Le etichette utilizzate per dichiarare i diversi disturbi negli apprendimenti hanno l’esclusivo potere di fissare il confine tra l’omo sapiens e l’uomo disabile, attribuendo a quest’ultimo un nuovo nome con il prefisso DIS che lo obbliga ad una ulteriore registrazione anagrafica.
È sotto gli occhi di tutti l’invadenza del mondo sanitario nelle competenze didattiche dell’insegnante, specie rintracciabili nella L.170 in cui si afferma che la certificazione di DSA contiene le informazioni necessarie per stilare una programmazione educativa e didattica che tenga conto delle difficoltà del soggetto e preveda l’applicazione mirata delle misure previste dalla legge, ossia le misure compensative e dispensative; è assai strano pensare che le misure didattiche debbano essere suggerite da operatori sanitari non consapevoli tra l’altro di quali attività didattiche già vengono proposte nella classe, quali le dinamiche con i coetanei, quale ambiente e quali le infrastrutture presenti…, ma nonostante questo vuoto conoscitivo così tanto specifico del settore educativo scolastico, gli specialisti esterni alla scuola si sentono in diritto di dare indicazioni didattiche a volte impossibili ad essere inserite nella esistente flessibilità didattica.
Per chi come il Vygotskij auspica l’educazione sociale, è certo che preoccupa aver creato con la L.170 il “diverso”, e scoprire a proposito molto più sensibili perfino i manuali di psichiatria che non danno modo di appellare la persona con la riconosciuta nosografia, il DSA e il CD10 pur riferendosi ad un disturbo lo attribuiscono alla lettura, alla scrittura… nella 170 invece si è pensato di definire la malattia e perciò il malato, la persona incapace di, e quindi disortografico, discalculico…, classificazione certamente adatta ad una prassi di dépistage di quanti non riescono a tenere il passo con gli altri e si dimostrano improduttivi in una scuola concepita in senso dal sapore produttivistico (Pesci, G. 1977, p.25).
Fa riflettere quanto sia arduo e faticoso abbattere le etichette, le classificazioni sanitarie, e quanto queste inseriscano il soggetto in un processo fallimentare. Esse si rivelano ancor più insidiose se rivolte in età degli apprendimenti scolastici, che, con il confinamento hanno il potere di escludere e dare una ulteriore registrazione anagrafica. Un nuovo battesimo ad opera di un esecutore burocratico, che la pedagogia non può né ammettere né convalidare. Definire una persona attraverso una etichetta diagnostica, comporta costruirla attraverso quella etichetta e, cosa forse ancora più grave, percependosi nei termini di quella etichetta, essa non riesce a costruirsi in altri modi e non trova soluzioni alternative. Si può affermare con ciò che le etichette sono una forma di potere esercitata non del tutto consapevolmente in nome della scienza. Certo è che nel nome di chi è in difficoltà ad apprendere, pare ci stia sfuggendo di mano tutto.