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GUIDO PESCI

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È ormai certo che l’apprendimento logico-matematico, così come ogni altro apprendimento, avviene inserendo in una struttura-base di relazioni e associazioni o “hardware” sviluppatasi nei primi mesi di vita, un numero sempre maggiore di percezioni e di informazioni che debbono adattarsi alla prima rete di connessioni, informazioni che, se ritenute “estranee” o “sconosciute” sono considerate ostili e anziché accordare l’apprendimento e il ricordo lo inibiscono. Sape­re questo, ad ogni mancata risposta in ordine agli apprendimenti, ci impedisce di dichiara­re che un soggetto è più o meno dotato, che è pigro o che non si impegna abbastanza, da­to che è il modello di associazione a lui pro­posto mediante l’insegnamento a non essere in consonanza con la propria rete di connes­sioni. Pertanto, al fine di raggiungere per cia­scun bambino una concordanza e avere ga­ranzia a che le cognizioni saranno immagaz­zinate saldamente e che ampia sarà la com­prensione, che il ricordo sarà più durevole e che maggiore sarà la possibilità di produrre nuove idee, si dovrà ricorrere a più canali percettivi.

Sappiamo del resto che c’è chi ricorda me­glio le cose viste, cioè ha una buona memo­ria visiva, chi apprende meglio se ascolta o se discute, perché ascoltando e parlando rie­sce meglio a rendersi conto del problema e questo è il tipo auditivo-verbale dialogico, chi apprende meglio con l’azione pratica e quin­di toccando e provando, chi, inoltre, ha ga­rantita la capacità a registrare e inquadrare esperienze per effetto di simpatia e antipatia provati nei confronti di certe persone, attività, giochi, colori, suoni, ecc. Considerato inol­tre che l’informazione viene assunta e saldata specie se collegata a reazioni ormonali positive, i fattori stressanti quali il rumore, la sovrastimolazione visiva, l’insuccesso, le delusioni, l’isolamento, l’aggressione, le istru­zioni ripetute, che, seppure in forma diversa e con informazioni nuove, per effetto della somiglianza possono inibire e distruggere gli impulsi e creare interferenze inopportune, so­no estremamente nocive. Frenate saranno an­che tutte le percezioni associate ad un peri­colo o a un ricordo spiacevoli o a ciò che scatena gli ormoni dello stress, poiché questi influiscono negativamente sui collegamenti tra i neuroni.

Le informazioni è certo, invece, rimangono, come si dice, in testa per tutta la vita, quan­do entrano in gioco emozioni positive intense, desideri personali, situazioni importanti, tutti gli avvenimenti con una vivace coloritu­ra, tanto da rivivere, durante la rievocazione, la gioia e l’entusiasmo provocati nell’immagazzinarle. Tutto questo insegna l’utilità di un immagazzinamento multidimensionale che tenga conto dei tanti aiuti che la natura ci for­nisce, e ci sollecita a fare richiesta di una scuola più attraente e di un insegnante con straordinaria capacità combinatoria.

Non solo, ma avendo fra i discalculici dei soggetti impediti, insufficienti, disordinati ad alimentare i vari canali informativi e organiz­zativi, è necessario offrire e adattare loro una ben maggiore e vasta gamma di sollecitazio­ni per mezzo di ampi vissuti esperienziali cor­porei ed emotivo-rappresentativi. L’insegnan­te perciò, per fare fronte ai disordini del discalculico, deve con maggior proprietà tener conto di tutte le strutture associative; si servirà di emozioni adatte a garantire il consoli­damento e l’elaborazione della materia facen­do uso della attrazione, del piacere, della Cu­riosità, dell’entusiasmo, del divertimento o gioco, della sensazione di successo, e di la­vori di gruppo, capaci di affiatamento, di con­cordanza di innumerevoli strutture associative, delle loro interazioni e delle rispettive ri­sonanze e sovrapposizioni, di un modo giusto per confrontarsi e raggiungere migliore for­mazione dai contributo dell’altro, un lavorare con il bambino che permetta di raggiungere attraverso vari canali, tutti i ricordi, i pensie­ri e le emozioni, vinca ogni paura, rifiuto e ostilità.

Nel numero precedente di questa rivista (n° 2 anno 2°) ho richiamati, pur nella loro essenzialità, molti metodi ritenuti capaci di far fron­te alla discalculia. Tutti metodi utili che si ba­sano però, troppo spesso, su ampie ripeti­zioni del materiale, presentato diverse volte alla memoria immediata, senza che la mate­ria sia vissuta totalmente fino a rispondere all’unità psico-fisica e socio-relazionale-affettiva del discalculico, alle sue ampie necessi­tà, al grado, al tipo del disordine e alle cause che lo hanno promosso e lo sostengono. È da questa constatazione che a tali metodi ritengo siano necessarie delle integrazioni che trovano argomentazione nella vasta scien­za semiologica, in quello spazio totale, in quel territorio della comunicazione segnica e che si esprimono in una dimensione temporale (tempi dei verbi), o in una dimensione spazio-temporale (rhèse – formulazione scritta di parole) e emozionale, ed ancora nei linguaggi che si alimentano della grammatica del cor­po, di quei movimenti che rivestono ruolo di comunicazione e cioè il gesto, la postura, il contatto corporeo, il comportamento spaziale, di quel sistema di comunicazione volontaria immediata, molto spesso inconscia (inviati per dire qualcosa) o senza intenzione di comuni­care segnali, ma ugualmente osservati e per­cepiti con un significato da un abile ricevente (essudorazione, tremori, ecc.).

Si tratta di fare comprendere meglio al discalculico i codici semiologici, questi strumenti segnici utili per rappresentare e costruire le conoscenze, per capire più a fondo la realtà e rapportarsi consapevolmente ad essa.

Vediamo ora, sulla scia di queste stimolazioni, di perfezionare e potenziare i metodi più tradizionali che si sono visti, almeno in rela­zione ad alcuni particolari aspetti che non ci è dato, per ragioni di spazio, di approfondire. Nei metodi narrati si attribuisce spesso am­pia importanza alla compromissione visuo-motoria e visuo-percettiva e per queste vengono suggeriti molti esercizi ai quali già ritengo sarebbe opportuno aggiungerne ben altri, desunti ad esempio dagli strum, enti psicodiagnostici quali Bender Gestalt, Goldstein-Scherer, Cubi di Kohs, Frostig, ecc., così come per rinforzare la memoria visiva, agli esercizi che si leggono, possiamo aggiungere e utiliz­zare i test del Rey, Limbosh, Graham e Kendall Benton, Kephart, BoreI-Maisonny, ovvia­mente senza pretese di siglatura e valuta­zione, bensì come esercizi con esclusiva fina­lità di recupero. I problemi intorno alla compromissione visiva non sono esauriti.

Dobbiamo dare risposte ancora più complete ai disordini di inseguimento o traking, ai disturbi di fissazione e ai disordini nei movimenti saccadici, movimenti contemporanei, coniugati, di ambedue gli occhi, che permettono uno “scanning” o movimento attivo di ricerca. [1]Tutti movimenti che assieme alla « distraibilità » o ai «disturbi dell’attenzione » si rendono es­senziali per gli apprendimenti logico-matematici, poiché sono strumenti di misura della distanza, di valutazione della direzione, di calcolo delle dimensioni di un oggetto, di distinzione vicino lontano, e perciò costruttori della percezione spaziale. In questi casi il riordino dei meccanismi si ottiene con un dréssage motorio e percettivo che permetta una elaborazione coerente delle informazioni provenienti da più canali sensoriali: stimolazione bilaterale contemporanea o stimoli laterali, movimenti attivi di ricerca e di localizzazione, stimoli delle funzioni adattive, per mezzo di oggetti in movimento, enumerazione di sequenze, ostacoli da superare, inseguimento di tracciati grafici, suoni, stimoli cromatici diversi, ecc. (per un approfondimento cfr. G. Pesci, La grammatica dei messaggi visivi, sta in Rieducazione e Terapia, Bulzoni, Roma 1982). Alcune difficoltà logico-matematiche sappiamo possono essere associate ad una agnosia digitale, ma nei metodi citati neppure questo particolare aspetto mi pare venga trattato con la dovuta attenzione, mentre è proprio alla conoscenza del corpo, dei segmenti più differenziati dello schema corporeo e quindi dalla perdita parziale o completa della capacità di identificare le singole dita, che si accompagnano disturbi del pensiero simbolico, aprassia costruttiva, memoria visiva e disordini nell’uso dei numeri. L’agnosia digitale si sa è un tema complesso, ma il sintomo può essere facilmente riconosciuto per mezzo di semplici test che, a mio parere, non esigono che vengano utilizzati con le supervisione dello psicopedagogista e perciò l’insegnante che vuole far fronte al soggetto discalculico potrà giustamente servirsene; fra questi terrà particolarmente presenti il Benton, Hutcheon-Seymour e la modificazione di questi test da parte di Galifreb Granjon e, per le prove di motricità digitale e delle sincinesie degli arti superiori, la Stambak. Cile il disordine nel riconoscimento digitale sia importante per la discalculia è facile a stabilirsi, poiché tutti possiamo rilevare il rapporto esistente fra conoscenza logico-matematica e i vari concetti che emergono dalla lettura e dalla grammatica delle dita, come ad esempio: lungo/corto, piccolo/grande, piccolo di più lungo/di aperto/chiuso, su/giù, il loro numero e tutto il linguaggio gestuale rappresentato da un codice cinesico, perciò con valore di « segno», ad esempio da forma e direzione. L’agnosia digitale certamente non è possibile vincerla solo per mezzo di esercizi di affinamento della sensibilità discriminativa, della sensibilità termica o barica, o con l’uso di toccamenti di uno smeriglio più o meno sottile, o con esercizi di indipendenza delle dita, di pressione o di prensione, anche se per far questo scomodiamo le tecniche Brauner e Thea Bugnet, non ancora sufficientemente conosciute. Una qualche abilità può essere incoraggiata con esperienze di avvitatura, infilatura, scelta di collocamento di …. e altri giochi indicati da Pesci per, favorire ulteriormente l’abilità nei movi­menti fini delle dita e delle mani (G. Pesci e coll., I giochi del triangolo, OMEGA, Torino 1982), ma senza grosse pretese di successo nei confronti della agnosia digitale. Questa infatti dovrà essere affrontata stabilendo pre-giudizialmente un rapporto con il soggetto, ca­pace di assicurare motivazione e interesse perché ne possa seguire una durata e quindi un buon indice di faticabilità e stabilità di at­tenzione, a cui seguiranno esperienze di organizzazione percettiva, tonico-muscolare e cinesica, una educazione che si può attuare per mezzo di vissuti psico-affettivo-emozionali che sorgono dallo stare assieme, dal contatto fisico (carezze, pugni, colpi a mani aperte) ed in particolare sviluppando il rapporto tra il tatto e la conoscenza del sé corporeo nell’or­dine di questi segmenti per mezzo di rotazio­ni, alzata/caduta, vibrazioni, massaggio e automassaggio per sfioramento, compressione, impastamento, ecc. (per un approfondimento cfr. G. Pesci, Tatto e tattilità, sta in Rieducazione e Terapia, Bulzoni, Roma 1982) contemporaneamente ad ausili (musica e colore) là dove è possibile, per l’abbattimento degli sta­ti tensivi che, se presenti, potrebbero rallen­tare il processo di recupero.

I temi di approfondimento e di integrazione alle metodiche di apprendimento logico-matematico sarebbero tanti, ma, nell’impossibilità di soddisfarli tutti, mi pare opportuno, prima di chiudere questa rassegna, accennare all’opportunità di sviluppare nel discalculico il linguaggio gestuale e posturale poiché, per dirla con il Lapierre-Aucouturier “ordine e struttura sono anche conseguenza del gesto, della azione; è il gesto che raduna, che sepa­ra, che allinea, che sceglie, che classifica e organizza gli oggetti mobili, o che esso stes­so si organizza in rapporto agli oggetti immo­bili, con questa dialettica costante, tra la crea­zione di strutture a partire dal corpo e l’integrazione del corpo in questa struttura create”. Ma perché il linguaggio gestuale si alimenti di un nutrito vocabolario e dia modo al sog­getto di porsi dialetticamente con l’ambiente è necessario garantire ampie abilità espressivo-comunicative e ciò significa liberare il cor­po da ogni impaccio motorio, da ogni gestualizzazione impropria o inibita, da ogni difficol­tà che condizioni il significato del movimen­to, garanzie che possono essere raggiunte seguendo i suggerimenti del Bucher, Le Boulch, Lunay e Gueritte, ecc., ed, ancor più fa­cendo partecipe il soggetto di vissuti appercettivo-corporei che si basano su esercizi re­spiratori, come dimostrato da Pesci e dalla tecnica Rebirthing (una tecnica ancora, pur­troppo, poco conosciuta da noi) che consiste in una respirazione forzata attraverso la boc­ca aperta e rilassata mentre il soggetto è coricato, e da stimolazioni di toccamento, di manipolazione del corpo. È veramente impos­sibile non mettere in primo piano l’importan­za del corpo nello sviluppo del pensiero lo­gico. In base alla conoscenza che il bambino acquisisce dal proprio corpo, in rapporto an­che al suo asse, stabilisce delle relazioni con gli oggetti e diviene punto di partenza del pensiero spaziale e delle operazioni logico-matematiche. È pertanto partendo da questi presupposti che abbiamo ragione di interve­nire a livello di presa di coscienza del sé corporeo, dei suoi rapporti spaziali fondamentali, e questo può avvenire per mezzo di una occasione sistematicamente predisposta, co­me dice il Berges, per permettere lo scatu­rire di una autentica rappresentazione menta­le di sé, la quale costituisce il substrato del­la organizzazione dello spazio circostante esterno, ed anche della sua azione svolta nel tempo. Per questo quindi è sulla categoria dello spazio e del tempo, vissuti in primo luogo su di sé, sulle cose, sugli oggetti che costituiscono il mondo esterno, che occorre intervenire prioritariamente. La carenza nella elaborazione della realtà in termini logico-matematici è rappresentata da un aspetto con­seguente alle disarmonie o disturbi in campo propriocettivo e cinetico o di mancata autoaccettazione. Sappiamo che il gesto e ogni altra espressione e comunicazione del corpo può essere inibita non solo per scarsa organizza­zione psicocinetica e scarsa abilità appercettiva, ma anche e spesso contemporaneamen­te da alterazioni dell’equilibrio emotivo e di adattamento, da tratti comportamentali che frequentemente si associano. I sintomi sono costituiti da iper o ipoattività, breve attentività, impulsività, labilità emotiva, limitata tolleranza alle frustrazioni. Sono bambini che si distraggono facilmente anche a causa di sti­molazioni insignificanti presenti in aula, che divengono aggressivi e nervosi anche per mi­nime provocazioni. Di fronte a questo quadro nosografico, il cui primo riflesso si vuole ve­dere proiettato sui disordini presenti nel discalculico, non si può certo individuare un metodo unico e specifico; di volta in volta saranno necessarie, invece, tecniche oppor­tuno che rendano eclettico il tipo di interven­to e che rispondano alle esigenze di garanzia di attività piacevoli e riportino il bambino ad uno stato di assenza di tensioni e ad una rea­le e armonica salute e libertà dei corpo. Le modalità di intervento che associo qui di se­guito al fine di eliminare gli elementi turbativi dell’apprendimento logico-matematico, pos­sono apparire agli insegnanti assai lontane e inaccessibili e di competenza esclusiva di esperti, ma non è così; pur ammettendo che non sono ammissibili facili dilettantismi riten­go che gli insegnanti debbano far proprie que­ste conoscenze e abilità, se vogliamo che sia­no resi capaci di garantire gli apprendimenti anche in soggetti che si mostrano in difficol­tà e che perciò hanno b[sogno di educazione.

Si sa che l’equilibrio emotivo, il controllo del­le emozioni e l’adattamento, possono miglio­rare attraverso la conversazione, lo scambio di comunicazioni, manifestando al soggetto la nostra accettazione per ciò che è, interessandosi genuinamente a lui nonostante i limiti che manifesta, aumentando così il senso di autostima, un appoggio al soggetto capace di contribuire a vincere la sua insufficienza, che non è da considerarsi fuori dall’impegno edu­cativo. Un modello di intervento questo estre­mamente utile, ma non è il solo; un altro tipo di aiuto, capace di incidere sul soggetto fi­no a migliorare in lui il concetto di sé, con­trollare gli impulsi, raggiungere una maturazione personale e facilitare le interazioni so­ciali, si ritrova nell’educazione che si basa sulla musica, sulla danza, e sulla espressione pitto-grafo-figurativa. Metodi educativi questi che, se condotti riducendo ai massimo l’inge­renza critica e ponendo al contrario in risalto spontaneità e tratti caratteristici individuali, non mancheranno di cogliere graditi obiettivi. Per questo progetto non difettano tecniche ap­propriate ed approfondite, basti pensare a Ludins-Katz, alla Martenot, alla Denner, a Tysori, Weigl, Alvin, ecc. Anche dal massaggio e dal Body Worck, che dovrebbero divenire una pratica educativa assai più diffusa, pos­siamo trovare ampie conferme, poiché capaci di abbattere la rigidezza, la disarmonia, la maldestrezza e perciò di dare soddisfacenti ri­sposte alle tensioni muscolari e ai problemi connessi, raggiungere una reale e armonica salute e libertà del corpo, vincere ogni limi­tazione alla gioia e al piacere nell’espressione e ai vivere logico-matematico. Eccoci quin­di alla tecnica prediletta, anche dal Berges, per affrontare i disturbi del discalculico: il rilassamento. Un rilassamento che, ovviamente, sarà verbalizzato o meno a seconda dell’ abilita del soggetto a seguire gli inviti verbali, ottenere una rappresentazione immagi­naria del rilassamento stesso o seguire suggerimenti suggestionali. Essendo tuttavia, quelli a cui ci riferiamo, soggetti in età dello obbligo scolastico, peculiarmente entro l’arco elementare, il rilassamento dovrà essere gui­dato particolarmente da stimoli tattili, dal con­tatto dell’educatore. I movimenti saranno pas­sivi, combinati anche da esperienze contrattive e decontrattive, guidati da inviti verbali con l’ausilio, se possibile, di imaginerie menta­le e psico-favole. Si tratta di fare vivere ai soggetto uno stato di distensione, di entrare in comunione con il proprio corpo, di riequilibrare il tono muscolare, di riadattare i pro­pri movimenti fino a renderli capaci di atti e atteggiamenti adeguati, di “sentirsi respira­re” e quindi di regolare e controllare fin pro­prio ritmo respiratorio, di raggiungere una concentrazione mentale, creare nel bambino un equilibrio delle forze nervoso e fisiche, di risolvere i suoi conflitti e liberarlo dalle sue inibizioni (ogni anno l’ASSIO propone corsi sulle tecniche di rilassamento, organizzati dalla Sede centrale e dalle sedi periferiche). Lo psico-contatto, l‘ultima tecnica su cui in­tendo soffermarmi, convinto che sulla scia di queste indicazioni il soggette discalculico sia reso abile in tempi sempre più brevi, è una tecnica che si pone come fine il trovare ac­cordo tra completezza emotiva e completezza fisica e di rispondere alla esigenza di supe­rare i confini dell’esercizio corporeo o della ristrutturazione fisica sistematica da quella emotivo-affettiva-socio-relazionale. Lo psico-contatto è una tecnica capace di offrire infor­mazioni e strutturare modelli, costruire corri­spondenze biunivoche fra tempo e spazio, fra forza ed azione, fra idea e realizzazione, cogliere vibrazioni, studiare i messaggi e i mez­zi di comunicazione relativi ad essi. Lo psico-contatto pertanto incontra, in rapporto a que­sto disordine, l’impiego di tecniche assai va­rie, finalizzato al potenziamento della espan­sività toracica, ai controllo dei modi perturbati di respirazione, alla conoscenza dei ritmi e frequenze respiratorie, ai vissuti propriocettivi, cinesici e cinetici, al superamento dell’ autoinsufficienza, degli stati tensivi ed ansio-geni, al raggiungimento quindi di effetti normalizzatori (G. Pesci, PSlCO-CON-TATTO, in pubblicazione).

Di fronte al discalculico e alla educazione complessa che si aspetta, il ruolo professio­nale dell’insegnante non può essere sempli­cemente quello tradizionale, a questo deve aggiungersi una consapevolezza psicopedagogica capace di articolarsi su metodologie par­ticolarmente efficienti per affrontare ogni di­sarmonia, esercitate nell’intento di una rea­lizzazione socio-psicologica e pedagogica, una dinamica pedagogico-sociale garanzia di nuo­vi elementi capaci di una reazione della per­sonalità al deficit.

Da Rivista L’insegnante specializzato 3/85

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[1] A 3 anni i movimenti saccadici esplorano prevalentemente il centro della figura geometrica; a 4 anni de­dicano più tempo nell’esplorazione saccadica dei margini; a 5 anni i saccadi delineano tutto il contorno della figura. Successivamente l’esplorazione è costitui­ta da una rapida occhiata. (Zaporozhets 1965)

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