MAUPAS J.C.
[/pt_text]Oggigiorno sembra normale parlare di metodi di rilassamento nel campo della rieducazione quando, fino a poco tempo fa, questi metodi erano legati esclusivamente al campo della psicoterapia o dei trattamenti medici specifici. Nonostante ciò, in Francia e nel mondo in genere, abbiamo vissuto con una certa regolarità, dei periodi a “tutto relax”. Già nel 1966, si poteva citare il professore Klammer che segnalava l’abuso che veniva fatto riguardo alla pubblicità sul rilassamento che non aveva pio niente di scientifico e di terapeutico, la cui unica ragione di esistenza era l’attrattiva del guadagno realizzato a scapito del povero cliente stanco e malato; il dottor Klammer scriveva: « è deplorevole che l’opinione pubblica e la stampa, complici di certi interessi commerciali, poco a poco stiamo trascinando le tecniche nella promiscuità dubbiosa degli ipnotizzatori, dei praticanti della ossigenoterapia, dei ciarlatani di ogni tipo, fino ai rivenditori di poltrone cosiddette rilassanti ».
Come diceva J. Rostand: “il nemico più pericoloso dell’uomo è l’uomo stesso”. Bisogna ammettere che c’è un divario enorme fra i semplici esercizi di distensione e persino di rilassamento neuromuscolare, e i metodi di rilassamento dinamico di tipo psicoanalitico o le psicoterapie di rilassamento. Tale divario è grande quanto quello esistente fra rieducazione e terapia nel senso di psicoterapia? Dipende dal tipo di situazione. Ad esempio nella relazione duale il paziente è solo di fronte al suo terapeuta, ma quest’ultimo può esercitare sia senza controllo che sotto controllo continuo. Il terapeuta da delle spiegazioni durante il trattamento o lo fa soltanto alla fine? Esercita veramente da solo o lo fa all’interno di una istituzione o di un’equipe plu-ridisciplinare? Le risposte a queste domande renderanno il tipo di situazione importante almeno quanto i sintomi o le sindromi da curare. Ciò che è certo, è che non si può fare tutto col pretesto che l’atto effettuato è legale ed è inserito nella nomenclatura di una professione riconosciuta, Sicuramente è importante limitare il campo di competenza di ogni categoria professionale, ma è certo più importante sapersi limitare da soli.
In questo campo l’esperienza vissuta è insostituibile, non si può “fare” del rilassamento ad un’altra persona senza aver prima personalmente vissuto un’esperienza di rilassamento, e non soltanto perché in questo modo si conoscerà perfettamente a livello intellettuale la maniera di procedere; alcuni metodi non potranno essere applicati a un altro soggetto, allorquando siano risultati inaccessibili a noi stessi.
Come ha precisato La Rochefoucauld citato da Geissman e Durand de Bousingen, “quando non si trova il proprio riposo in se stessi è inutile andare a cercare altrove”.
Stevenin indicava che il rilassamento in cinesiterapia era contemporaneo alla professione, ma precisava che era sotto forma di massaggio, di presa di coscienza del corpo, di educazione gestuale, e il cinesiterapeuta doveva condurre il paziente verso uno stato di distensione e insegnarli a mantenerlo. È questo lo spirito stesso del testo ufficiale che autorizza il cinesiterapeuta nel suo campo di competenza a utilizzare il rilassamento neuromuscolare.
Non è possibile fare delle confusioni. Durand de Bousingen e Geissman, nel loro libro sui metodi di rilassamento, precisano che « i metodi di rilassamento sono dei procedimenti terapeutici ben definiti che hanno lo scopo di ottenere nell’individuo una distensione muscolare e fisica, utilizzando degli esercizi appropriati; la distensione neuromuscolare comporta un « tono di riposo » che è la base della distensione fisica e psichica. Il rilassamento è quindi una tecnica che permette il riposo pio efficace e, nello stesso tempo, permette di economizzare le forze nervose che entrano in funzione durante l’attività generale dell’individuo. La storia del rilassamento è una storia antica che risale alla storia della Bibbia prima di Cristo, della Cina antica, dell’Egitto, e che si basa soprattutto su di una corrente orientale con lo Yoga, Veda, il Buddismo, l’Induismo e lo Zeri. La Grecia antica, con Omero e Platone, ha dato il suo contributo alla storia del rilassamento, e in America, il Macumba, il Candornblé e il Vaudou sono servi-ti di base a metodi moderni.
Nel periodo dopo Gesù Cristo, da Paracelse, Mesmer, all’Abate di Farla verso il 1813 fino alla scuola di Nancy nel 1866 con Liebault e Berheim, e la scuola di Parigi con Charcot e Babinskifra il 1884 e il 1910, passando per Janet (1910-1926), siamo giunti all’epoca detta moderna in cui sono state elaborate tecniche essenziali quali il training autogeno di Schultz e il metodo di Jacobson, l’uno in Europa, l’altro negli Stati Uniti pio o meno alla stessa epoca.
Questi due metodi, in particolare il training autogeno di Schultz, possono essere considerati come i due « metodi madre », a partire dai quali si sono costituiti gli altri più fisiologici, più sensoriali o più psicoanalitici (o psicoterapeutici). In particolare la sofrologia il cui creatore è il professore Alfonso Caycedo, che si è inspirato ai lavori di Schultz. Ma voler amalgamare nel tempo l’azione di due uomini è fantascienza.
Il Training Autogeno di Schultz
Schultz descrive il principio del suo metodo in questi termini: « indurre attraverso degli esercizi fisiologici razionali determinanti un distacco generalizzato della persona in questione che, per analogia con le antiche constatazioni sulla etero-ipnosi, permette tutte le realizzazioni proprie agli stati autenticamente suggestivi ». La concezione di tale metodo risale agli anni 1908-1912. Il metodo è stato riproposto indirettamente nella sua prima presentazione della psicoanalisi e ancora nel 1911 in un lavoro isolato riguardante la tecnica dell’ipnosi che fu ripresa nell’opera di Vogt (trattato di terapeutica delle malattie mentali).
Si capisce sin dall’inizio che non si tratta di un metodo di rilassamento neuromuscolare banale e non verrà pertanto utilizzato in una normale pratica di rieducazione funzionale. Infatti molto rapidamente si farà ricorso all’induzione di uno stato ipnotico sul malato, il quale realizzerà così un’« autoipnosi ». Questa autoipnosi viene provocata attraverso delle modificazioni volontarie dello stato tonico. Ma, seguendo il principio che chi può molto può anche poco, e soprattutto partendo dal fatto che noi consideriamo questo metodo come uno dei metodi di base, descriveremo brevemente i suoi elementi essenziali.
Elementi essenziali del metodo
“Il training autogeno può essere utilizzato allo scopo di migliorare la condizione umana nel suo insieme. La concentrazione psicologica ci permette di agire sul sistema neurovegetativo nel suo insieme”. (Dumont e Abrezol).
Possiamo constatare che l’applicazione di questo metodo agisce particolarmente su tutte le malattie psicosomatiche che, cl’altronde, vengono curate con il training autogeno di Schultz o con la sofrologia (vedere oltre). Training autogeno significa esercitarsi da soli senza l’aiuto di un’altra persona. Il terapeuta che insegna il metodo ad un paziente resta coi paziente solo provvisoriamente, unica-mente per controllare gli effetti e i progressi. Egli non è là per una psicoterapia, ma chi potrebbe certificare quanto comincia veramente una psicoterapia?
Sin dal momento in cui diventa possibile, il paziente dovrà continuare il suo allenamento da solo e integrarlo nel suo modo di vivere. Il metodo è basato sul concetto psico-fisiologico che l’uomo è un’unità dove tutto è collegato: rappresentazione mentale, idee, sentimenti, volontà, fisiologia organica si integrano e reagiscono l’uno sull’altro.
L’allenamento autogeno ha origine nell’esperienza fornita dall’ipnosi. L’ipnosi pura senza altra suggestione, è uno stato di concentrazione interna che esercita un effetto benefico e tranquillizzante. La soppressione degli stimoli esterni può raggiungere un livello tale da permettere la realizzazione di parti e di operazioni con suggestione analgesica, ed è a questo punto che entriamo nel campo della sofrologia vera e propria, argomento su cui torneremo più avanti. Cosa si può ottenere attraverso l’autorilassamento e l’allenamento autogeno?
- Ristabilire l’equilibrio psico-fisiologico.
- Capacità di auto-tranquillizzarsi.
- L’auto-regolazione di funzioni organiche.
- Aumento del rendimento.
- Soppressione o diminuzione del dolore.
- Autocritica e padronanza di se stessi.
Come ogni disciplina, questo richiede una serie di esercizi dosati e distribuiti nei tempo con precisione. Essi hanno come obiettivo sei zone diverse:
- I muscoli.
- I vasi sanguigni.
- Il cuore.
- La respirazione.
- Gli organi addominali.
- La testa.
Modello di una seduta
Anamnesi con contatto
Soggettiva: osservare il paziente e cercare di farsene una opinione al di là di ogni relazione, certificato ecc.
Oggettiva: riposta del paziente alle domande fatte.
Chiedergli cosa sa del rilassamento, se pratica o conosce lo yoga, le arti marziali e, se si tratta di una donna, se ha praticato il parto indolore.
- Conoscere le sue cose preferite, i suoi gusti, le malattie che lo hanno colpito precedentemente.
- Chiedergli se è ansioso, se dorme bene, se subisce facilmente le stress…
Esercizi
Prima di cominciare farsi invadere da questa formula: “io sono calmo”.
1 Esercizio: rilassamento muscolare (o neuromuscolare)
Il solo esercizio utilizzabile senza pericolo nell’ambito di una rieducazione funzionale. Allorquando ci si accontenterà di rimanere in questo stadio, non si potrà parlare di training autogeno di Schultz. Bisogna che il paziente senta la pesantezza su tutto il suo corpo, cominciando nelle prime sedute,da un braccio, poi dalle braccia ecc…
2 Esercizio: rilassamento vascolare
Prima di arrivare a questo stadio il soggetto ripeterà tutta la sequenza: tranquillizzazione, peso, calore. Prima di ogni cosa bisognerà che egli scopra la « sensazione cardiaca », poi, senza influire su tale sensazione dovrà rappresentare il suo cuore che batte calmo e ferie.
3 Esercizio: regolazione respiratoria.
Contrariamente alla preparazione prevista dagli esercizi fatta con delle inspirazioni-espirazioni del diaframma volontarie (che possono costituire in se stesse un mezzo di rilassamento), non si effettuerà alcun movimento respiratorio volontario. Bisognerà, cioè, fare in modo che il soggetto abbia l’impressione che qualche cosa respiri in lui e che egli è « solo respirazione ».
4 Esercizio: regolazione degli organi addominali e soprattutto del plesso solare.
Il soggetto deve sentire che il suo plesso solare irradia calore e non il contrario (non immaginare, cioè, che una fonte di calore riscaldi la pelle, ma per alcuni, sarà necessario passare da questa fase se, alla lunga l’irradiazione non è ottenuta dall’interno).
5 Esercizio: regolazione cefalica.
Il soggetto deve sentire una sensazione di freschezza stilla fronte. L’esercizio dovrà durare solo qualche secondo poiché a volte possono insorgere delle lipotimie (leggere perdite di conoscenza).
N.B. Non bisognerà « volere ad ogni costo », solo la ripetizione della formula porterà allo stato voluto; (altrimenti metodo Coué); Non bisognerà mai « pensare con idee », ma contemplare le immagini interiori corrispondenti alle formule.
Dopo questo primo ciclo detto inferiore, la cui pratica è accessibile a dei praticanti realmente formati e sotto controllo, poche professioni pa-ramediche potranno accedere (solo gli psicomotricisti studiano durante il loro programma del secondo e dei terzo anno le tecniche di rilassamento).
A questo primo ciclo, dunque, viene ad aggiungersi il ciclo superiore che noi ci limiteremo a citare poiché è accessibile solo a medici psichiatri, psicoanalisti e psicoterapeuti. Si tratta infatti di una utilizzazione psicoterapica del rilassamento attraverso il training autogeno di Schultz, e inoltre questa seconda fase può essere messa in pratica solo dopo due anni di ciclo inferiore.
Auriot precisa: sarà competente colui che avrà vissuto una terapia personale sufficientemente lunga e profonda (di tipo analitico ortodosso o no), una esperienza di rilassamento sufficientemente profonda e prolungata (attraverso il Ta o altra tecnica) e una esperienza dell’immaginazione mentale personale approfondita.
Descrizione sommaria del ciclo superiore
Il soggetto che ha imparato a rilassarsi in modo rapido concentrerà gli occhi verso l’alto e verso il centro, verso il centro della fronte (prima al livello della radice del naso). Il paziente cercherà di percepire un colore interno (la scelta è libera e il paziente troverà il proprio colore. Si potrà, in seguito chiedere al soggetto di rappresentarsi degli oggetti concreti per arrivare a terni astratti come « La Felicità », « L’Amore », « La Giustizia », ecc… Infine si interrogherà il soggetto incosciente su un certo numero di valori esistenziali, liberando così la formula che servirà alla persona per realizzarsi e per svilupparsi.
Tre grandi principi da applicare nel rilassamento.
1 – Non considerarsi psichiatri, ma far sentire al malato che può contare su di noi, che lo possiamo aiutare nel momento del bisogno, che c’è un contatto diretto e permanente col medico e che, quindi, al minimo malessere siamo in grado di agire per soccorrerlo.
2 – Non dimenticare che si tratta di malati, o quanto meno di persone sovraffaticate al limite della malattia, e, quindi, bisogna applicare strettamente le indicazioni del medico e tenerlo al corrente di ogni cambiamento nel comportamento del paziente.
3 – Ascoltare molto il malato che ha piacere nel confidarsi, parlare poco (solo questa attitudine è rassicurante poiché non contiene contraddizioni).
Secondo diversi autori Schultz non ha stabilito gli esercizi a caso (in particolare quelli del ciclo inferiore. Egli ha fatto riferimento a vari tessuti del corpo umano, più o meno vicini all’Io (alla volontà). È così che ha constatato che la muscolatura di relazione (delle membra superiori e inferiori, poi del corpo) si rilassava molto più facilmente della altre parti del corpo, poi il sistema cardiovascolare (calore attraverso i vasi e poi la regolazione cardiaca), in seguito il sistema neurovegetativo (a cominciare dal plesso solare) nel suo insieme e infine, molto lontani dall’Io (o dalla volontà) i tessuti di sostegno (connettivo e essa). Quest’ultimo punto diventa più contestabile visto che l’ossatura viene considerata oggi come un sistema di comunicazione e di diffusione molto importante.
[/pt_text][pt_text text_align=”text-left”]Abbiamo lungamente descritto il metodo del training autogeno di Schultz, sottolineando che non è praticabile da persone non esperte o insufficientemente esperte, e questo perché si tratta di un metodo che tutti considerano essere il metodo « madre » per eccellenza a partire dai quale si potrà passare alla pratica, all’insegnamento e alla terapia di qualsiasi altro metodo. Durand e Bousingen nella prefazione all’Introduzione ai metodi di rilassamento, scrive: « Il rilassamento resta all’ordine del giorno. Il termine sembra oggi ricoprire un concetto funzionante come un antidoto immaginario e ideale contro i mali di un’epoca turbata, oppressa dall’angoscia davanti ad un futuro incerto e difficile ». Bisogna sapere che ogni metodo è, in definitiva, Un’insieme di questi diversi componenti fondamentali ed è la struttura di questo insieme che dovrebbe in definitiva specificare l’indicazione e il campo d’applicazione preferenziale di ogni metodo.
Il Metodo di Jacobson
È teoricamente uno dei pochi metodi che i rieducatori come i M.C.R. possono esercitare in conformità alla legge, poiché il metodo di Jacobson è l’unico che è stato veramente classificato come metodo di rilassamento neuromuscolare (oltre agli altri metodi da esso derivati).
Principio
Secondo Masson, il metodo di Jacobson ha scelto di agire sull’anello periferico del complesso neuromuscolare. Abbassando il tono muscolare, si riduce l’eccitabilità generale e si mette a riposo la corteccia. Sin dalla prima seduta si spiega al soggetto che i processi emozionali e mentali, o persino strettamente intellettuali, provocano delle contrazioni transitorie, variabili, localizzate ai sistemi musco-lare e viscerale. Di fatto ciò che viene perseguito in questo metodo è la capacità di controllare le tensioni. Risulta evidente l’utilizzazione che se ne può fare in rieducazione. Durante una mobilitazione passiva dolorosa, ad esempio, il soggetto potrà controllare le sue tensioni e quindi soffrire di meno. Nella vita di ogni giorno sarà utile controllare le proprie tensioni nonché controllare meglio le proprie emozioni. L’apprendimento di tale metodo è estremamente lungo perché necessita di una educazione cinestetica e Ionica e di un condizionamento progressivo. Se si rispettassero scrupolosamente i dati riguardanti la durata della seduta, dati forniteci da Jacobson, dovremmo dedicare a questo metodo una parte della nostra giornata, cosa che è totalmente incompatibile .con i ritmi della vita moderna.
Apprendimento breve
Wolpe propone un apprendimento dei metodo di Jacobson in sei lezioni. Il paziente viene invitato a fare a casa sua due esercizi al giorno di una durata di un quarto d’ora ciascuno. Solitamente, nel metodo Jacobson, la prima parte del metodo consiste nel far notare al paziente la differenza che esiste fra un muscolo teso e il rilassamento muscolare. La prima volta, si chiede al soggetto di sollevare il polso in maniera forzata verso l’avambraccio per almeno una decina di secondi (insorge una sensazione di calore sulla parte superiore dell’avambraccio), poi rilassare. Fare la differenza fra tensione e distensione (fig. 2). Poco a poco il soggetto impara a distinguere le più piccole tensioni dei muscoli. Ma per essere in grado di fare ciò, sono necessarie tre sedute alla settimana sotto controllo medico, più una o due sedute al giorno a casa propria, di una durata che va dai 30 ai 60 minuti. Si trattava, quindi, nella sua forma originale di un metodo quasi inaccessibile. Wolpe comincia con il rilassare le braccia: egli propone al soggetto di fare un movimento di flessione e poi di estensione opposti fra loro, (tenendo fermo il polso), in questo modo il paziente sente cos’è la tensione muscolare che egli dovrà ridurre al minimo, e il terapeuta, dal suo canto, diminuirà la forza di resistenza. Siamo nella tecnica attiva-passiva molto ben conosciuta dai M.C.R. In seguito abbiamo un protocollo ben preciso messo a punto da Wolpe.
Il protocollo di Wolpe
La 1 tappa è classicamente la distensione delle braccia.
La 2 tappa è la distensione delle gambe (cominciare dalla estensione e flessibile delle dita dei piedi: rilassare bruscamente, in seguito si rilasserà progressivamente).
La 3 tappa è quella della respirazione con il controllo e la presa di coscienza della tensione della gabbia toracica durante l’inspirazione, e la distensione di essa durante l’espirazione.
La 4 tappa è la distensione della fronte. Si tratta di una tappa fondamentale poiché la fronte corrisponde spesso a quella zona « chiave » il cui rilassamento comporta il rilassamento generalizzato di tutto il corpo (per altri individui, questa zona si troverà nelle mani, nei piedi, nel viso ecc…).
La 5 tappa è la distensione degli occhi: la mobilizzazione attiva degli occhi seguita dal rilassamento è molto importante.
La 6 tappa è quella della distensione dei muscoli della sfera vocale. Il soggetto conterà fino a dieci ad alla voce (ad occhi chiusi), poi conterà di nuovo mormorando, poi conterà col pensiero fino a rendersi conto, che non avendo contato, c’è un rilassamento dell’organo vocale.
Jacobson insegna ai suoi pazienti a fare una distinzione fra ciò che egli chiama « tenseness » che è la sensazione di tensione muscolare collegata fisiologicamente a una contrazione e la sensazione di « strain » che è la sensazione di stiramento dei tendini o dei legamenti a livello delle articolazioni. Bisogna ricordare delle ricerche fatte da Jacobson sui sussulti nervosi, in seguito a un lavoro svolto da un autore Francese, Fouillée, sui sussulti involontari nell’uomo. Jacobson voleva dimostrare cime un rumore inatteso provocava dei sussulti involontari dovuti al transfert dell’energia psichica nel campo fisico. Questa osservazione era presa direttamente dalla corrente psicoanalitica allora agli inizi. I rapporti con la psicoanalisi si fermano qui poiché questa osservazione non avrà buon esito per autore.
Conclusione sui metodi fondamentali (cardinali)
Intendiamo, a questo punto, sottolineare la coincidenza nel tempo (1908) delle ricerche di Schultz in Germania e di Jacobson negli Stati Uniti. Soprattutto è importante notare la differenza fra questi due metodi “madre”. Infatti, il training autogeno di Schultz è un metodo autosuggestivo e quindi derivante dall’ipnosi, mentre quello di Jacobson è un metodo suggestivo senza relazione diretta con l’ipnosi.
L’influenza delle correnti di pensiero e di vita di tipo orientale
L’apparizione di questi due tipi di metodi è certamente dovuta a tutta una corrente di pensiero e di vita di tipo orientale di cui non possiamo non parlare. Si tratta, in origine, di correnti religiose di cui si terranno in considerazione solo gli elementi utili all’approccio e alla comprensione dell’uomo per poterlo, in seguito, curarle.
Del Veda si riterrà solo il principio unico che è all’origine del mondo, da cui deriva la celebre equazione « Tat tuan asi » = tu sei questo. I riti e la magia permettevano di agire in modo inconscio sulla psiche degli uomini.
Dall’induismo prenderemo in considerazione la fede nella predestinazione: « ciò che dovrà essere sarà ». Il tempo è considerato come un eterno ritorno. Gli induisti credono nella reincarnazione e tutto ciò che si è acquisito in una vita si ritroverà come già assimilato in una vita successiva.
Il Buddismo è praticato in molte regione dell’Asia (come pure in Birmania in Cina e in Giappone). Il fine supremo, nel Buddismo, è quello di raggiungere il nirvana (la liberazione totale dei legami con il mondo). Anche i buddisti credono nella reincarnazione. La dottrina del Buddismo è basata sulla sofferenza umana. Lo schema a otto tappe è l’elemento di base che tende a liberare l’uomo. Abrezol lo riassume in questo modo:
- devi vedere prima chiaramente dov’è il male;
- poi devi decidere di guarire;
- devi agire!,
- il tuo modo di vita non deve essere in contraddizione con questo tipo di cura;
- questa cura deve essere seguita secondo un ritmo sopportabile; devi pensare continuamente;
- devi imparare a meditare con il tuo spirito profondo.
Lo Zen viene dalla parola Sanscrito « dhyna » che significa meditazione o più esattamente « contemplazione » che conduce ad un più alto grado di coscienza, unione con la realtà. Tutta la cultura del Giappone è impregnata dei precetti dello Zen. Infatti, le arti marziali, in particolare l’aikido, il soruji kempo, e dei metodi di origini cinese come il tai chi chuan, sono influenzati da questa sorta di filosofia « alla giapponese ». La meditazione trascendentale e i metodi sensoriali di rilassamento devono molto a questa corrente. L’uomo non cerca di diventare un santo, ma di diventare ciò che è realmente scoprendo il suo vero IO.
L’ipnosi
Della storia dell’ipnosi, molto importante in Francia e in Europa, prenderemo in considerazione solo i grandi nomi e le tendenze più importanti. Mesmer e il magnetismo, ad esempio, la cui tesi riguarda « l’influenza degli astri e dei pianeti nella guarigione delle malattie ». Dalla calamita egli arrivò al magnetismo animale.
Chasteret de Puysegur, discepolo famoso di Mesmer, scopri che il fluido agiva anche con una sorta di sonno artificiale detto sonnambulismo, durante il quale «le idee e le azioni del soggetto magnetizzato potevano essere dirette dall’ipnotizzatore».
Senza definire la teoria del sonnambulismo, riuscì a valorizzare la relazione ipnotica e la suggestibilità del soggetto in ipnosi. Nel 1850 le ricerche si orientano verso l’utilizzazione dell’ipnosi per l’anestesia (Broca Velpeau Cloquet ecc…). Con Liebault, viene fuori l’idea che l’ipnosi è una relazione da persona a persona e non l’emissione di una sostanza misteriosa. Il grande periodo dell’ipnosi andrà da Charcot-Bereheim-Janet (1878-1893). Bisogna anche segnalare il periodo detto di Freud e dell’ipnosi in cui, Freud, dopo essersi interessato al metodo catartico utilizzato da Breuer (caso di Anna O…), facendo raccontare nei dettagli gli episodi della sua vita, e scatenando vere e proprie « epurazioni » emozionali, passò ad una tecnica di «concentrazione», seguita dal metodo catartico, pur continuando a riconoscere l’importanza della suggestione. Questo studio sul’ipnosi gli permise di cogliere l’interesse del sogno. Furono, poi, soprattutto i suoi allievi come Ferenczi, che formarono la scuola psicoanalitica sull’ipnosi.
Ricerche moderne sull’ipnosi
L’ipnosi viene considerata dagli psicoanalisti come una modalità massiccia del transfert. Lo Yoga, il sogno da sveglio diretto, i diversi metodi di rilassamento sono delle utilizzazioni della concentrazione mentale con degli elementi proprio ed esterocettivi afferenti che li avvicinano all’ipnosi. Il concetto importante da tenere presente in questi metodi è che ogni malato tende a regredire verso una posizione di dipendenza infantile.
Altri metodi e metodi più recenti
In questa parte vorremmo trattare rapidamente i metodi derivati da Schultz o metodi autosuggestivi, passando per l’ipnosi, i metodi parzialmente suggestivi come la RDCI di Caycedo o primo grado del rilassamento dinamico di Caycedo, creatore della Sofrologia, e i metodi non suggestivi come quello di Jacobson, l’eutonia di Gerda Alexander e anche la RDCII e RDCIII di Caycedo. Lo schema modificato dei metodi di rilassamento di Abrezol ci permette di vedere come tutti i metodi contemporanei tratti dal Veda, dall’Induismo, dal Buddismo e dallo Zen e tutte le arti marziali, hanno contribuito alla costituzione dei metodi di rilassamento con l’influenza iniziale dell’ipnosi, poi, con minore influenza di quest’ultima e infine senza influenza della stessa. Ma, si può veramente dire che nella relazione terapeuta-paziente,viene esclusa ogni suggestione?
Metodi autosuggestivi
Dopo il training autogeno classico di Schultz, abbiamo l’utilizzazione psicoterapica del rilassamento.
A partire dal 2 ciclo del Training autogeno di Schultz:
- Questa utilizzazione la ritroviamo nella tecnica di Virel o oniroterapia dove la tecnica delle immagini mentale vicina al Redd o sogno ad occhi aperti diretto da Desolile con delle sedute sul divano e sedute su poltrona. La ritroviamo ancora nell’ipnosi attiva graduata o frazionata di Kretschmer e Langen dove si arriva al rilassamento per pesantezza e calore come nella prima parte del training autogeno di Schultz, poi si passa, alla riflessione del pollice del terapeuta. E un metodo essenzialmente medico condotto in maniera direttiva con l’analisi dei conflitti e della loro origine; vi si associa una cura medica specialistica, ed è un metodo spesso vincente nei casi di alcolismo grave o nei casi di soggetti sull’orlo della psicosi.
Rieducazione psicotonica di De Ajunaguerra o esercizio psicofisiologico:
- Questo metodo si poggia essenzialmente su due i:unzioni:
- la funzione Ionica;
- l’aspetto psicoterapico.
La funzione tonica
Essa tiene conto dello psichismo del soggetto (in particolare del bambino) e del dialogo tonico-emozionale messo ad epigrafe da Wallon. Questo dialogo mette in funzione la mobilità il tono e la plasticità del soggetto. Se tra il bambino e la madre (o il suo sostituto) non si instaura questo dialogo Ionico, lo psichismo come pure il tono del bambino potrebbero esserne compromessi. Questa ipotesi è corroborata dalle ricerche di Reich il quale constata che, parallelamente alla costituzione di una « corazza carattedale », ogni individuo forgia la propria corazza muscolare di cui l’iperto-nia è una manifestazione. La funzione tonica è uno stato di preparazione della muscolatura che la rende capace di molteplici forme di attività. La funzione tonico-posturale è dunque « la funzione di comunicazione, essenziale, traverso la quale, il bambino da e riceve.
Il metodo
Tale metodo è il punto di convergenza fra training autogeno di Schultz e il rilassamento differenziate di Jacobson. Esso ha un doppio riferimento psichico e fisiologico del tono e un riferimento analitico. Il ruolo dell’educatore sarà quello di calmare la tensione toracica con delle tecniche che agiscono per il corpo e attraverso il corpo, modificando, così, tutta la funzione tonica muscolare e viscerale. Attraverso una paziente e lunga rieducazione del corpo, si ristabilirà un dialogo tonico con lui, con l’ambiente e con gli altri. La rieducazione psicotonica di Aiuriaguerra fa dunque riferimento alla psicoanalisi poiché essa ha un fine terapeutico. Ci si richiama a questa teoria nella misura in cui, il corpo viene implicato « nella regressione prodotta dal rilassamento-regressione che facilita l’insorgere di fantasmi arcaici », esattamente come nel ciclo superiore del training autogeno di Schultz. Questa regressione è resa possibile grazie alla tecnica utilizzala, ma soprattutto grazie alla situazione di transfert stabilita attraverso la relazione terapeuta-paziente. De Ajuriaguerra utilizzerà la verbalizzazione al fine di prendere coscienza che al di là della tecnica, della regressione e del transfert, c’è una dimensione corporea sotto influenza tonica (o tonico-emozionale) ma fantasmatica. La novità non consiste tanto nei concetti indicali sopra, concerti che ritroviamo nella maggior parte dei metodi di rilassamento a scopo terapeutico, quanto nella verbalizzazione e nella comprensione dei concetti. Il terapeuta avrà così un ruolo pedagogico ma anche un ruolo di osservazione e di aiuto. Egli insegnerà al paziente come sentire le nuove sensazioni corporee toniche, e il suo atteggiamento sarà il più neutro possibile al limite della benevolenza. In un secondo momento, il terapeuta, diventa l’osservatore privilegiato e benevolo ma non interviene e il fatto che egli non intervenga allontana la possibilità di suggestioni tocca ai paziente prendere coscienza da solo delle tensioni che persistono o che riappaiono, delle resistenze toniche che riflettono delle resistenze e dei conflitti psichici profondi. Infine, il terapeuta permetterà al paziente di essere autonomo nella vita. Gli insegnerà come conoscere in modo differenziato « le sue reazioni toniche alle diverse circostanze della vita e a prevenire gli atteggiamenti non armoniosi, patologici, adottando degli atteggiamenti tonici nuovi ». Allo scopo di « eliminare » la situazione di transfert, gli farà osservare i propri movimenti affettivi, attraverso le sue personali. reazioni toniche.
Svolgimento della cura
Ritroviamo le stesse sequenze del training au-togeno di Schultz:
- pesantezza
- calore
- regolazione cardiaca
- regolazione respiratoria
- viscere
- plesso
- freschezza sulla fronte
nello stesso tempo verranno utilizzati gli esercizi di contrazione-rilassamento e la presa di coscienza della ricerca dell’ipotensione minima, come nel rilassamento differenziale di Jacobson. La cura si svolge in tre fasi:
- fase in cui si mira a ottenere l’ipotonia muscolare attraverso gli esercizi citati sopra;
- fase dell’acquisizione del controllo tonico attraverso l’utilizzazione del tono muscolare minimo, imposto dalla situazione;
- fase dell’acquisizione di un vero e proprio controllo tonico-emozionale. Va notato che Ajuriaguerra lavora con molta prudenza nella zona della nuca e del collo che sono, in genere, sede di resistenze notevoli.
La posizione del collo fa parte integrante di tutti i rapporti sociali e le reazioni di prestanza a questo livello sono frequenti. Ajuriaguerra è molto prudente anche nella fase di regolazione cardiaca che può essere oggetto di somatizzazioni notevoli. « Il rilassamento psico-tonico di Ajuriaguerra altro non è che questa paziente rieducazione dei tono realizzata attraverso una relazione terapeutica ».
Metodi psicoterapici di rilassamento
(Sapir, Canet, Philbert, Prevost, Reverchun) Il rilassamento, così come lo intendevano questi autori in senso psicoanalitico, è basato sulle stesse funzioni utilizzate da Schultz: tono muscolare, vasomotricità, respirazione, battiti cardio-arteriosi, ecc… Come nel metodo di Schultz, si utilizzano delle induzioni di tipo suggestivo ma, invece di dare delle consegne brevi (come per l’ipnosi), si fa un vero e proprio discorso variandolo da una volta all’altra nel tentativo di svegliare nel paziente una fantasticazione. Schematicamente si possono distinguere delle induzioni di questo tipo:
- di tipo ossessivo minuzioso in cui si descrive ogni dettaglio anatomico in modo insolito;
- il modo erotizzante, evocando delle sensazioni più che delle descrizioni dell’organo.
Questo metodo è riservato agli specialisti nella misura in cui può produrre delle regressioni fulminee e tradursi in comportamenti e parole.
I diversi training autogeni modificati o composti
Si tratta di varianti del training autogeno di Schultz. Gli autori di tali metodi hanno deciso di utilizzare lo stesso termine usato da Schultz poiché si sono serviti degli stessi principi di base.
Metodi parzialmente suggestivi
Nell’ambito di quest’articolo ci soffermeremo solo sul RDCI di Caycedo in sofrologia.
Il rilassamento dinamico di Caycedo comporta tre livelli, il primo dei quali si può situare nell’ambito dei metodi parzialmente suggestivi, e gli altri due in quello dei metodi non suggestivi. Il termine « sofrologia » viene dal Greco Sos (armonia), Phren (spirito), Logos (studio), e quindi vuol dire « Studio della coscienza in armonia ». Alfonso Caycedo conferì originalità a questo metodo a partire dal 1960, derivandolo dall’ipnosi, dal TA di Schultz e dal metodo di Jacobson. La sofrologia studia la coscienza umana partendo da una differenza di concetti, fra livelli e stati di coscienza (vedere lo schema di Abrezol). La modificazione degli stati di coscienza si fa attraverso la sofronizzazione. Il primo livello di questo metodo riguarda essenzialmente degli esercizi respiratori, alternandoli con dei movimenti rit-mati e del rilassamento in piedi. Il protocollo è proprio del metodo e non può che incoraggiare il lettore a praticarlo, se quest’ultimo vuole impararlo. Da sottolineare il fatto che Caycedo oltre al Collegio Dei Medici, ha creato il Collegio Degli Psicologi e quello dei Cinesiterapeuti.
Oltre agli esercizi respiratori e al rilassamen-to in piedi, nel primo livello troveremo anche degli esercizi di meditazione sofrologica ispirati dalla tecnica Dhyana degli Orientali: « concentrazione su un oggetto neutro, poi ricordo passivo dell’oggetto della concentrazione ».
Si arriverà, poi, alla sofronizzazione semplice in piedi con l’utilizzazione del « terpns logos » esplicativo (per un rilassamento di recupero in piedi- RRI), e infine, dopo un rilassamento di recupero seduti o in posizione distesa del corpo, si cercherà di arrivare a una sofro-accettazione progressiva e a una sofronizzazione semplice in posizione di decubito dorsale. Si utilizzano induzioni attraverso il « terpnos logos » (consegne date al paziente con voce lenta e di preferenza bassa).
Metodi non suggestivi
Abbiamo, precedentemente, dato dei dettagli sul metodo di Jacobson e su quello di Wolpe staccandoli dai metodi quali il RDC II e III in sofrologia di Caycedo. Ora, daremo qualche esempio di metodi che derivano direttamente dal metodo di Jacobson come il metodo di Jarreau e Klotz.
I diversi metodi
Nonostante ciò, dovremmo fare una lunga descrizione su:
- il metodo Orlic;
- i metodi sensoriali;
- il metodo Vittoz;
- il metodo Feldenkreis;
- l’eutonia di Gerda Alexander;
- il biofeedback;
tanto più che la maggior parte di questi metodi, poiché essi sono non suggestivi, fa parte delle competenze di ogni rieducatore, visto che durante i loro studi questi metodi vengono vissuti personalmente da essi.
Il rilassamento analitico di Jarreau et Klotz
Gli autori stessi affermano di essersi ispirati alle tecniche di Schultz e di Jacobson. Di Schultz, essi utilizzano la pesantezza e di Jacobson utilizzano il principio razionale di interdipendenza fra tono e tensione psicoaffettiva. Questo metodo comporta degli esercizi di rilassamento veri e propri, con l’applicazione successiva nella vita attiva della capacità di rilassarsi così acquisita.
Gli esercizi di rilassamento sono essenzialmente basati sulla pesantezza e sulle nozioni di rilassamento differenziale (tensione e distensione) di Jacobson.
Applicazione del rilassamento nella vita attiva: al paziente vengono fatti fare degli esercizi di lettura, scrittura e di elocuzione in stato di distensione. Inoltre, gli autori insegnano degli esercizi di « rilassamento in movimento », detto anche « rilassamento cinetico » ispirati da Martenot. In caso di soggetti che sono impossibilitati a rilassare un arto o una parte di esso, si praticano delle manovre somatiche e una psicoterapia (di sostegno) verbale.
Il paziente arriva ad avere una conoscenza « topografica generalizzata del suo vissuto tonico emozionale ». Gli autori ritengono che questo aspetto analitico del vissuto psicosomatico meriti di essere coltivato e approfondito.
Limitandosi all’aspetto tonico delle difese del malato, questo metodo è accessibile ai praticanti non avvezzi alle discipline della psicoterapia, ed è accessibile a quei numerosi malati che all’inizio rifiutano un approccio verbale dei loro problemi!
Conclusioni
Si potrebbe dire che non passa anno, o addirittura giorno, senza che emerga un nuovo metodo « di rilassamento », ragion per cui il nostro articolo comporta delle lacune quali la musicoterapia, molto di moda attualmente, ma, se si volesse parlare di musicoterapia, bisognerebbe parlare anche di massaggi, di idroterapia, di vibrazioni ecc.. Nonostante ciò, in conclusione, mi piacerebbe riprendere la formula di Durand de Bousingen nel suo libro: « Introduzione ai metodi di rilassamento del Dottor Bernard Auriol » (libro di cui mi sono servito spesso per la sua semplicità oltre che per la sua visione completa, a volte giustamente critica, nelle originali note di fine capitolo): «Conviene ricordare, tuttavia, che ogni metodo ha il suo valore per colui che lo applica».
Da Rivista L’insegnante specializzato, 1/93
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