiungere obiettivi significativi, impone indagini articolate, indispensabili per potersi introdurre in scelte operative mirate ad un intervento di aiuto che si presenta necessariamente complesso.
L’indagine per essere accurata e approfondita non si può limitare ai soli disordini nell’emissione della parola quali i prolungamenti, le ripetizioni, o combinati gli uni con gli altri, gli arresti, alla verifica su l’accelerazione del flusso che dà vita al fenomeno della precipitazione o se l’intensità della voce manifesta o no energie di convinzione o di fermezza e se per questo, il soggetto utilizza diverse altezze tonali con mutazioni in prosodia e accento, ad una definizione del tempo occorrente perché il pensiero si attivi, o accertarsi se il soggetto tende a sviluppare e rafforzare la nitidezza della parola (calcare sulle parole). A queste analisi si dovranno aggiungere quelle sulla verifica dell’esistenza di movimenti bruschi, di disordini nei movimenti respiratori e di “fame di aria”, l’esistenza di un senso di soffocamento, se il soggetto ha un buon sollevamento toracico, se presenta spasmi diaframmatici, se la respirazione è addominale o toracica, se l’emissione e la distribuzione di aria è irrazionale e quindi irregolare o frammentaria, sul grado di verticalizzazione e le posture che il soggetto abitualmente assume. La ricerca non può esaurirsi qui, basti infatti pensare ai tentativi di distrarre l’attenzione dal disturbo e quindi tutti i movimenti parassitari, le sincinesie dell’orbicolare dell’occhio, i movimenti ticcosi, le turbe vasomotorie, le embolofrasie e perciò irrigidimenti, contorsioni, spasmi muscolari del viso che si traducono in smorfie dolorose e a volte grottesche, spostamenti del capo in tutte le direzioni, brusche contrazioni delle palpebre e della fronte con espressioni di ammiccamento, di corrugamento o di aggrottamento, smorfie della bocca, dilatazione delle pinne nasali o aspirazione nasale forzata (reniflement), arricciamento del naso, congestione del collo e del viso con turgore più o meno evidente delle vene, salivazione e sudorazione abbondante, atti di deglutizione a vuoto, lisciarsi i capelli, battere il piede a terra e si potrebbe continuare. Così come è pure doveroso verificare l’esistenza di “starters” (mmm, uhh, dunque, vede ecc.), la presenza di sospiri prima di ogni frase e parola, la capacità organizzativo-respiratoria, il dinamismo respiratorio, il ritmo e la frequenza.
Si tratta, quindi, di ascoltare e di leggere tutte le variazioni vulcanologiche e le diversità geografiche significanti lo stato di sofferenza della persona con balbuzie, e inserire nel quadro di insieme il linguaggio non già considerato come il suono di un solo strumento bensì come mezzo di comunicazione complesso, una orchestra in cui si armonizzano ai suoni del verbale il mimo e il gesto, la prossemica e la posturalità e che richiedono di essere studiati, letti, analizzati; è necessario sapere se il soggetto è capace di sostenere col gesto e il mimo l’azione verbale, se promuove gesti con la testa, se esistono moti di flessione o di inclinazione del corpo, se è la mano o se sono le dita a contribuire alla melodia, se il volto esprime o meno sentimenti di meraviglia, di gioia, di fermezza, di paura.
Dall’osservazione scopica e dall’esame obiettivo si dovranno individuare il disordine articolatorio, i caratteri fisici del linguaggio, se si presenta monotono e qual è l’indice di frequenza delle parole nell’unità di tempo, considerare i caratteri strutturali, ossia le informazioni sul grado di sviluppo raggiunto (parola-frase, pre-concetto, concetto) e provvedere a una lettura dei caratteri funzionali tesa alla valutazione dell’egocentrismo e della socializzazione e definire l’interferenza di cause organiche e psicodinamiche, il potenziale intellettivo e la struttura della personalità, la presenza di ansia, di timidezza, inibizione, emotività, facile suggestionabilità, impressionabilità, scarsa capacità di adattamento, atteggiamenti ipocondriaci e fobici, labilità neurovegetativa.