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GUIDO PESCI

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Con questo lavoro non ho la pretesa di esporre enunciati originali ma nell’intento di chia­rire il problema posto dalla discalculia, è mia intenzione di apportare un contributo avvalendomi di varie teorie, esperienze cliniche, differenti tecniche e metodologie.

La nota di originalità del saggio può decretarla solo il lettore. Le distinzioni fatte finora sul termine discalculia seno molte, quasi a volere evidenziare uno sconcerto intorno a questo disturbo del­l’ apprendimento.

Si leggono dichiarate differenze esistenti fra disturbo della maturazione delle capacità ma­tematiche discalculia di sviluppo o “vraje”), disturbi del livello globale (acalculia: com­pleta incapacità, oligocalculia: diminuzione di tutte le capacità matematiche, paracalculia: che si riscontra spesso nella malattia mentale), deficit per carenze ambientali e di­sarmonie della personalità (pseudo-discalculia, pseudo-acalculia, pseudo-oligalculia); una sequela di distinguo assai importanti che, tuttavia, stanno solo a rappresentare un certo numero di parti dell’unità che si ritrova nel termine discalculia. Un termine usato dagli operatori per indicare qualunque disabilità ad apprendere il linguaggio matematico e quindi i principi del ragionare, del numero, della mi­sura, dello spazio, del tempo, della precisio­ne, della certezza.

Nell’affrontare la problematica offerta dai di­sturbi connessi alla discalculia intenderei fa­re chiarezza ed offrire stimoli per superare la carenza editoriale su questo importante aspetto.

La irreperibilità di testi sui disturbi dell’apprendimento del calcolo è infatti inversamente proporzionale alla facile reperibilità di te­sti ad esempio sulla dislessia. Una diversa valutazione di due importanti aspetti dell’apprendimento che non è più accettabile. Quan­to veniva denunziato fino a qualche tempo fa per dare ragione a questo comportamento: penuria di dati sperimentali, carenti cono­scenze tecnico-metodologiche, sono state colmate; nè è più possibile accettare che la in­capacità matematica sia considerata meno in­validante dal punto di vista sociale rispetto all’incapacità di leggere e di scrivere. Con­tinuare a dire che è meno invalidante starebbe del resto semplicemente a dimostrare la povertà, la miseria nella formazione di chi lo afferma. Non si tratta infatti di misurare la matematica con l’apprendere il meccani­smo delle operazioni o con il sapere fare conti, o sulla base dei risultati utilitaristici dogmatici dettati dall’era dei computers. L’apprendimento matematico trascende i risultati utilitaristici non è un ramo secco degli apprendimenti, è l’albero, è una grammatica che si compone di ortografia, ortopedia, morfolo­gia e sintassi, di strutture, di parti, che tro­vano humus dall’intera esperienza di vita e non già in un particolare stadio di sviluppo, o il] meccanismi apprenditivi raggiunti con spiegazioni ed esercitazioni didattiche. Chi insiste a diversificare, sezionare, disattendere l’unità psico-fisica crede forse ancora che per imparare la matematica occorra una pre­disposizione personale. Di un soggetto si di­ce che: mostrati alcuni oggetti non si ha ri­sposta verbale sul numero corrispondente, che non riesce a leggere i simboli matematici compresi i segni operazionali, che dettati alcuni numeri si mostra incapace di scriverli, che in una carente comprensione dei con­cetti e delle relazioni matematiche, che tra­lascia l’analisi preliminare delle condizioni dei problemi, che ha difficoltà di fissazione dei numeri, di organizzazione e di procedimento. Una serie di parziali specificazioni ca­paci solo di spiegare che il soggetto non ha raggiunto quelle conoscenze e quelle abilità assegnate e fissate in tappe ed obiettivi ri­gidi e quindi non definiti sulla base di capaci­tà psicologiche personali in funzione di una progressione articolata sugli sviluppi della scolarità; sono pertanto dichiarazioni che stanno solo ad evidenziare un semplice ca­rattere denotativo e non già una informazio­ne sulla patologia inibente le capacità mate­matiche.

La patologia del discalculico peraltro non si presenta come sintomo isolato, bensì come sintomatologia complessa che sottolinea i rapporti di interdipendenza esistenti fra il ragionamento matematico e il pensiero nel suo insieme. Per questo un esame di dépistage del discalculico si impone complesso, un esame che va al di là dell’evoluzione genetica del calcolo e delle operazioni che il bambino può realizzare per raggiungere quel­l’effetto dinamico di elaborazione e di esperienzialità affatto circoscritte alle funzioni numeriche.

La discalculia è assai spesso una difficoltà composita da disturbi e cause diverse con ampio margine di variabilità tra un soggetto e l’altro, in evidente rispetto alla complessa natura delle operazioni che entrano nelle at­tività di calcolo.

Lo screening, se seriamente condotto, deve offrire perciò la possibilità di individuare nel discalculico l’insistenza di difficoltà gnosiche l’agnosia digitale, disorientamento destra/si­nistra, orientamento spaziale, lateralità, orientamento temporale, conoscenza visiva e suoi disturbi percettivi o associativi, di orientamento visivo, astereognosia o disturbi del ri­conoscimento tattile e propriocettivo, e si potrebbe continuare), che lo riassumono come soggetto che va difficilmente identificata la regola di corrispondenza esistente tra signi­ficante e significato e perciò incapace di conoscere con sicurezza i segni numerici (come quelli alfabetici), cola compromissione nella impostazione delle operazioni matemati­che. Un soggetto che può, inoltre, presentar­si a noi con estrema difficoltà a riconoscere e memorizzare sequenze e ritmi e quindi la successione dei numeri e le “tabelline”, ed avere carenza di vissuti propriocettivi con ri­schi per la presa di coscienza di sé e rifiuto di ogni regola.

Come per le gnosie anche l’analisi delle disprassie deve essere analiticamente condot­ta, si tratta di dare risposte sulle disprassie costruttive, sulla impersistenza motoria, sul­la abilità nell’abbigliamento, sulla difficoltà nella coordinazione dei movimenti bilaterali, sui disturbi nell’organizzazione dello schema corporeo, sulla disabilità nella rappresenta­zione dei movimenti nello spazio, sugli aspet­ti ideomotori, sulle sincinesie, ecc. Una ana­lisi in]posta poiché anche le disprassie occu­pano in ampia misura i disturbi del pensiero matematico e stanno a significare ampi danneggiamenti sia nella discalculia spaziale che nell’anaritmetria (difficoltà di calcolo in se), nella lettura e nella scrittura dei numeri.

Alle gnosie e prassie si possono aggiungere quali naturali cause della patologia del discalculico, l’instabilità, la scarsa attenzione, la faticabilità, i disturbi del linguaggio, il ritardo mentale, le disarmonie della personalità, il pauperismo socio-culturale.

Tanti disturbi e loro casualità che in]pongo­no una precisa definizione, non certo per stabilire se la discalculia è vera o apparente, dato che è essa stessa all’origine dell’allar­me, ma per poter individuare e quindi co­noscere ogni difficoltà e disarmonie presenti, capaci di rendere il soggetto insicuro o di­sadatto in tale apprendimento. Una osserva­zione sistematica permetterà di individuare aspetti caratterizzanti il processo maturativo del discalculico e di procedere, successivamente, con ipotesi di intervento capaci di fa­vorire l’armonico sviluppo, prevenire ulterio­ri eterocronie e svantaggi e far fronte a stati di fatto e situazioni emarginanti. Nell’intento di raggiungere tutto ciò che ha impedito abilità e conoscenze, l’indagine de­ve iniziare con il tener conto dell’evoluzione della conoscenza dei numero, della capacità operazionale e di ogni causa inficiante la fun­zione numerica.

L’evoluzione della conoscenza dei numero ci viene offerta da Descoudre e Decroly i quali indicano che la progressione delle prime no­zioni di numero è raggiunta nel modo se­guente:

– a 3 anni nozione del due

– a 4 anni nozione dei tre

– a 5 anni nozione del quattro

– verso i cinque anni e mezzo/ 6 anni nozione del sette-otto

– verso i 6 anni/6 anni e mezzo nozione del 14- 15

– oltre tale età il numero evolve rapidamente.

Indicazioni sulla evoluzione della conoscenza del numero ci pervengono anche da Gréco il quale tuttavia stabilisce che per esempio alla età di 6 anni la serie delle cifre da 1 a 7 è acquisita con la possibilità di iterazione, ma i numeri superiori al 7 pur conosciuti non sono ancora realmente assimilati nel loro va­lore e componente aritmetica e la iterazione non è stata ancora incorporata.

Per quel che concerne lo sviluppo nella ca­pacità operazionale abbiamo il contributo non indifferente di Piaget, Gréco e Papert. Essi ci offrono una serie di indicazioni estremamente utili per un esame di dépistage poiché con le loro indicazioni permettono di valutare vello di abilità operazionale raggiunto dal soggetto in quel momento. Da questi autori è stabilito che:

-prima dei 6 anni esiste un livello prepara­torio concreto (fino a 5 anni le operazioni che il bambino può realizzare sono fatte concretamente con l’aiuto di un interme­diario reale e con il movimento del contare; l’enumerazione si realizza per l’effetto dell’intermediario del termine corrispondente e il movimento iterativo gioca un ruolo importante nella organizzazione de­gli schemi di azione operativa; in partico­lare Papert e Gréco affermano che le ope­razioni realizzate sui numero si possono fare grazie all’aiuto concreto del movimen­to e con il supporto di oggetti reali, ciascun in oggetto, affermano, serve da campio­ne di una unità).

 

– verso i 6 anni/6 anni e mezzo, appaiono l’interiorizzazione e l’astrazione delle pri­me cifre.

– a partire da questo momento il bambino non ha il bisogno del supporto concreto del movimento, né di oggetti reali per rea­lizzare le operazioni sui numeri. All’inizio queste operazioni astratte sono possibili sui primi numeri fino a 5 o 6 e successivamente l’astrazione raggiunge il livello di 14-15 per arrivare verso i 7 anni al nume­ro 20.

L’evoluzione genetico dei calcolo e delle operazioni che il bambino può realizzare datano tappe evolutive codificate, perciò queste, durante la screening, dovranno es­sere tenute ben presenti anche se è ne­cessario considerarle come riferimenti non rigidi. Questo suggerimento del resto ci viene offerto dagli stessi Autori i quali dimostrano notevole elasticità nel datare la cronologia degli avvenimenti.

Per l’esame di dépistage è stato fin qui dunque chiarito che prima dei sei anni esi­ste un livello preparatorio concreto e che fino a questa età le operazioni sono rea­lizzate con l’aiuto di un intermediario rea­le e con il movimento del contare che gio­ca un ruolo importante nella organizzazio­ne degli schemi di azione operatoria. Ciò posto l’esame deve rilevare se il sogget­to con davanti a se 5 o 6 oggetti li conta facendo corrispondere a ciascun oggetto il numero (che in tal caso serve da cam­pione di una unità) e se fa piccole opera­zioni pur utilizzando il supporto delle dita e il movimento del contare. Successiva-mente il bambino entro il numero sei può dimostrare di avere superato il livello concreto; appare così l’interiorizzazione e la astrazione anche se ancora per fare ope­razioni fino al 14-15 può avere necessità di servirsi di oggetti concreti e di movi­menti iterativi. A partire da questo momento il bambino non ha più bisogno del supporto concreto del movimento né di oggetti reali per realizzare le operazioni sui numeri e l’astrazione, gradualmente, può arrivare, verso i sette anni, al numero venti.

Oltre questi aspetti evolutivi l’esame di dépistage deva necessariamente soffermarsi sulle difficoltà specifiche del calco­lo legate alle operazioni e in tal caso no necessarie delle prove che mettono evidenza le difficoltà a manipolare, i valori ordinali e cardinali dei numeri (prove di seriazione, di grandezza, di corrisponden­za, di ripartizione in quantità uguali), le difficoltà di fare operazioni di misurazione di lunghezza, di superficie e di volume; tutte nozioni di invarianza sulle quantità continue che si sviluppano più tardi rispetto alle quan­tità discontinue di numeri e alle collezioni di oggetti.

Ai fini concreti di un dépistage, oltre a que­sto esame delle funzioni numeriche, è impor­tante far seguire una indagine, per conoscere tutto ciò che ha impedito il raggiungimento di abilità e conoscenze e per questo è indi­spensabile un modo di procedere complesso, non affidato all’empirismo e allo spontaneismo, che permetta di chiarire e valutare potenzialità gnosico-prassiche, caratteristiche psico-fisiche, sviluppo affettivo, stile comportamentale, struttura di personalità e capacità potenziali.

Schema per l’esame di dépistage

 

Esame delle funzioni numeriche

– Esame del livello mentale:

  1. a) W1SC (verbale e di performance), un test che vuol fornire indicazioni sulle potenzialità intellettive e delineare un preciso profilo di rendimento di sog­getti da 5 a 16 anni, facendo astrazio­ne da condizioni culturali.
  2. b) Terman-Merril, test capace di evidenziare numerose caratteristiche dell’intelligenza tra cui il ragionamento ma­tematico e di memoria delle cifre.
  3. c) N.E.M.I., test che tende a fornire indicazioni sulla capacità di memorizzazione, logica e di orientamento spaziale.

– Esame per mezzo di prove strumentali:

  1. a) Figura complessa del Rey (copia e moria), capace di accertare il livello di sviluppo gnosico-prassico e quindi di organizzazione percettiva, visuo-motoria e di attenzione e ritenzione a breve termine.
  2. b) Bender-Test, indicato per cogliere la dif­ficoltà ad organizzare le differenti par­ti del disegno nello spazio e quindi la difficoltà visuo-motoria, senso-percetti-va ed emotivo-relazionale. Questi aspet­ti possono essere approfonditi e veri-ficati con il test di sviluppo della perce­zione visiva del Frostig e I test del Benton.

– Esame dello sviluppo affettivo:

  1. a) C.A.T., utile per esaminare la situazione affettiva ed emotivo-relazionale del bambino. L’indagine sullo sviluppo affettivo, i conflitti personali e familia­ri, le caratteristiche intellettive nei loro rapporti con i profili di personalità, può essere approfondita per mezzo del Baum-test, del test della figura umana del Goodenough, del T.S.A. o test di scelta di alberi, Duss, Patte-noire, ecc.
  2. b) La valutazione della maturazione affet­tiva può essere arricchita dai seguenti dati anamnestici:

Nella relazione con i coetanei è ( ) sincero, ( ) falso, ( ) aggressivo, ( ) remissivo

Ha amici della sua età (SI) [NO), più piccoli? (SI) (NO)

Accetta tutti i compagni di gioco? (SI) (NO), è accettato da tutti? (SI) (NO).

Relazione con i coetanei durante il gio­co: ( ) gareggia con gli altri, ( ) fa pro­poste di gioco,  ( ) è passivo,  ( ) tende ad isolarsi

Nella relazione con adulti sconosciuti è  ( ) affettuoso, ( ) espansivo, ( ) si avvicina spontaneamente

Reazioni a rumori, voci, colpi improv­visi, oscurità, animali, cose…

Reazioni di fronte ad avvenimenti: ca­duta di un amico, decesso di un ani­male caro, cambiamento di ambiente…

Manifestazioni somatiche: pallore, ros­sore, sudorazione, tremore, tachicardia, disturbi gastro-intestinali…

Instabilità: ( ) labilità di interessi,( ) labilità di attenzione, ( ) teso, ( ) ir­ritabile, ( ) di facile stancabilità, ( ) apatico, ( ) mobilità eccessiva, ( ) chiacchierio abituale, altre…

Inibizione:

se interrogato risponde: ( ) disin­volto, ( ) impacciato, ( ) non risponde

nei movimenti è ( ) disinvolto, ( ) im­pacciato

– rifugge ogni approccio con il mondo ( )

– è ( ) taciturno,  ( ) parla a voce bassa, ( ) saluta i vicini, ( ) por­ge la mano agli estranei, ( ) par­lando guarda chi ha davanti a se ( )

Altre manifestazioni: piacere ( ) pian­to ( ), bizza ( )

Atteggiamento di fronte all’alimentazione…

Atteggiamento di fronte al contatto fisico…

Controllo sfinterico…

Esame obiettivo:

  1. a) percezione
  2. b) associazione, astrazione e simbolizzazione
  3. c) motricità digitale, prove di Cernak e di Galifret-Granjon
  4. d) conoscenza del corpo e) equilibrio statico e dinamico
  5. f) sincinesie
  6. g) schema corporeo
  7. h) lateralizzazione
  8. i) capacità percettivo-motoria
  9. l) orientamento destra/sinistra, prove di Galifret-Granjon
  10. m) organizzazione e strutturazione dello spazio
  11. n) ritmo, prove di M. Stambak
  12. o) disturbi di linguaggio
  13. p) organizzazione respiratoria
  14. q) tensione neuro-muscolare
  15. r) attenzione
  16. s) faticabilità
  17. t) grafia
  18. u) decodificazione simbolica

Per un approfondimento cfr. G. Pesci, Handi-cappati (Sapere osservare per conoscere e operare correttamente), Bulzoni, Roma 1982

Cause e disarmonie

La necessità di una fatta indagine sta a te­stimoniare che la complessa natura delle ope­razioni richieste dal calcolo fa appello ad un notevole numero di abilità e di processi mentali e che la discalculia altro non può essere che un disturbo assai composito e con un ampio margine di variabilità tra soggetto e soggetto, oltre a confermare il rapporto di interdipendenza fra il ragionamento matema­tico e il pensiero nel suo insieme.

Alla base dei disturbo dell’apprendimento dei calcolo è così poco frequente una sola causa che ogni definizione della discalculia che si attesti sudi un aspetto monoideistico non può essere che superficiale o incompleta. Esempi di definizioni così limitate ci vengo­no offerte da Gerstmann (1957) che definisce la discalculia come una “incapacità isolata di svolgere operazioni aritmetiche semplici o complesse e un’insufficiente capacità di orien-tamento nella sequenza dei numeri e nelle loro frazioni”, o Bakwin (1960) “la difficoltà a contare”, o, ancora, Cohn (1968) che la definisce “una incapacità di riconoscere i nu­meri e di usarli in una cultura avanzata”. Atra definizione, più articolata e disposta in ri­ferimento al danno esistente ed insistente nel soggetto, ci viene offerta da Kosc (1974) il quale la ritiene “un disturbo genetico o congenito di quelle parti del cervello che sono il diretto substrato anatomo-fisiologico della maturazione adeguata all’età delle capacità matematiche, in assenza di alterazioni delle funzioni mentali globali”. Distinzioni cliniche queste che fissano dei riferimenti e perciò rischiando di inibire indagini più complesse ed articolate idonee a tradurre i dati oggettivi desunti in suggerimenti operativi.

Oltre alle definizioni fin qui evidenziate, sono da aggiungere le definizioni composte sulla base questa volta di quanto è emerso da in­dagini sistematiche, abbiamo così distinzioni fra discalculia verbale, prattognosica, lessica­le, grafica, ideognosica e operazionale, con l’evidente intento di dichiarare un ordine discalculico per ogni tipo di causa individuata, il che finisce con il creare delle vere e pro­prie bizzarrie. La discalculia verbale viene di­stinta in discalculia sensorio-verbale e motorio-verbale, seguendo questo indirizzo si avranno distinzioni della disprassicalculia, della disgnosicalculia, della disritmocalculia? Tutto questo è solo testimone di una volontà a decifrare il danno o il disorientamento sulla base di un solo ordine causale, quella causa isolata che è troppo infrequente per darci ragione ad ideare queste alchimie verbali. Dai teorici delle definizioni attendiamo decifrazioni utili per un intervento di recupero che so­lo può esserci offerto attraverso una diagno­si capace di garantire ampie e specifiche ri­sposte. Il grado e il tipo di disordini presen­ti nel soggetto e le cause che li hanno pro­mossi e li sostengono. Solo dalla presa di co­scienza e conoscenza delle difficoltà e delle disarmonie è possibile formulare una ipote­si di intervento operativo sia esso preventi­vo, educativo finalizzato, rieducativo o psicoterapico, teso, comunque, ad emendare le dif­ficoltà che frenano le abilità al calcolo tenuto conto dell’unità psicofisica e socio-relazionale-affettiva del soggetto e non di un aspetto particolare di questo. È dalla complessità del­la elaborazione teorica e degli strumenti diagnostici adatti che si conseguono principi e conoscenze indispensabili per orientare sull’ ipotesi di intervento operativo ponderatamente assunto, fino a renderlo attendibile ed ef­ficace e raggiungere quel momento significa­tivo, necessario e doveroso dell’intervento di recupero, tutt’altro che appendice per quanti sono protagonisti della discalculia.

Da Rivista L’insegnante specializzato 1/85

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