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GUIDO PESCI

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Verifica sperimentale dei nuovi metodi d’in­segnamento del linguaggio ai bambino sor­domuti [1]

  • L’insegnamento del linguaggio ai bambini sordomuti vive oggi una certa crisi in tutto il mondo. In molti paesi si cerca con insistenza il metodo migliore; un sistema unico, fonda­to, in una certa misura, scientificamente rico­nosciuto da tutti, oggi non esiste. L’insoddisfazione nei confronti dei metodi usati nel pas­sato, in particolare del metodo analitico tede­sco, appare sempre più chiara. Tutto è in fase di ricerca. In una situazione del genere ci sia­mo ritrovati e realizzare un esperimento.
  • La situazione nella scuola russa è peggio­re che in quella straniera. Da noi, eccettuate due o tre grandi scuole della capitale, non ne esiste quasi nessuna dove un sistema di qua­lunque tipo venga osservato fino in fondo. Adesso stanno iniziando dei tentativi intensi­vi di attività locale. Ogni insegnante in grado di riflettere diventa inevitabilmente un riforma­tore. Oltre alla carenza generale della nostra scuola (economico-amministrativa e padagogica), l’attuazione definitiva della riforma vie­ne impedita dalla mancanza di quadri sufficientemente preparati di specialisti, grazie ai quali sarebbe possibile promuovere questa riforma. Non esiste un corpo dirigente, né a livello superiore (composto da insigni studio­si e teorici), né a livello medio (metodologi, insegnanti di scuola superiore, direttori scola­stici), né a livello inferiore (insegnanti comu­ni). Questa è la situazione.
  • Che cosa ci spinge a compiere l’esperimento, che cosa lo rende di una necessità vi­tale ed improrogabile e non permette di occuparsi prima di tutto del risanamento ge­nerale della scuola, lasciando in secondo pia­no le questioni specifiche per un’elaborazione più lenta? Per questo c’è una ragione princi­pale. Il problema dell’insegnamento del lin­guaggio ai bambini sordomuti è il problema centrale e fondamentale della loro educazio­ne sociale. Senza un decisione di qualche ti­po noi non possiamo metterci praticamente a riorganizzare tutta la scuola su nuove basi. Un nuovo regime scolastico ed un nuovo si­stema d’insegnamento del linguaggio posso­no formarsi soltanto parallelamente, sviluppandosi in modo organico dalle stesse idee. Con il metodo attuale non è possibile un’e­ducazione sociale, perché senza lingua è im­possibile realizzarla e la lingua (verbale e mimica) che la scuola fornisce ai bambini è essenzialmente una lingua sociale. Per que­sto dobbiamo iniziare dal linguaggio.
  • In che cosa difettano i sistemi precedenti? Lo scolaro deve fare un lavoro « da schiavo » per seguire un corso completo d’insegna­mento del linguaggio. Il suo linguaggio non progredisce a causa del suo sviluppo. Egli non acquisisce il linguaggio, ma la pronun­cia; in lui non si educa la lingua, ma la capa­cità articolatoria. E lui inevitabilmente crea il suo linguaggio, che è mimico. Di fatto tutti i bambini sordomuti parlano con il linguaggio mimico; il linguaggio verbale è loro estraneo. In pratica esso non dà loro niente, è quasi inu­tile al loro sviluppo e alla loro formazione, non è uno strumento di accumulazione di espe­rienza sociale, né di partecipazione alla vita sociale. Oltre a ciò, il linguaggio verbale con­trasta con i principi fondamentali della psicologia del linguaggio. Tenta di costruire dai suoni una parola, dalle parole una frase. Dunque psicologicamente e pedagogicamente infondato, socialmente infruttuoso e, dal punto di vista pratico e della vita non serve quasi a nulla.
  • In che cosa consiste l’essenza della rifor­ma? Ad un esame approfondito, risulta che i difetti del sistema passato non sono radicati negli errori specifici dei suoi creatori, che era­no brillantissimi psicologi e, di per sé, bravi pedagoghi. Questo era, per il suo tempo e per la teoria dell’educazione, un sistema sen­za difetti. Portava lo scolaro all’ubbidienza, su-scitava in lui l’idea religioso-moralistica del suo deficit; gli forniva un linguaggio per compren­dere una predica religiosa, la lingua ufficiale dello Stato e di quella cerchia di rapporti, di spirito invalido-filantropico, nel quale era sta­to collocato. Si riteneva che il bambino doves­se comprendere il linguaggio religioso, sa­pere che cosa fosse il giudizio, imparare a ri­spettare la società per la sua beneficenza, al­lora egli avrebbe giustamente compreso la sua posizione nella società. Ecco che cosa si esigeva dall’insegnamento del linguaggio verbale. Nessun sistema speciale può essere inteso al­trimenti che sullo sfondo generale delle idee social pedagogiche e dei rapporti del suo tempo e in relazione ad essi. E la scuola a de­terminare il sistema e non il contrario. Ne con­segue che anche l’essenza della riforma predeterminata dal nostro sistema scolastico ge­nerale non può in nessun modo essere limi­tata soltanto ad una riforma del metodo spe­ciale. Il problema del linguaggio per bambini sordomuti non verrà risolto con una metodologia speciale, ma con la ristrutturazione del­la scuola in base ai principi dell’educazione sociale. Il linguaggio apparirà nel bambino sordomuto nel momento in cui egli ne senti­rà il bisogno, nel momento in cui il linguag­gio si metterà al servizio di tutta l’esperienza e di tutta la vita dello scolaro, ma per questo è necessario riorganizzare tutta la vita e non basta operare una riforma del metodo. Un’e­ducazione sociale ampiamente sviluppata è la base necessaria per la soluzione del pro­blema del linguaggio.
  • Qual è il ruolo della metodologia specia­le? Il punto di vista esposto non nega affatto l’importanza e il significato di una meto­dologia speciale per l’insegnamento del lin­guaggio. Al contrario, soltanto una simile im­postazione del problema acquisisce un si­gnificato teorico e non solo tecnico. Il nuovo sistema scolastico non deve soltanto elabo­rare la sua tecnica per l’insegnamento del linguaggio. La valutazione di questa tecni­ca ogni volta deve essere, in linea di prin­cipio, pedagogica e social-metodologica. In questo caso, non può esserci una cosa sen­za l’altra; senza una base sociale nell’edu­cazione, nessuna tecnica inculcherà il lin­guaggio nel sordomuto; senza una tecnica d’insegnamento del linguaggio è impossibi­le l’educazione sociale dei bambini. La tecni­ca è uno strumento dell’educazione socia­le e deve essere valutata da questo punto di vista.
  • Vista la complessità della situazione nel­la quale diamo inizio alla sperimentazione, non possiamo, peri motivi che abbiamo indi­cato sopra, realizzarlo su vasta scala. Dobbia­mo limitarlo ad alcune scuole o pedino a singole classi. Tutta la sperimentazione ha una sola destinazione: mettere alla prova il va­lore di diversi sistemi e il grado della loro uti­lità e della loro conformità al piano genera­le della nostra educazione. Non possiamo attendere i risultati dell’esperienza america­na e di quella europea occidentale e servirci di indicazioni belle e pronte, poiché, in questi paesi, l’esperimento viene posto su un piano ideologicamente diverso, in una scuo­la diversa. Che cosa ci aspettiamo dall’espe-rimento? L’indicazione di una tecnica di insegnamento che permetta, nel modo più fa­cile e conveniente, di portare il bambino ad apprendere il linguaggio e ad assimilarlo. La lotta per la frase completa, per la parola con­tro il preparato fonico del linguaggio; la lotta per un unico linguaggio verbale, contro il ger­go mimico; la lotta perché lo sviluppo del lin­guaggio venga naturalmente stimolato dalla vita, contro la sua assimilazione senza vita nel­le lezioni. Questo è l’indirizzo delle nostre ri­cerche.
  • Contenuto dell’esperimento. Bisogna sot­toporre a una verifica sperimentale i più inte­ressanti fra gli attuali sistemi sintetici d’inse­gnamento del linguaggio. Nei prossimi tre alcuni bisognerà sviluppare una verifica sperimentale dei metodi di K. Malisch, G. Forchhammer, I.A. Sokolianskij [2]
  • Ordine di realizzazione della sperimentazione. Prima di tutto, la sperimentazione de­ve passare lo stadio della preparazione di laboratorio, che deve essere affidata diretta­mente ad una sola persona, sotto la sua re­sponsabilità. La preparazione deve tradursi in: a) un adeguamento preciso del sistema al­la lingua russa; b) l’elaborazione di un piano triennale d’insegnamento; c) una formulazio-ne di modelli metodologici e tecnici d’inse­gnamento; d) la preparazione degli insegnanti che verranno presi per realizzare la sperimentazione; e) la organizzazione di tutti i mezzi au­siliari, dei materiali, dei sussidi.
  • Alla sperimentazione devono essere sot­toposti sei gruppi, due per ogni metodo. Que­sti sei gruppi devono essere formati da bam­bini che hanno già frequentato l’asilo e che hanno superato lo stadio del balbettio infan­tile; in ogni caso non è possibile inserire in questi gruppi dei bambini che hanno già cominciato a frequentare la scuola. La cosa più giusta sarebbe convertire una scuola norma­le in sperimentale per un periodo di tre anni, aprirvi un asilo infantile e sei sezioni del pri­mo anno d’insegnamento. Qualora non si riu­scisse ad organizzare una scuola sperimentale, si potrebbe scegliere per la sperimen­tazione tre grosse scuole regionali. Sareb­be alquanto auspicabile separare i bambini da quelli che si esprimono con il linguaggio mimico.
  • Sperimentazione di controllo. Contempo­raneamente, in altre scuole dovrebbero es­sere organizzati dei gruppi di bambini di controllo, all’incirca analoghi per età, prepa­razione e stato di salute, che seguirebbero il corso d’insegnamento del linguaggio secon­do il metodo tradizionale e dove lavorerebbero degli insegnanti dello stesso livello di conoscenze e dello stesso valore.
  • Bisogna seguire annualmente la valutazione dei risultati della sperimentazione. All’in­terno della scuola deve lavorare permanen­temente una commissione metodologica, che rediga un meticoloso protocollo della spe­rimentazione. È auspicabile un’esecuzione puntuale del diario del lavoro scolastico. La valutazione generale deve essere effettuata in base a: a) testimonianze concrete sul gra­do di sviluppo dei linguaggio dei bambini, b) ruolo sociale della lingua nella loro vita, c) tem­po e lavoro impiegati nella sperimentazione.
  • Per l’attuazione del piano è indispensa­bile: a) organizzare una biblioteca sul proble­ma del linguaggio nei sordomuti, b) stabilire rapporti con gli autori di vari metodi, con I’Ucraina, con la Danimarca, con la Germania e con altri paesi, c) garantire le possibilità ma­teriali di attuazione della sperimentazione.
  • La questione riguardante l’organizzazio­ne di un lavoro scientifico sulla difettologia e sulla preparazione di quadri di specialisti co­stituisce un problema decisivo per la speri­mentazione, come anche, in generale, per il lavoro di educazione dei sordomuti nella Re­pubblica Russa Sovietica. La cosa più giusta da fare sarebbe organizzare delle scuole spe­rimentali presso scuole superiori corrispondenti, aventi sezioni di difettologia. È assolu­tamente impossibile considerare soddisfacen­ti sia l’impostazione del lavori di ricerca scien­tifica, praticamente assente dall’attività degli istituti superiori, sia l’insegnamento nelle cat­tedre corrispondenti. Soltanto la creazione di un centro scientifico per il lavoro con i sordo­muti, soltanto la riforma della cattedra di surdopedagogia e l’organizzazione di un lavoro di ricerca possono alimentare la sperimenta­zione che abbiamo intrapreso. Altrimenti es­sa degenererà fino al dilettantismo e sarà condannata alla totale sterilità.

Da Rivista L’insegnante specializzato, 1/93

ISFAR viale Europa 185/b Firenze, info@isfar-firenze.it, www.isfar-firenze.it

[1] (1) Tesi redatte da Vygotskij per la relazione al Consiglio Pedagogico del GUS (Gosudarstvennyj Ucenyj sovet) sui problemi dell’educazione dei bambini ciechi, sordomuti e mentalmente ritardati, del 25 maggio 1925.

[2] Malislq Kostaniin (1860-1925), surdopedagogo au­striaco. Forchhammer Jorgen (1861-1938), surdopedagogo da­nese, l’autore del metodo d’insegnamento del linguag­gio ai sordomuti basato sulla scrittura. Sokoljanskij Ivali Affas’evic (1889-1960), pedagogo difettologo sovietico, specialista nel campo della surdopedagogia e della tiflopedagogia.

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