Pedagogia dell’orto

cavbolo okFirenze è per memoria degli uomini e non per definizione, città di ingegno, arte e cultura, burle e facezie, espressioni di un popolo desideroso di stare lontano da ogni schiavitù confermata con motti ingegnosi e arguzie piacevoli e acute. In ciò viene in mente il Buonarroti quando ad un pittore che aveva dipinto una pietà gli disse: è proprio una pietà a vederla! E pure ad un amico religioso che incontrato dopo qualche tempo vestito pieno di puntali e drappi esclamò “Oh voi siete bello! se foste così dentro come io vi veggio di fuori, buon per l’anima vostra”. Ebbene tra i consueti lazzi i fiorentini ebbero a tradurre perfino l’ortopedagogia con la pedagogia dell’orto.

In ogni epoca nella città di Firenze si trova memoria del raro esempio delle cose seguite. La ricerca di eccellenza e perfezione, il rintracciare con la mente invenzioni e lo sviluppo della creatività per ogni personale elaborazione hanno dato sapore al passato e al presente. Giorno dopo giorno in Firenze l’intensa vita culturale, lo scambio di idee e riflessioni hanno permesso e permettono di mantenere vive le elaborazioni utili all’arte e alla scienza.

Ai Caffè letterari che hanno costituito la vita culturale fiorentina, si sono aggiunte altre importanti fucine d’idee, luoghi d’incontro e di dibattito, frequentati dai protagonisti della scena culturale e scientifica come il Cenacolo del Centro Antiemarginazione in via Iacopo Nardi.

In questo luogo di incontro dagli anni ’60 gli ortopedagogisti, giovani animosi, liberi, hanno  originato un rinnovamento.  Era questo un momento storico di grande fermento ed entusiasmo, si è tornati ad approfondire l’opera pedagogica del fiorentino Antonio Gonnelli Cioni, fondatore in Italia del primo istituto per frenastenici, sono stati seguiti i principi ispiratori del maestro Don Lorenzo Milani Comparetti,  discepolo di don Giulio Facibeni fondatore in Firenze dell’Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa, una istituzione a carattere caritativo, assistenziale, di formazione e lavoro, e si è affiancata l’opera del fratello Adriano Milani Comparetti, pediatra e neuropsichiatra che ha rivoluzionato la riabilitazione infantile, contribuito a smuovere le coscienze e a trascinare operatori e utenti nella lotta per l’integrazione dei soggetti disabili nella società di tutti.

Gli entusiasmi non mancavano e montava la necessità di un cambiamento straordinario di mentalità e di cultura improntato ad un profondo senso di solidarietà umana. Nel giugno del 1974 a Firenze, in seguito alle riflessioni emerse sulla necessità di cambiamenti, in una riunione di magistero nel Cenacolo del Centro Studi Antiemarginazione, in cui avevo riunito i colleghi ortopedagogisti, proposi di seppellire l’Ortopedagogia, che i fiorentini, con i loro consueti lazzi, avevano definita la “pedagogia del cavolo”, per una innovazione pedagogica ed una propria autonomia e indipendenza dall’area sanitaria. Una nuova scienza, capace di promuovere quel cambiamento significativo voluto dal dibattito in cui si generarono i principi epistemologici della scienza pedagogico clinica e le basi per la nuova professione di Pedagogista Clinico®. Fu qui che ebbi modo di definire l’accezione di clinico nel senso di cura della persona, e considerarlo focus dell’elevazione e della solerzia di questa dottrina chiamata a rispondere con attenzioni educative agli stati di disagio e di difficoltà in soggetti di ogni età.

La nascita della Pedagogia Clinica segna l’incipit di un’azione pedagogica orientata a favorire un deciso senso di crescita e di rinnovamento della nostra società in alternativa alla concezione patologico-terapeutica, alla cura della malattia e ad una politica di sanitarizzazione. Il gruppo professionale organizzato nel 1974 con una esperienza associativa come movimento, muta nel 1997 con atto pubblico, in Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici (ANPEC).