L’industria dell’educazione

 

catena di montaggio okSe vogliamo che gli allievi trovino nella scuola il piacere, la motivazione, l’occasione per un arricchimento personale e interindividuale, si impone un riesame profondo delle condizioni educative e organizzative, e mentre continuiamo a fare queste riflessioni  si è fatto spazio l’aggressività dell’industria dell’educazione, che, senza fatica, si è potuta ben inserire nel circuito acritico della scuola, dove, in assenza della ricerca e della sperimentazione necessarie alla verifica di serietà e validità scientifica delle proposte, tutto è stato accolto.

La scuola è divenuta un’acquirente di materiale e di macchine per insegnare che, pur nello sconforto dei risultati, continua a essere, per quel mercato, garanzia di ricco realizzo economico. Prodotti per strategie educative fallimentari che hanno imposto agli allievi modelli standardizzati e preconfezionati, hanno offerto formulari stereotipati, obbligandoli a seguire percorsi di apprendimento programmato con l’utilizzo di schede, e che ha portato la scuola a dover far fronte per fotocopie e fotocopiatrici, a una voce di spesa fra le più alte, a cui si è aggiunta quella per i computer con programmi “speciali”, intesi ad aiutare in particolare gli allievi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, che per una ingiustificata ignoranza, piace appellare “dislessici”. Un impatto massiccio di materiali per stimoli percettivi proposti a soggetti seduti a un banchino o a volte perfino separati in aule “speciali” dominano sull’educazione decidendo le sorti del sistema educativo. Macchine, materiali, oggetti, schede per insegnare, monetizzati e scambiati come educativi che, con l’intento di risolvere i problemi in termini puramente quantitativi secondo criteri negativi dello sviluppo, hanno sostituito l’impegno personale e interrotto la mediazione dell’insegnante con l’allievo e con il gruppo, hanno impedito ogni occasione per sviluppare costrutti psicodinamici e generare scambi simpatetici.

Anziché appellarsi a un insegnamento pedagogico che si integri al desiderio di cambiamento necessario per tutti e ancor più per coloro che chiedono con maggior forza alla scuola di trovare la chiave per aprire alla trasformazione del “meno” del deficit, nel “più” della compensazione e offrire l’opportunità di scoprire e ritrovare in se stessi le energie e le abilità necessarie da impegnare per conoscere e apprendere, si utilizzano metodi di insegnamento-ammaestramento. All’industria dell’educazione la scuola deve rispondere mantenendo vivo per tutti il principio di un’educazione individualizzata ed evitare per il “diverso” l’educazione separata, in un clima di anormalità sociale in cui si instaura un rapporto esclusivo, insolito, differente da quello degli altri.  Ma la realtà che abbiamo sotto gli occhi purtroppo è quella di un’istituzione scolastica che, anziché aprire con criterio pedagogico alle necessità degli allievi in difficoltà, ha saputo solo accogliere le etichette sgargianti attribuite da un criterio sanitario.

Per carenze nelle risposte necessarie allo sviluppo delle abilità, ad apprendere e alle alterazioni comportamentali, gli allievi sono stati relegati nei limiti angusti della malattia e degli esclusivi problemi biologici senza tener conto delle influenze che gravano sulla personalità e sui cambiamenti sopravvenuti nei rapporti e la lussazione sociale che si è determinata.

La pedagogia richiede all’insegnante un nuovo senso della professione e affida la responsabilità a un cambiamento comportamentale, una padronanza e un equilibrio per generare diverse disponibilità alle intese e agli scambi e non una industria dell’educazione che certo non aiuta l’insegnante ad assumere una varietà di ruoli, a creare un clima adatto a evitare inconvenienti di conflittualità sociale, a superare il mero criterio dell’istruzione per un’educazione artefice dell’apprendere con profitto.

La scuola deve essere una fucina di ricerca, gli insegnanti devono riconoscere che il dare è l’originale integratore, capace di sviluppare i significati soggettivi in significati condivisi, di organizzare con accessi polieducativi, sequenze di azioni adatte agli individuali bisogni e ai personali ritmi di apprendimento.