DIS, prefisso verbale e nominale che rovescia il senso positivo della parola conferendole valenza negativa, quel DIS che etichetta i nostri allievi come “DISturbati”, depistati dalla scuola al mondo della sanità per essere misurati, selezionati e classificati e che, nel vivere in una società sempre più morbigena che trova sostanza solo nel delirio dell’abuso di test, nega il principio dell’inclusione rendendosi responsabile delle sofferenze che si trapiantano nel processo maturativo della persona e complice di un ritardo dello sviluppo delle funzioni autonome dell’Io e dello strutturarsi di una personalità fragile e non autentica. La scuola e la sanità, conformate al sistema quantitativo e classificatorio si adattano all’opinione politica di malattia e terapia. L’allievo DIS è visto come malato e la terapia trova diritto di cittadinanza nella scuola che provvede a pianificare un PDP specifico all’interno dei BES (Bisogni Educativi Speciali), è un chiaro segnale questo di una politica che non fa altro che rinnovare la prassi dei dépistages mantenendo l’ottica di un soggetto improduttivo in una scuola concepita in senso esclusivamente produttivistico e non educativo. La scuola si è presto dimenticata che nella storia recente specialisti di area sanitaria di allora usando coefficienti e gradi per misurare quantitativamente le possibilità degli scolari, hanno ottenuto il risultato di un massiccio incremento di classi differenziali che si sono riempite fino ad affollarsi non di alunni mentalmente ritardati, ma pedagogicamente trascurati, di alunni indisciplinati e di bambini che per diversi motivi non avevano superato le prove cui erano stati sottoposti. Si trattava giù allora di una vera caccia al deficit, al difettoso che torna ancora oggi a radicarsi nel nostro paese, specie per l’abuso dell’Attestazione di “DIS…”, con effetti e valori di cui ogni dubbio lascia assai interdetti ed offre un formulario per l’elaborazione di sospetti. Chi opera nel rispetto dei principi educativi sa che -come afferma L.S.Vygotskij- “Lo scolaro il cui sviluppo è aggravato da una difficoltà non è semplicemente un bambino meno sviluppato dei suoi coetanei, ma un bambino che si è sviluppato in modo diverso, il cui processo evolutivo, se osservato dal punto di vista qualitativo-funzionale, non si esaurisce nelle variazioni quantitative dei singoli elementi, né si referenzia con una semplice somma di funzioni, bensì si caratterizza come una catena di metamorfosi, di proprietà le cui evoluzioni sono estese in modo incompleto”. Questo il principio a cui ogni educatore rispettoso e attento al processo evolutivo degli allievi che gli sono stati assegnati non si stancherà mai di tenerlo come baluardo della propria professione.