Il Movimento dei Pedagogisti Clinici sorto in Firenze negli anni ’60 era composto da una multiforme ricchezza di professionisti di scienza e di pensiero intenti nel riflettersi in questa nuova disciplina e tonificare la coscienza costruttiva del Movimento stesso con idee tese a cooperare e cambiare con civile coraggio gli schemi tradizionali in nuove regole morali e sociali. Nel Movimento le donne hanno trovato ampio spazio per il dibattito e le rivendicazioni del loro ruolo nella società; un ruolo molto attivo e intonato sui temi della maternità, della contraccezione, dell’aborto, della casa, dell’educazione, della scuola, della fabbrica. Toni alti utilizzati pure per accusare chi non riconosceva le loro qualità professionali e ne limitava i diritti. Le voci delle donne nel Movimento non hanno mai scivolato in elaborazioni distruttive dei maschi da considerare come i reali nemici da battere, anzi la liberazione femminile è stata vissuta, anziché separatismo, una ricerca di intese trovando nei colleghi maschi utili acuti al grido ”donne istruitevi”. Del resto le donne del Movimento erano laureate ed erano prova di come quel sapere e quel ruolo le aveva permesso ricchi riconoscimenti e una coscienza viva per opporsi ad ogni eventuale mancata approvazione e rispetto. Le componenti del Movimento hanno rivolto attenzioni pure alla crisi della coppia per individuare come offrire un aiuto educativo differenziato che desse luogo alla crescita interindividuale, alla relazione armonizzata dal significato di coppia. Prospettiva in cui i mutamenti, pur bruschi, del costume amoroso e le rudi discrasie fra tradizione e realtà, avvaloravano l’antinomia della crisi della coppia e permettevano di superare le fratture. Il confronto all’interno del Movimento è stato sui tanti temi di una società fratturata che chiedeva risposta, fra questi l’“amara vecchiaia” frutto di una società in cui “tutto va bene finché il vecchio serve ancora a qualcosa”. Non è stata trascurata dal Movimento neppure la paura di non saper amare, maschi e femmine che dichiaravano la fatica di essere moderni, diretti a identificare il sesso con il dinamismo, con la bellezza fisica e l’ostentazione. persone sopraffatte da rituali prét-à porter, confuse da un vortice di insensibilità offensiva o semplicistica, contraria ai principi della Pedagogia Clinica, scienza sperimentale rivolta ad indagare le modalità necessarie per accompagnare l’uomo verso la libertà personale considerata la sua parte più intima e più nobile, e che si proponeva già allora come ancora oggi di aiutare la persona a riflettere sulle insidie, a riconoscere le barriere e le contraddizioni, a promuovere l’evoluzione e maturazione della dinamica espressiva.