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ANGELO PENNELLA

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Sempre più in questi anni ci si è resi conto che l’at­tività educativa e didattica non può essere studiata analizzando esclusivamente le caratteristiche per­sonali e professionali dell’insegnante. Questo, lun­gi dallo svalutare l’importanza e le responsabilità connesse al ruolo docente, tende piuttosto ad allargare la prospettiva di analisi alle caratteristiche dell’allievo e della classe con cui l’insegnante si tro­va ad operare. Appare però evidente che, non ap­pena ci si colloca all’interno di questa ottica, risulta inevitabile considerare l’attività educativa e didatti­ca come una lunga serie di interazioni insegnante-allievo/gruppo. Il docente, in altre parole, esplica la propria azione educativa e didattica nell’ambi­to di una relazione in cui l’altro o gli altri tendono a determinare in qualche modo non solo i conte­nuti ma anche (almeno in parte) le modalità comunicazionali utilizzate dall’insegnante per raggiungere gli obiettivi posti dalla programmazione.

Inquadrare l’agire educativo e didattico nell’ambi­to di una relazione (sia essa «interindividuale», co­me avviene nel caso di un rapporto individualizzato, o «intergruppale», come si ha invece nel caso di una lezione collettiva) ci consente, tuttavia, di evi­tare anche quella fittizia ed artificiosa scissione che viene spesso effettuata contrapponendo da un la­to il processo di insegnamento e dall’altro quello del­l’apprendimento, come se poi il primo possa essere studiato prescindendo dai risultati che con esso si ottengono. In modo più corretto si può infatti par­lare di un processo di «insegnamento-apprendimento », processo che si svolge appunto nell’ambito di una relazione interpersonale ed in cui solo superficialmente i due concetti possono esse­re attribuiti rispettivamente il primo al docente ed il secondo all’allievo[1]. Detto questo risulta impor­tante sottolineare però anche il fatto che la relazio­ne di cui stiamo parlando si sviluppa non solo su di un piano razionale e cognitivo ma anche e con­temporaneamente su di un importante piano emo­tivo ed affettivo. La relazione interpersonale insegnante-allievo possiede infatti certamente una importanza ed una rilevanza tali da poter essere considerata a pieno titolo come una vera e propria relazione primaria [2]

Il processo di « insegnamento-apprendimento » si attua quindi all’interno di una relazione complessa in cui posseggono una notevole importanza non so­lo le determinanti cognitive, razionali, consce di cui tanto il docente quanto gli allievi sono portatori ma anche quelle emotive, affettive ed inconsce.

Ma oltre a questo è evidente anche il fatto che la realtà della classe non può essere letta esclusiva­mente all’interno della relazione insegnante-allievo/i: un ulteriore ed importante elemento che determina la realtà psicologica della classe è costituito infatti dalle specifiche relazioni che intercorrono nel grup­po degli alunni. L’importanza educativa e didattica anche di questo secondo tipo di interazioni è tale da spingerci ad affermare che la qualità e la quan­tità di queste interazioni possono costituire un po­tente fattore di rinforzo o di inibizione per il processo di « insegnamento-apprendimento ». Una esperienza relativamente comune degli inse­gnanti è quella di trovarsi a volte di fronte ad una classe che appare disgregata, caratterizzata da ele­vati livelli di aggressività e dove qualsiasi attività di­dattica sembra spesso produrre solo risultati minimi ed insoddisfacenti. E questa la classica situazione in cui la professionalità del docente è messa a du­ra prova dalle caratteristiche intrinseche dell’altro polo della relazione educativa: il gruppo-classe.

Senza andare a situazione estreme, pur tuttavia pre­senti nella realtà dell’insegnante, ci sembra però evi­dente che il docente, dovrà sempre, in qualche modo, considerare le caratteristiche di quel particolare insieme di individui che compongono la clas­se. In questo gruppo, costruito artificialmente per esigenze istituzionali, ogni allievo da un lato « è in una situazione di forte dipendenza nei confronti del­l’insegnante, rispetto al quale aspira ad avere rap­porti privilegiati»[3], dall’altro è però anche continuamente impegnato ad elaborare soddisfa­centi modalità relazionali con i propri coetanei. Rap­porti di simpatia, affetto, collaborazione ma anche di antipatia, ostilità e competitività si organizzano dunque all’interno della classe non solo in risposta alle particolari modalità di conduzione attuate dal docente ed alle specifiche attività da svolgere (una cosa è evidentemente l’effettuazione di un compi­to in classe, un’altra l’organizzazione di una gara di atletica leggera), ma anche in seguito alle carat­teristiche di personalità degli allievi ed alle loro pre­cedenti esperienze di vita.

Senza approfondire ulteriormente la questione (co­sa che richiederebbe certamente molto più dello spazio di un articolo), ci soffermeremo invece, me si diceva, sulla necessità del docente di considerare le principali caratteristiche del gruppo-classe, proprio in considerazione del fatto che quest’ultimo costituisce l’altro polo della relazione educativa e didattica. Per questo compito l’insegnante ha la possibilità di utilizzare varie opzioni: potrebbe condur­re, ad esempio, una accurata osservazione sistematica del comportamento attuato dagli allievi nelle varie situazioni che caratterizzano la vita scolastica. Questa strada, pur vantaggiosa per la notevole quantità di informazioni e di spunti operativi che può fornire al docente, presenta tuttavia il limite di richie­dere all’insegnante un impegno continuativo ed una attenta analisi delle osservazioni effettuate. Una seconda opzione, particolarmente efficace qualora si voglia «fissare» la situazione relazionale del gruppo-classe, è costituita dalla sociometria di J.L. Moreno [4]

Il test sociometrico

Mentre con l’osservazione le informazioni concernenti le relazioni interpersonali esistenti nel gruppo vengono raccolte direttamente dal docente grazie, ad esempio, ad un sistema di categorie, con la sociometria non si fa invece altro che intervistare gli allievi sulle interazioni che intrattengono (o vorrebbero intrattenere) coni compagni di classe. Un in­dubbio vantaggio di questa seconda possibilità è certamente rappresentato dalla sua notevole rapi­dità (cosa che non deve pero indurre l’insegnante ad utilizzare in modo acritico questa particolare tecnica).

In sostanza la sociometria, che rappresentava per Moreno una disciplina scientifica avente «come oggetto lo studio matematico delle proprietà psi­cologiche dei gruppi», si basa sulla somministrazione e sulla successiva elaborazione di un « test sociometrico »: questo test altro non è che un que­stionario dove vengono proposte una o più doman­de e dove gli alunni esprimono le loro preferenze nei confronti dei compagni. E tuttavia bene preci­sare, prima di proseguire nel nostro discorso, che il termine « test » non è utilizzato in questa sede nella sua stretta accezione psicometrica[5] , in quanto non indica uno strumento precostituito che l’insegnan­te può utilizzare immediatamente. Il questionario sociometrico, al contrario, deve essere costruito di volta in volta dal docente sulla base delle sue spe­cifiche e momentanee esigenze [6].

Se quindi lo strumento principale della tecnica sociometrica è rappresentato da un questionario (definito « test sociometrico ») che l’insegnante deve costruire ad hoc per la classe, notevole importan­za renderanno dunque ad assumere i quesiti che in esso vengono proposti ai ragazzi. Da questo pun­to di vista è innanzitutto necessario sottolineare il fatto che le domande dovranno sempre far riferi­mento esclusivamente a situazioni concrete diret­tamente connesse alla realtà in cui gli allievi sono inseriti. L’insegnante dovrà, in altri termini, appron­tare un questionario dove si chiederà agli studenti di indicare quali compagni sceglierebbero spontaneamente nelle particolari situazioni che vengono loro proposte dalle domande (basterà pensare, ad esempio, alla formazione di un gruppo di lavoro op­pure alla scelta del compagno con cui condividere il banco o la camera d’albergo nel corso di un cam­po scuola, ecc.). In effetti un questionario sociometrico non fa altro che ipotizzare delle potenziali situazioni associative, sulla base delle scelte effet­tuate dai soggetti rispondenti (gli alunni, nel caso della sociometria scolastica) si potrà ottenere una immagine delle interazioni, sia di quelle effettive che di quelle desiderate, presenti in quel momento nel­l’ambito del gruppo.

 

I criteri sociometrici

È evidente che esistono moltissime situazioni associative, esse sono però sostanzialmente riconducibili a due categorie: da un lato vi sono infatti le situazioni a carattere informale dove la scelta vie­ne basata essenzialmente su questioni di simpatia, di affetto e dove il gruppo ha una funzione più che altro ricreativa, ludica, comunque non finalizzata alla produttività (questa particolare strutturazione del gruppo è stata definita dalla Jennings[7] come psico-gruppo). Dall’altro lato vi sono, al contrario, tutte quelle situazioni formali o sociali in cui il gruppo è invece chiamato a svolgere un compito od una par­ticolare attività (questo secondo tipo di gruppo è chiamato dalla Jennings socio-gruppo ed è in qual­che modo riconducibile al gruppo di lavoro descritto da Bion[8].

Al di là dei suo aspetto apparentemente teorico, questa classificazione consente al docente di ave­re subito delle concrete indicazioni su come formu­lare le domande all’interno di un questionario sociometrico. Se infatti consideriamo questa tecni­ca, coerentemente a quanto si diceva all’inizio, co­me un modo per raccogliere informazioni sul tipo di interazioni esistenti ali’interno dei gruppo-classe, è chiaro che l’insegnante formulerà dei quesiti pro­prio su quelle aree che risultano importanti ai fini dell’interazione educativa e didattica: un esempio illustrerà forse più chiaramente il concetto.

Carlo è un bambino di 12 anni, inserito in una pri­ma media a tempo prolungato. Di corporatura robusta presenta una lieve insufficienza mentale causata da un ambiente familiare fortemente carente dal punto di vista culturale. In classe manifesta un comportamento caratterizzato da iperattività, forti oscillazioni nei livelli di attenzione, comunque bas­si, ed atti (sia pure non frequentissimi) di aggressività verbale e fisica nei confronti dei compagni che tendono a collocarlo a margine delle attività svolte dalla classe. Nonostante il ritardo complessivo ma­nifesta una certa padronanza nella sfera logico-matematica in cui ottiene risultati soddisfacenti.

Senza approfondire ulteriormente la descrizione del caso (cosa d’altra parte inutile considerando le fi­nalità dell’esempio), risulterà tuttavia evidente al lettore che l’intervento dell’insegnante potrebbe foca­lizzare, tra gli altri, almeno due aspetti: il primo identificabile nella individuazione di attività in grado di favorire il graduale aumento dei tempi di attenzio­ne di Carlo; il secondo sulla effettuazione di attività di gruppo tese a agevolare lo sviluppo di compor­tamenti maggiormente collaborativi da parte di Car­lo. Ci sembra importante sottolineare che le attività di gruppo non solo consentono di evitare una marginalizzazione dell’allievo nell’ambito della classe, ma possono fungere anche (ovviamente se condot­te nell’ambito di una leadership democratica) da sti­molo e da rinforzo peri processi di apprendimento (basterà, pensare qui all’apprendimento per imita­zione). E evidente che l’insegnante, a questo pun­to, deve porsi tutta una serie di domande: se infatti può risultare realmente utile inserire Carlo in un gruppo di lavoro-studio (un socio-gruppo, quindi), con quali altri compagni costituire il suddetto grup­po? In altre parole: quali sono i compagni che po­trebbero scegliere Carlo come componente di un socio-gruppo in cui sono coinvolti anche loro? E Carlo, quali compagni sceglierebbe per effettuare un compito od una attività scolastica?

Queste domande appaiono importanti perché è in­tuitivo il fatto che se non si costituisce un gruppo caratterizzato da un buon livello (almeno potenzia­le) di accettazione reciproca, non si potrà certo spe­rare in un suo buon funzionamento. D’altra parte ci si potrebbe porre però anche altre domande: esi­ste una differenza, in questa particolare classe, tra le scelte effettuate per un socio-gruppo e quelle per uno psico-gruppo? In altre parole, i comportamen­ti di Carlo in che modo hanno inciso a livello di simpatia-antipatia, accettazione-rifiuto, ecc? La sua aggressività, ad esempio, fino a che punto ha in­fluenzato negativamente sulle relazioni con il resto della classe?

Ci sembra chiara ora la funzione del questionario sociometrico: esso consentirà infatti all’insegnante la raccolta di quelle informazioni necessarie al fine di valutare correttamente non solo la qualità delle interazioni presenti nell’ambito del gruppo-classe ma anche la posizione che i vari allievi (tra cui Car­lo) hanno al suo interno e quali di essi potrebbero essere scelti per costituire un gruppo a cui far par­tecipare anche l’allievo in questione.

Riprendendo il filo del discorso siamo dunque di fronte ora alla necessità di formulare le domande del questionario sociometrico (per brevità ne ipotizzeremo solo due, una per il socio-gruppo ed una per lo psico-gruppo). Partendo dalle abilità manife­state da Carlo nell’area logico matematica si potreb­be iniziare pensando di costituire un gruppo di studio proprio in questa area, una delle possibili do­mande da proporre nel questionario sociometrico potrebbe essere la seguente: « Tra i tuoi compa­gni di classe quali sono quelli con cui vorresti costituire un gruppo di studio per prepararti at prossimo compito in classe di matematica? ». Co­me si può notare la domande presenta le seguenti caratteristiche: 1) circoscrive innanzitutto l’ambito delle scelte ai soli componenti della classe (questo è molto importante se non si vuole rischiare di ave­re risposte inutilizzabili o di fantasia); 2) indica in mo­do chiaro una attività effettivamente eseguibile nell’ambito della vita scolastica quotidiana (non alie­na, dunque, all’esperienza dei ragazzi); 3) specifi­ca il tipo e le finalità della situazione associativa proposta.

Queste caratteristiche ci consentono di chiarire al­cuni criteri sociometrici utilizzabili per la formulazione delle domande da inserire in un test sociometrico. Riprendendo in questo S. Marhaba (1974) è possibile infatti affermare che la domanda da noi proposta (nell’ambito della costituzione di un socio-gruppo) esprime un criterio specifico in quan­to indica esattamente « la base di interazione socia­le » proposta alla classe come criterio di scelta. Al contrario, se si fosse chiesto più semplicemente quale compagno si sarebbe scelto per costituire un gruppo di studio (non indicando quindi di che tipo di studio si stava parlando) la domanda avrebbe manifestato un criterio sociometrico generale in quanto avrebbe indicato « un’area di attività senza definire le basi specifiche di interazione fra gli in­dividui »[9].

D’altra parte il fatto di aver proposto una situazione associativa finalizzata al raggiungimento di uno sco­po circoscritto nel tempo (la preparazione al com­pito in classe di matematica), fà sì che questa domanda tocchi solamente un aspetto superficiale e momentaneo delle relazioni interpersonali del gruppo-classe. La domanda, in altre parole, espri­me non solo un criterio sociometrico specifico an­che un criterio sociometrico debole. Se il quesito avesse invece proposto la possibilità di un gruppo di studio per l’intero anno con un coinvolgimento di tempo quindi molto maggiore e con la strutturazione di relazioni associative stabili ed impegnative, la domanda avrebbe al contrario manifestato un criterio sociometrico forte. Possiamo in sostanza affermare che la domanda da noi proposta tende ad ipotizzare una situazione associativa per un socio-gruppo basata contemporaneamente su di un criterio sociometrico specifico ed uno debole.

Passando ora ad un quesito per la costituzione di un potenziale psico-gruppo, una delle possibili domande (ipotizzando ovviamente l’eventualità di una gita o campo scuola) potrebbe essere la seguente: « Quali, tra i tuoi compagni di classe, sceglieresti per dividere con te la camera dell’albergo duran­te il campo scuola? » In questo caso appare evi­dente che la situazione associativa ipotizzata possiede un carattere informale e si fonda sul desi­derio di intessere una relazione sostanzialmente amicale con il proprio compagno. Mentre la prima domanda rinvia quindi ad una situazione in cui vi è un chiaro aspetto funzionale (il superamento del compito in classe di matematica), il quesito propo­sto per lo psico-gruppo fa leva sulla dimensione del­la simpatia, dell’interesse personale. Applicando anche per questa domanda il discorso appena fat­to sui criteri sociometrici, ci possiamo rendere im­mediatamente conto che essa si basa non solo su di un criterio sociometrico specifico (propone in­fatti una particolare occasione associativa) ma estrinseca anche un criterio forte in quanto richie­de agli allievi una scelta importante che coinvolge una occasione unica.

Prima di concludere questa parte del nostro discor­so, ci sembra importante proporre un ulteriore cri­terio sociometrico, quello negativo. Le domande che abbiamo infatti ipotizzato richiedono alla clas­se la effettuazione di una scelta [10], l’insegnante, in altre parole, avrà alla fine tanti questionari quanti sono i componenti del gruppo-classe e su ognuno di essi un numero definito di risposte per ciascuna delle domande effettuate. È tuttavia possibile pro­porre un test sociometrico in cui le stesse domande sono formulate non solo in senso positivo ma anche negativo; le nostre domande si trasformerebbero dunque nel seguente modo: « Tra i tuoi com­pagni di classe quali sono quelli con cui NON vorresti costituire un gruppo di studio per prepararti al prossimo compito in classe di matemati­ca? » (domanda per il socio-gruppo), « Quale, tra i tuoi compagni di classe, NON sceglieresti per di­videre con te la camera dell’albergo durante il campo scuola? » (domanda per lo psico-gruppo). A prescindere dalla formulazione, che può certa­mente essere « ammorbidita », è evidente che que­sto tipo di domande possono provocare l’insorgere di notevoli resistenze da parte dei ragazzi, resistenze sia di tipo « attivo » (rifiuti più o meno .motivati a ri­spondere) che « passivo » (risposte generiche o evasive come ‘nessuno’, ecc.). E quindi necessa­rio preparare con attenzione la classe al questiona­rio sociometrico ed assicurare che le risposte fornite dai singoli allievi non verranno in nessun modo pub­blicizzate alla classe [11]. D’altra parte riteniamo estre­mamente utile l’impiego di questo criterio in quanto consente non solo di avere le scelte, le preferenze manifestate dagli allievi ma anche i rifiuti attivi. Ciò consente di rispondere ad una questione che altri­menti rimarrebbe dubbia: nel caso di un basso nu­mero di scelte, Carlo non è stato indicato dai compagni perché meno preferito rispetto ad altri op­pure perché è attivamente allontanato (rifiutato) dal gruppo-classe? In effetti l’impiego contemporaneo di domande con criterio sociometrico positivo e ne­gativo consente di strutturare due « mappe » della classe: la prima basata sulle preferenze, la secon­da sui rifiuti, il confronto potrà offrirci importanti in­formazioni operative.

Una volta definito e somministrato il questionario, l’insegnante dovrà raccogliere ed analizzare le ri­sposte fornite dagli allievi. La tecnica prevede a que­sto punto l’uso di una tabella a doppia entrata (chiamata sociomatrice). In questa tabella, tanto in ascisse quando in ordinata, verranno collocati in stretto ordine alfabetico tutti i nominativi degli allie­vi e le scelte da loro effettuate (nel nostro esempio ipotizzeremo che la classe in cui è inserito il « no­stro » Carlo sia costituita da sei elementi e che cia­scuno dei ragazzi doveva fornire, per entrambe le domande con criterio positivo, due risposte); la sociomatrice apparirebbe dunque in questo modo:

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La lettura è molto semplice, basterà infatti incrocia­re le righe con le colonne: il primo numero indica le scelte effettuate per la prima domanda (« Tra i tuoi compagni, quali sceglieresti per costituire un gruppo di studio…?), il secondo numero indica invece le preferenze espresse dagli allievi per la seconda domanda inclusa nel questionario (« Quali, tra i tuoi compagni di classe, sceglieresti per dividere con te…? »). Leggendo in senso verticale le righe della tabella potremo dunque rilevare le scelte effettuate dai ragazzi: nel caso di Aldo, ad esempio, è possi­bile vedere che egli ha scelto Franco (il numero « 1 » ci dice che lo ha collocato in prima scelta) e Gino per la prima situazione associativa proposta dal test sociometrico. Esaminando invece i numeri posti sul­la destra possiamo ora vedere che Aldo ha scelto, per la seconda domanda, Giuseppe in prima posi­zione e Franco (anche se questa volta come secon­da scelta).

Applicando questo tipo di lettura la sociomatrice ci consente di ottenere tutta una serie di informazioni sulla organizzazione del gruppo classe. Senza dif-fonderci troppo, osservando la nostra tabella, pos­siamo però facilmente rilevare che Carlo ha scelto alcuni compagni che non lo hanno scelto (Gino e Sandro), mentre ha espresso una preferenza in pri­ma posizione per Franco, che a sua volta lo ha scel­to per la medesima situazione associativa (il lettore si renderà tuttavia conto che l’ordine di preferenza è diverso). È importante constatare, inoltre, che Sandro non ha effettuato nessuna scelta: questo fatto (escludendo ovviamente una eventuale assenza dell’allievo nel giorno di somministrazione del test) potrebbe essere indice di un rifiuto o di un sostan­ziale disinteresse dell’allievo nei confronti della clas­se: situazione, questa, che richiederà una notevole attenzione da parte dell’insegnante.

Le ultime tre righe della sociomatrice riportano in­vece i totali parziali e complessivi ottenuti dai singoli allievi: possiamo quindi Vedere che Gino è stato il più scelto per la prima situazione associativa (4 preferenze ottenute, di cui due in prima posizione e due in seconda) mentre Franco è stato il leader per la seconda (3 preferenze ottenute).

Sebbene già la semplice lettura della sociomatrice possa consentire all’insegnante di ottenere le infor­mazioni che gli sono necessarie, i dati espressi numericamente attraverso questo tipo di tabella a doppia entrata possono essere però tradotti anche in forma grafica in modo da agevolarne l’utilizzazione: queste particolari forme di rappresentazione grafica sono chiamate sociogrammi.

 

I sociogrammi

Una rapidissima definizione di sociogramma è la se­guente: « un metodo grafico per la raffigurazione, nell’ambito dei membri di un gruppo, dei modelli di scelta e ripudio, di simpatia e di antipatia, fornito dal metodo sociometrico »[12]. Si tratta in sostanza di trasposizione dei valori numerici ottenuti da cia­scun allievo in uno spazio grafico bidimensionale. Esistono fondamentalmente due tipi di sociogrammi, quello circolare e quello a rete. Il sociogramma circolare (o target sociogramma) consiste nel disegna­re una serie di cerchi concentrici (tre o quattro) al­l’interno dei quali collocare i componenti del grup­po. Nel cerchio centrale si metteranno i nomi di co­loro che hanno ottenuto un numero di scelte significativamente superiore alla media che ha caratte­rizzato il gruppo. Nei cerchi successivi verranno messi via via tutti gli altri mentre nello spazio ester­no si posizioneranno i nominativi di coloro che han­no ottenuto il minor numero di scelte in assoluto. Mentre nel sociogramma circolare vengono indicate principalmente le posizioni gerarchiche ottenute dai singoli componenti del gruppo classe, nel socio-gramma a rete vengono invece rappresentate gra­ficamente le relazioni esistenti (o desiderate) dagli allievi. Questo tipo di sociogramma può essere na­turalmente costruito sia per tutte che per alcune del­le scelte sociometriche effettuate dai ragazzi. Il sociogramma a rete presenta certamente una mag­giore complessità nella fase di stesura ma offre il vantaggio di ottenere una immagine immediata e relativamente chiara dei rapporti esistenti nell’am­bito della classe.

Trasformando ora i dati numerici riportati nella no­stra sociomatrice in un sociogramma a rete la rap­presentazione grafica potrebbe essere la seguente (sono state esaminate solo le risposte effettuate per la prima domanda):

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L’immagine del gruppo-classe fornitaci dal sociogramma è immediata: è facilmente distinguibile la presenza di un gruppo abbastanza compatto, co­stituito da Franco, Aldo e Gino (le scelte reciproche vengono rappresentate graficamente dalla doppia freccia mentre quelle univoche da una freccia singola). In situazioni leggermente più marginali vi so­no Giuseppe e Carlo mentre lontano dalla normale interazione appare Sandro (l’unica scelta che rice­ve la ottiene infatti da un compagno certamente non centrale nelle relazioni intergruppali). Da questo sociogramma appare immediatamente chiaro chi po­trebbero essere i potenziali elementi per il gruppo di studio da noi proposto (naturalmente sarebbe ne­cessario confrontare questa rappresentazione gra­fica con quella ottenuta con la stessa domanda espressa in forma negativa). Nel nostro tentativo di incrementare l’integrazione della classe potremmo infatti ipotizzare un gruppo costituito da Carlo, da Franco e da Giuseppe.

Tornando tuttavia alla sociomatrice, è possibile ri­levare che nessuno ha però scelto Carlo per costituire un potenziale psico-gruppo. Questa infor­mazione ci permette di ipotizzare che, mentre le competenze da lui possedute nell’area logico-matematica gli consentono di non essere marginalizzato (cosa cime accade invece a Sandro), il suo com­portamento in classe tende a renderlo molto meno accettabile per una situazione ricreativa. Possiamo dunque affermare che Carlo viene visto dai compagni come un possibile interlocutore solo in una situazione in cui si deve raggiungere uno scopo di­dattico.

La tecnica sociometrica ci ha consentito inoltre di verificare la presenza di un’altra situazione a rischio nell’ambito del gruppo: quella di Sandro. A diffe­renza di Carlo, dove emerge infatti il desiderio di condividere con i compagni la realtà scolastica quo­tidiana, Sandro sembra essere disinteressato al gruppo. L’insegnante dovrà dunque raccogliere ul­teriori informazioni su questo allievo che emerge for­se come il vero anello debole della catena inte-rattiva.

Riflessioni conclusive

Certamente quanto abbiamo detto non ha la vellei­tà di presentarsi come una discussione esaustiva sulla tecnica sociometrica. Il nostro obiettivo, che speriamo di aver comunque raggiunto, era infatti semplicemente quello di introdurre il lettore ad una tecnica particolarmente utile nell’ambito didattico ed educativo. Questa tecnica può essere infatti affiancata ad altri strumenti di osservazione e di valuta­zione ed essere quindi impiegata nel corso della programmazione, sia nella fase iniziale di raccolta dei dati che in quella conclusiva di verifica dell’atti­vità svolta. La sociometria, tra l’altro, consente al­l’insegnante di verificare l’efficacia del proprio intervento educativo nei modificare la qualità delle relazioni interpersonali esistenti nella classe e, in sostanza, di sondare il livello di integrazione otte­nuto. Spesso si sottolinea la necessità di puntare all’integrazione non solo del soggetto portatore di handicap ma dell’intero gruppo classe (cosa ovvia, considerando il fatto che si tratta di due facce della stessa medaglia). A tale sottolineatura, tuttavia, a volte non corrispondono chiare indicazioni sulle mo­dalità operative da attuare per raggiungere questo obiettivo; riteniamo che la sociometria possa inve­ce fornire all’insegnante un utile ausilio non solo per ottenere una serie di interessanti spunti pratici ma anche per avere a disposizione una efficace mo­dalità di analisi dell’integrazione presente nella pro­pria classe.

Da Rivista L’insegnante specializzato 3/91

ISFAR viale Europa 185/b Firenze, info@isfar-firenze.it, www.isfar-firenze.it

[1] Se si considera l’apprendimento come “una modificazione pio o meno permanente prodotta dall’esperienza e quindi tale da non poter essere attribuita a maturazione, senilità o malattia” (Farnè M. e Giovanelli G. “Psicologia” Milano, Signorelli, 1982, pag. 88), crediamo sia sufficiente una breve riflessione per renderci conto che in fondo l’insegnante apprende gradualmente, anche se spesso purtroppo in modo non sistematico e consapevole, le modalità didattiche ad esempio più efficaci con quel partico­lare « tipo » di allievo e di classe oppure la sequenza migliore

Per esporre determinati contenuti, ecc.

[2] Si intende per relazioni primarie quelle « relazioni sociali dura­ture basate sul contatto frequente e diretto e caratterizzate da una profonda partecipazione personale ed emotiva. La relazione primaria non è limitata allo svolgimento di una attività specifi­ca ma implica una varietà di interessi e di attività comuni. Gli in­dividui che partecipano a questo rapporto sono interessati ad una vasta gamma di aspetti del modo reciproco di vita, possiedono un buon numero di mutue informazioni ed una grande va­rietà di diritti e doveri reciproci » (Theodorson G. e Theodorson A. « Dizionario di sociologia » Napoli, Marotta Ed., 1975, pag. 386).

[3] Genovese L. « La sociornetria nella classe » in: « Manuale della gestione della classe » (a cura di Genovese L. e Kanizsa S.) Milano, Franco Angeli Ed., 1989, pag. 184.

[4] Moreno J.L. « Principi di psicoterapia di gruppo e sociodramma » Milano, Etas Kompass, 1964.

[5] « I tests sono essenzialmente delle misurazioni obiettive e standardizzate di un campione di comportamento supposto rappre­sentativo della totalità del comportamento stesso. La rappresentatività, naturalmente, è da intendersi nel senso di una corrispondenza empirica tra le prove del reattivo e quelle del com­portamento ‘spontaneo’ da prevedere, espressa da un indice (o coefficiente) di correlazione che garantisce la predittività dei tests » (Canestrari R. « Psicologia generale e dello sviluppo » Bo­logna, Ed. Clueb, 1984, Voi. I, pag. 37/38).

[6] A scopo puramente illustrativo riportiamo qui di seguito due domande sociometriche tratte dal libro di Marhaba S. « Guida alla sociometria nella scuola » Firenze, Giunti Barbera, 1974, a cui naturalmente rinviamo il lettore: 1) « Siete seduti nei posti che vi sono stati assegnati dal vostro insegnante. Il vostro compa­gno di banco non è stato scelto da voi. Ora avete la possibilità di scegliere l’allievo o l’allieva che vi piacerebbe avere alla vo­stra destra ed alla vostra sinistra. Scrivete il nome della persona che scegliete per prima, poi il nome della persona che scegliete per seconda. Prima di scegliere guardate bene attorno. Ricor­date che nel prossimo trimestre i compagni che avrete oggi scelto saranno seduti accanto a voi »; 2) « Quali fra i compagni della tua classe vorresti avere in tenda con te durante un campeggio?”

[7] Jennis H.H. « Leadership and Isolation. A study of Personality in Interpersonal Relations » New York, Longmans & Green, 1950.

[8] Bion W. « Esperienze nei gruppi » Roma, Armando Editore, 1971.

[9] Marhaba S. (1974) op. cit., pag. 24.

[10] In teoria il questionario sociometrico dovrebbe lasciare liberi i ragazzi di fornire quante scelte vogliono, nella pratica, tuttavia, è preferibile vincolare a 3-5 il numero di compagni scelti al fine di agevolare il concreto utilizzo della tecnica

[11] D’altra parte questa rassicurazione deve essere effettuata in ogni caso ma appare particolarmente opportuna nel caso l’in­segnante decida di utilizzare un criterio sociometrico negativo.

[12] Krech D., Cruthfield R. e Ballanchey E. « Individuo e società: manuale di psicologia sociale » Firenze, Giunti, 1970, pag. 496.

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