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GUIDO PESCI MARCELLA MATTEUCCI[/pt_text]

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Antonio Gonnelli-Cioni, con orgoglioso impegno, ebbe a scrivere: “Ormai non avvi più persona mediocremente colta e sincera, la quale non riconosca l’importanza dell’educazione, non solo in rapporto all’individuo ed alla famiglia, ma alla società intera. Ora se questa importanza è sentita in generale per tutti i fanciulli, non sarà sentitissima per che di educazione ha maggior bisogno per le condizioni anormali cui fu posto dalla natura matrigna?”

Da questo interrogativo, grazie alla sua infaticabile attività di studioso e di ricercatori, convinto che l’educazione e l’istruzione degli handicappati non poteva essere ottenuta “coll’applicazione delle sole norme dettate dalla scienza pedagogica che comunemente si insegna nelle scuole magistrali” si rivolse all’esperienza e alla pratica di “coloro che per primo riuscirono a vincere le grandi difficoltà ed ottennero risultati veri e riconosciuti”. Il riferimento era a quanto avevano ottenuto col loro impegno l’Itard, il Pinel, l’Esquirol, il Belhomme, il Ferrus, il Voisin, il Seguin e alle esperienze che stavano facendo i vari direttori di istituti che operavano all’estero e con i quali il Gonnelli-Cioni era in costante contatto, specie con lo Stricker di Dresda, il Bott di Bischveiller, il Rollan, il Sengelmann, il Foerster, ecc.

E’ del resto da questa sua vasta conoscenza, integrata ed avvalorata dalla molte personali esperienze, che scaturì il suo metodo, intuitivo, pratico, razionale, che teneva conto delle attitudini e delle “forze” di ciascuno e che definì ortofrenia.

Il Gonnelli-Cioni era convinto che “L’educazione se non è abile a mutare le condizioni e le disposizioni organiche preesistenti, può senza dubbio regolare l’esercizio delle facoltà e per tal modo influire sullo sviluppo organico: essa può creare delle attitudini utili al benessere fisico e morale ed imprimere ad elementi nativamente inquinati, una direzione salutare da contrapporre alle condizioni congenite”. L’ortofrenia era intesa quindi come pedagogia speciale indirizzata all’educazione di “quelle menti che per difetti congeniti o acquisiti si trovano ottenebrate e non predisposte come le altre ad essere educate”, soggetti per i quali “i sistemi normali di educazione non bastano e bisogna che l’educatore ricorra ad espedienti suggeriti da studi speciali”.

Il termine ortofrenia assume ufficialità specie con l’istituzione da parte del Ministro della P.I. del 1° Corso di Ortofrenia tenuto a Milano dallo stesso Gonnelli-Cioni e indirizzato a quei maestri che intendevano intraprendere la carriera di educatori dei frenastenici. “Insegnanti che non abbiano bisogno di andare poi alla ricerca di un metodo, ma che lo abbiano già assunto con una lunga pratica”. E pratici di educazione dovevano essere tutti coloro che erano posti alla direzione di un istituto per il recupero dei soggetti con deficit.

Il programma del primo corso di ortofrenia comprendeva:

Capitolo 1 – Definizioni e classificazioni del cretinismo, idiozia, imbecillità e tardività di sviluppo intellettuale. Sintomatologia. Sintomi organipatici, fisiologici e psicologici. Cause della frenastenia. Diagnosi e Monografìa del frenastenico.

Capitolo 2° – Metodi speciali e principi generali dell’educazione dei frenastenici. Educazione del sistema muscolare. Educazione sensoriale. Attenzione e sua educazione. Istinti e sentimenti. Ginnastica della parola. Disegno, scrittura, lettura. Nozioni e idee, nomenclatura. Grammatica pratica. Educazione della memoria. Conteggio. Educazione applicata, abitudini e attitudini.

Capitolo 3° – Cura medica pei frenastenici. Curamorale. Dell’obbedienza e dell’autorità. Il maestro Comando immediato, mediato e negativo. Castighi, premi.

Capitolo 4° – Igiene dei frenastenici. Temperamenti, età, sesso, abitudini. Malattie accessorie alla frenastenia. Il maestro. Eredità. Influenza degli agenti atmosferici. Dell’abitazione, vestimenti, dietetica. Idroterapia. Escrezioni. Riassunto generale.

Capitolo 5° – Origine dell’arte d’istruire i frenastenici. Precursori: Itard, Belhomme, Esquirol, Ferrus, Fairet, Voisin, Sèguin. Educazione dei cretini. GuggenbuhL Dei principali istituti in Francia, Inghilterra, Germania e America. Nuovi studi. Il primo istituto italiano. Statistica dei frenastenici.

Di un progetto di sezioni speciali per tardivi nelle scuole elementari del Regno.

Questo programma fa intuire i contenuti teorico-pratici dell’ortofrenia, una scienza assai complessa che riteneva superato il concetto di pedagogia emendativa e di pedagogia curativa e si proponeva come pedagogia sociale.

Una scienza e un metodo che si sviluppano secondo tre capitoli principali:

– educazione fisica

– educazione intellettuale e morale

– educazione tecnica

e che non dimenticano l’ambiente fisico e la struttura edilizia in cui il soggetto deve essere inserito e neppure trascurano il presupposto che l’atto educativo deve essere proposto in base alle possibilità del singolo soggetto e che il programma debba essere individualizzato e formulato in seguito ad un esame anamnestico, somatico, fisico-psichico e psicologico, e sottoposto a verifiche “che permettono di limitare, ampliare, correggere il programma, nel caso che si dimostri, con l’esperienza, non idoneo alle finalità proposte”. Ma non è tutto. Nella teoria e prassi del Gonnelli-Cioni troviamo in germe gli interessi intorno alla storicità del soggetto e alle dinamiche intrafamiliari e, assai approfondito, il problema della prevenzione e del recupero per mezzo di quel primo nucleo sociale che è la famiglia. Cerchiamo ora di vedere più da vicino e in dettaglio questo enorme e interessante contributo scientifico, che trova connotazione nelle parole del Gonnelli-Cioni, quando dice: “Niente di più dannoso che il lasciar l’idiota e l’imbecille privi di protezione e di assistenza che varrebbero a diminuire la loro debolezza intellettuale. L’intelligenza è come l’apparato muscolare: quanto meno se ne favoriscono le contrazioni con la inattività, tanto più se ne trattengono i progressi e lo sviluppo: così quanto più si mantiene l’inerzia intellettuale tanto più si accelera il regresso che conduce alla totale rovina delle funzioni cerebrali. Se lo spirito di questi poveri esseri non viene eccitato da impressioni, se il cuore non è commosso da affetti, se l’orecchio ode, ma non ascolta, se l’occhio vede, ma non guarda, allora si spegne anche tutto quanto resta del loro tenue intelletto ed essi cadono in uno stato di perfetta nullità”.

Il programma di educazione fisica si strutturava in due aspetti:

-la ginnastica muscolare e l’educazione o la ginnastica sensoriale.

“Si capisce facilmente, scriveva il Gonnelli-Cioni, come individui incapaci di governare i propri muscoli siano pure incapaci di attenzione, poiché solo per mezzo delle contrazioni muscolari è possibile il pensiero. Infatti i movimenti del corpo e della testa nel momento dell’attenzione,  l’espressione della faccia, le contrazioni dei muscoli della fronte e delle ciglia in molte persone, le modificazioni respiratorie ci dimostrano abbastanza come la natura di questa facoltà sia strettamente collegata coi fenomeni motori”. Lo scopo era quello, perciò, di sviluppare “in modo regolare e simmetrico’tutte le parti del corpo per mezzo di esercizi appropriati”. Tali esercizi, diceva infatti il Gonnelli-Cioni, “siano scelti e per modo regolati che possono veramente guidare il fanciullo all’uso volontario e consapevole delle sue membra e de suoi sensi, eccitare e regolare la sua attività ed abilitarlo all’attenzione e all’osservazione”.

Gli esercizi dovevano essere “graduati e scelti per ogni singolo fanciullo in modo che non lo danneggino e interessino parallelamente il sistema muscolare e il sistema nervoso in modo che tra i due sistemi si stabilisca un legame proficuo”. E, sulla base di questi principi (che se tradotti con una terminologia diversa risultano attualissimi), propone una serie di movimenti:

– marciare da soli, uno accanto all’altro, uno dopo l’altro

– calpestare da soli, due a due, tutti insieme

– stare seduti e alzarsi: sopra una panca, una sedia, sul pavimento

– formare un circolo e muoversi in circolo

– muoversi verso un posto destinato

– acchiapparsi, distendere, ritirare, abbassare le braccia

– giungere le mani ed anche batterle una contro l’altra, sul banco

– Altri esercizi si riferiscono a movimenti del capo, a movimenti delle spalle, all’attuazione di due movimenti come raccattare e posare un oggetto, posarlo in alto e riposarlo giù; al salire e scendere da una sedia, una tavola, una panca. Per rafforzare la muscolatura della mano, ottenere l’opposizione del pollice e riuscire ad avere movimenti coordinati, sono messi in pratica esercizi con l’uso di una scala speciale, di molle, bastoncini, palle, assicelle e richiedere l’esecuzione di attività varie come pestare, macinare, tagliare, picchiare col martello, segare, suonare, adoperare la scopa, la spazzola, ecc.

Non solo, il Gonnelli-Cioni si sofferma a studiare a realizzare e suggerire l’utilità degli stimoli individuati nel tattilismo come necessari alla crescita dell’uomo. Un tattilismo inteso come funzione primaria per dissolvere ogni possibile condizione deficitaria, fosse espressiva che rappresentativa dei soggetti portatori di handicap. Una tattilità che doveva garantire il conoscersi e che aveva come significato il sapersi distribuire e quindi essere garantiti da un controllo della tonicità muscolare armonizzata sempre più alla destrezza motoria. La tattilità si proponeva il gioco sinergico delle contrazioni e decontrazioni muscolari, la condizione adatta per compiere un movimento finalizzato, l’abilità espressiva gestuale, la decifrazione di tutte le senso-percezioni, ogni lettura di proposta prossemica, ogni rinnovata abilità al proporsi e al partecipare i vissuti esperienziali di contatto.

E’ vero che il Gonnelli-Cioni non enunciò i termini di prossemica, allo-contatto o eco-posturale, ma certo egli strutturò in teoria e prassi la ginnastica muscolare e la ginnastica sensoriale.

Per mezzo di queste, scrive, “applicato il metodo a seconda della condizioni dell’individuo, ottenuta la necessaria quiete in quei frenastenici dotati di straordinaria mobilità, stimolati a muoversi gli abitualmente inerti, rinvigoriti i loro muscoli, acquietati i loro movimenti nervosi, si può ottenere in essi uno stato, dirò così, presentabile… poiché il soggetto giunge a perdere certamente buona parte di quello che prima lo rendeva gravoso e insopportabile”.

L’educazione intellettuale. Nell’ottica del Gonnelli-Cioni, l’educazione intellettuale presupponeva un corretto uso degli organi di senso che permettessero “al fanciullo di entrare in rapporto con il mondo sensibile e con gli oggetti che lo circondano secondo l’iter che caratterizza l’intelligenza: acquisizione delle qualità di un oggetto secondo la forma, il peso, l’odore, il sapore, ecc., conservazione degli attributi appresi, possibilità di mettere gli oggetti in rapporto con gli altri oggetti, in modo che si formino associazioni capaci di favorire la produzione delle idee e dei concetti”.

Per esercitare i fanciulli alla distinzione delle forme, il pedagogista suggerisce di adoperare una tavoletta di legno o di cartone dove siano incisi quadrati, triangoli, cerchi, croci, stelle e siano date al fanciullo altrettante forme da inserire nelle cavità della tavoletta. Su questo modello l’educatore era chiamato a variare numerosi esercizi.

L’educazione del tatto si svolgeva facendo rilevare al fanciullo le varie “forme degli oggetti, la scabrosità, la levigatezza, la morbidezza, il calore, il volume, il peso, ecc. L’udito, diceva il Gonnelli-Cioni, è educato dal canto, dal suono di strumenti, coli’abituarlo alle varie espressioni di cui è suscettibile la voce umana”. Anche nell’aiutare a dare un nome agli oggetti e nella spiegazione delle parole il Gonnelli-Cioni riteneva essenziale favorire un uso integrato degli organi di senso. Promoviamo, diceva il Gonnelli-Cioni,”l’uso intenzionale del linguaggio, l’ampliamento del vocabolario e dei concetti con il “far toccare col dito e vedere coli’occhio il senso di ciascuna parola e non solo mettere nella memoria un gran numero di vocaboli… fare osservare il senso di questi per dare un’idea precisa dalle cose e di tutti i rapporti possibili…”.

Il pedagogista indicava di insistere inizialmente sull’uso di oggetti concreti, il passaggio ai materiali rappresentativi, come le immagini e i racconti, diceva, deve avvenire in un secondo tempo. Le nozioni devono essere conservate nella mente del bambino che più di altri tende a dimenticare ciò che impara, perciò il Gonnelli-Cioni, si preoccupava degli esercizi per la memoria che riteneva di poter sollecitare iterando i concetti appresi.

L’educazione morale. Per quanto riguarda l’educazione morale, il Gonnelli-Cioni riteneva che fosse associata a quella intellettuale e che la completasse.

L’educatore, con il suo esempio, diceva, “senza coercizione ma con fermezza, deve guidare l’handicappato ottenendo obbedienza, sviluppando e conseguentemente regolarizzando l’attività, l’intelligenza, le passioni”.

“Quel maestro che non ha in sé l’ascendente morale donde nasce l’obbedienza dovrebbe dimettersi, poiché troverà sempre degli alunni.. .che diventeranno più padroni di lui”.

Il concetto di autorità, nella concezione del pedagogista, assume così un ruolo educativo considerevole. Il ragazzo, dice il Gonnelli-Cioni, obbedisce se l’educatore sa comandare; un’autorità debole, non coerente nelle sue richieste o addirittura eccessiva nuoce alla personalità dell’educando. Bisogna che il fanciullo veda nell’ordine l’espressione di una legge morale e non il desiderio bizzarro dell’educatore, così che egli possa giungere alla vera obbedienza”.. ad un principio morale consentito dalla ragione…”.

Sul concetto di autorità il Gonnelli-Cioni detta degli imperativi:

-Sia l’educatore capace di infondere suggestioni educative, in maniera che l’alunno lo ami e rispetti; sia fiducioso nella propria opera, convinto della propria missione educativa, allora l’alunno gli presterà attenzione e ne seguirà i consigli; sia d’esempio perché “.. .i primi fatti che influiscono nel fanciullo sono i fatti che percepisce, ed egli regola la sua condotta su quella delle persone che lo avvicinano modellando sopra di loro il suo modo di fare e il suo linguaggio…”.

L’educazione tecnica. Per far sì che i ragazzi potessero partecipare attivamente alla vita della collettività, una volta dimessi dall’istituto, il Gonnelli-Cioni li indirizzò ad occupazioni idonee al loro grado di difficoltà, insegnando loro un mestiere, risvegliando così l’amor proprio, la volontà e l’amore per il lavoro, rendendoli conseguentemente meno dipendenti dalle famiglie una volta tornati a casa. Dopo l’età scolare, secondo il Gonnelli-Cioni, si dovrà iniziare un orientamento professionale che dovrebbe essere, comunque molto precoce, tanto più precoce quanto maggiore è 1 ‘ entità del deficit. Infatti un ipodotato trarrà scarso giovamento da una stimolazione culturale troppo prolungata, anzi, questa non farà altro che accentuare la consapevolezza della sua insufficienza e sarà fonte di frustrazioni. Oltre all’educazione scolastica quindi si inserisce la prospettiva della preparazione del ritardato alla vita sociale e professionale, attraverso attività pratiche e lavorative remunerate. Ciò non annullerà le sue carenze, diceva il Gonnelli-Cioni ma messo di fronte a delle modalità concrete di attività, troverà ragioni per agire assai più ricche di senso.

Il lavoro manuale, nell’idea del Gonnelli-Cioni, era considerato il trampolino di lancio per l’inserimento del soggetto portatore di handicap nel mondo del lavoro, per questo creò nel suo istituto un laboratorio e promosse attività di giardinaggio, di legatoria, di falegnameria, ecc.

Inoltre affittò un terreno nei pressi dello istituto e lo adibì a laboratorio agricolo poiché, egli diceva che, mentre l’apprendimento della scrittura e della lettura in questi soggetti è molto limitato, se non addirittura impossibile, questi possono dedicarsi con profitto ad un lavoro manuale adatto alle loro capacità, forza ed intelletto. Il lavoro è educazione, una fucina di stimolazioni sensoriali, un atto intelligente ed esige controllo sul tono muscolare, attenzione e forza di volontà.

Ancora una volta possiamo renderci conto dell’importanza e dell’attualità di tali intuizioni circa l’efficacia dell’apprendimento e dell’educazione dei soggetti handicappati, soprattutto se intesa e finalizzata in funzione del loro inserimento nel mondo produttivo.

Una serie di indirizzi pedagogici e psicologici questi, sui quali, ancora oggi, quando ci muoviamo verso quella che definiamo “integrazione nel territorio”, siamo tenuti a riflettere.

Al Gonnelli-Cioni, quindi, il riconoscimento per averci offerto indirizzi pedagogici validi, mirati ad una pedagogia che non rinunziasse all’uomo, alla pedagogia sociale, al riconoscimento della consapevolezza che non il deficit in se stesso decide le sorti della personalità ma le sue conseguenze sociali.

Fin qui abbiamo diviso la scienza e il metodo del Gonnelli-Cioni secondo questi tré capitoli principali: fisico, intellettuale e tecnico, ma non possiamo dimenticare che egli fu precursore dei criteri diagnostici, della dichiarata necessità di interventi precoci, di piani educativi individualizzati, di suggerimenti circa i dinamismi interindividuali all’interno dei gruppi e sulla opportunità di coinvolgere la famiglia nell’impegno educativo a favore dei loro figli handicappati. Fautore di una psicopedagogia che, dopo oltre cento anni, non è affatto obsoleta. Vediamo di seguito alcuni di questi aspetti:

Osservazione, intervento precoce e individualizzato.

Il concetto secondo cui la deficienza mentale non era unica nelle sue forme e nelle sue origini era già una concezione del Gonnelli-Cioni, le cause ereditarie e le cause anatomiche non erano più le sole evocate, ad esse egli aggiungeva fattori di ordine affettivo e socio-culturale ed era certo che non avessero un ruolo secondario, al contrario riteneva che potessero costituire l’elemento fondamentale del ritardo. Da questo ne derivava che il concetto ad una diagnostica pluridimensionale e precoce, che il tempo diveniva un parametro fondamentale della evoluzione psicologica e che la plasticità educativa decresceva con l’età.

E’ in base all’età in cui si comincia ad intervenire che l’azione di recupero, secondo il Gonnelli-Cioni, avrebbe determinate le possibilità di successo.

Se l’insufficiente giunge all’osservazione in un periodo molto precoce, diceva il Gonnelli-Cioni, si potrà intervenire con stimolazioni motorie e sensoriali dirette a sviluppare le funzioni ritardate e con una educazione realizzata prevalentemente dai genitori che si troveranno così a non essere più spettatori passivi, ma attivi protagonisti dello intervento educativo. Introduceva così l’opportunità di un coinvolgimento della famiglia, come pure introduceva un modello operativo per la scuola quando afferma la necessità di una analisi della situazione di partenza, base per qualsiasi elaborazione curriculare e la opportunità di verifiche successive, al fine di una regolazione pedagogica.

 

Coinvolgimento della famiglia.

Il Gonnelli-Cioni riteneva indispensabile fare interessare la madre all’ opera di recupero, in quanto giudicata più adatta a sopperire, con il suo stesso atteggiamento, alle carenze del figlio. Un coinvolgimento della famiglia, primario nucleo sociale, nel processo educativo dei soggetti con deficit che, pur concettualmente accolto ed auspicato, incontrava notevoli resistenze pratiche.

Il presupposto per il Gonnelli-Cioni era che il contesto in cui doveva essere effettuato l’atto educativo imponeva un contorno ideale che lo facilitasse e per questo, l’ambiente dove era possibile svolgere una invalida educazione riteneva che fosse quello familiare. E’ in famiglia che il bambino riceve le prime cure, per questo è nello stretto rapporto con la madre che il piccolo handicappato riceverà quelle stimolazioni sensoriali capaci di sviluppo.

Una famiglia alla quale indica come poter raggiungere quel potenziale dialogico e rappresentativo necessario per farla uscire dal discredito sociale e vincere anche la degenerazione dei rapporti sociali del figlio, facendo apparire con ciò l’importanza che il pedagogista dava al problema sociale.

Con il frasario articolato all’epoca, intorno a questo obiettivo, ci giungono indirizzi su linee operative e di intervento ancoraggi, diciamolo pure, anelati, ma solo raramente raggiunti.

I genitori avrebbero dovuto acquisire quelle conoscenze e abilità necessario a favorire una sana crescita del proprio figlio che si trovava in condizioni di disagio o comunque di svantaggio.

Ai genitori, più volte, il Gonnelli-Cioni, ebbe a dire: “Se lo spirito di questi poveri esseri non viene eccitato da impressioni, se il cuore non è commosso da affetti, se l’orecchio ode ma non ascolta, se l’occhio vede ma non guarda, allora si spegne anche tutto quanto resta del loro tenue intelletto ed essi cadono in uno stato di perfetta nullità. E’ dovere dunque di sollevare le loro deboli forze e renderli accessibili alle impressioni dei sensi che una volta educati servono allo sviluppo della loro povera intelligenza”.

Oltre a queste sollecitazioni il Gonnelli-Cioni sapeva che era necessario offrire ai genitori indicazioni ancor più precise adatte ad individuare le reali difficoltà e le entità dei disordini, e ad indirizzarli su moduli educativi utili. I genitori, infatti, specie nel lontano 1886, non possedevano quelle cognizioni che avrebbero consentito loro di dare il giusto valore ai sintomi presentati dal bambino o, addirittura, non erano in grado di riconoscerli come manifestazioni di un deficit o, nel caso li avessero rilevati, capitava che ritenessero il proprio figlio non educabile e si rassegnassero così all’inattività. Per questo il Gonnelli-Cioni organizzò corsi di formazione per le madri, alle quali illustrò il proprio metodo e propose “alcune regole per correggere certi difetti intellettuali, rimediare certe anomalie e preparare così la via ad una educazione ulteriore…”. Egli considerò questo processo educativo come l’unico modo per attuare un intervento preventivo e rieducativo capace di impedire lo strutturarsi di forme più gravi e di preparare il soggetto ad affrontare ulteriori traguardi.

Altrettanto cura premuroso, diceva il Gonnelli-Cioni, è proporre al bambino una alimentazione sana e regolata nel tempo, vestirlo con abiti che gli permettano di muoversi agevolmente, tenerlo pulito e preservarlo dalle cadute. Essa dovrà abituarlo ad usare le posate, a masticare bene i cibi, all’uso regolare della toiletta, alla cura della propria persona, cioè a lavarsi, a vestirsi, a riporre gli oggetti dopo averli usati; dovrà inoltre favorire la deambulazione per renderlo autonomo nello spazio della casa.

La madre dovrà stimolare la percezione del corpo con bagni e frizioni sviluppare il senso del tatto dando a maneggiare al bambino oggetti di varia forma, consistenza, temperatura, lisci o ruvidi con i quali fare esperienze ad occhi aperti e ad occhi chiusi. Educare la vista ad abbracciare tutto l’orizzonte sensibile: lo sguardo deve poter abbassarsi ed alzarsi volgersi a destra e a sinistra per seguire un oggetto in movimento e arrestarsi per osservare attentamente un oggetto fermo. Esercitare l’udito facendo ascoltare al piccolo della musica, parlandogli con voce differenziata, alta o bassa, da vicino e da lontano, con espressione variamente modulata. Anche l’educazione dell’odorato e del gusto, affermava Gonnelli-Cioni, concorrono a dare armonia al sistema nervoso e alla persona, perciò è indispensabile che questi sensi siano stimolati simultaneamente mediante la progressiva distinzione dei sapori e degli odori delle differenti sostanze. Per l’educazione della parola il pedagogista sconsigliava le madri di far uso di gesti per comunicare e chiedeva che fosse privilegiata una comunicazione il più possibile verbale, fondata su esercizi di imitazione dei movimenti della bocca e della lingua. Consapevole, inoltre, che con la correzione della debolezza dell’attenzione è possibile ottenere l’imitazione necessaria ad ogni attività, il pedagogista offrì varie indicazioni alle madri per risvegliare nel loro figlio abilità in applicazioni più costanti, capaci di consentirgli l’acquisizione di nozioni utili alla sua educazione. “A voi madri di famiglia, ed a voi che lo sarete un giorno, io mi rivolgo…Applicatevi, come prime educatrici, a migliorare le condizioni di esistenza dei vostri figli se sono deboli: voi concorrerete così a preparare una società più sana, più forte e più saggia di quella in mezzo alla quale viviamo, una società che non offrirà agli sguardi dei buoni lo spettacolo dei risultati lamentevoli, ai quali, nei nostri giorni, siamo troppo spesso obbligati ad assistere”. Queste erano le parole e gli entusiasmi del pedagogista, chiaro prodromo della pedagogia sociale.

Il Gonnelli-Cioni riteneva indispensabile un atteggiamento fermo, ma tenero e paziente, l’esigenza di bandire la condiscendenza e il pietismo; riteneva indispensabile che l’adulto reso capace di apprezzare le qualità della vita evitasse le critiche e comunicasse al bambino fiducia nelle sue possibilità.

Solo se così rassicurati i bambini possono mantenere un umore buono e dimostrarsi favorevoli a partecipare a qualche attività, diversamente, secondo il Gonnelli-Cioni, per il timore di non riuscire si rifiutano di fare qualsiasi cosa.

Per il Gonnelli-Cioni, dunque, era di primaria importanza la gradualità, la progressione delle consegne, il sapere porre dolcemente dei limiti, che attualmente sappiamo indispensabili alla strutturazione dell’io.

Esame degli aspetti relazionali.

In Gonnelli-Cioni troviamo, in germe, alcune tematiche che, nei decenni successivi, sarebbero state oggetto di studio approfondito. Ci sono diversi passi nelle sue opere, che testimoniano il peso che egli attribuisce alla storia infantile di ognuno, alla situazione familiare, alla comprensione di come l’infanzia possa condizionare l’esistenza futura.

Il Gonnelli-Cioni avvertiva l’incoercibile esigenza di indagare il campo, fino allora inesplorato, della continuità tra storia infantile e vita adulta. Ponendo l’accento sulla posizione del fanciullo ritardato in seno alla famiglia, cioè sui rapporti con madre, padre, eventuali fratelli, ed esaminando tali aspetti relazionali, da prova di profonda capacità intuitiva, giacché considera il bambino, non come a sé stante, ma come elemento integrante del nucleo familiare e annuncia l’importanza degli interventi rivolti agli aspetti affettivi e relazionali, collegati al ritardo mentale.

Tante argomentazioni, tante linee orientative di intervento educativo, tanti auspici, tanti obiettivi pedagogici e psicologici, verifìcati e proposti dal pedagogista Gonnelli-Cioni, a partire dal 1885, assai sbrigativamente messi da parte dai suoi nemici che, medici, vollero sminuire e poi tacere, il contributo scientifico apportateci da Antonio Gonnelli-Cioni.

   In Rivista Educazione Permanente- Università degli Studi di Siena, 3/1991.

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